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Adesso non ci sono più dubbi: il terrore arriva con i barconi

L'arresto a Bari di tre afghani che favorivano l'immigrazione e preparavano attentati è l'ennesima prova. La Casa Bianca: «Mai tanti jihadisti di ritorno»

I fenomeni migratori costituiscono un serbatoio del terrorismo internazionale e l'immigrazione clandestina e la tratta possono alimentarlo. C'è un rischio concreto e tangibile. Il primo a dirlo è - il 24 febbraio 2015 - il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti. Pochi gli danno ascolto. Prigioniero della melassa buonista che regala un'aureola d'innocenza preventiva a qualsiasi migrante il governo Renzi fa il possibile per ignorare l'avvertimento. Oggi gli arresti a Bari di tre afghani che favorivano l'immigrazione clandestina e preparavano attentati fa capire quanto l'allarme fosse fondato. E ci aiuta a comprendere perché Manuel Navarrete, capo del «Centro Europeo contro il Terrorismo» annunci l'invio di 007 europei nei centri d'identificazione italiani. Una decisione generata non dalla sfiducia nelle nostre forze antiterrorismo, ma dalle tergiversazioni di un governo italiano che - oltre a non aver identificato decine di migliaia di migranti sbarcati in Italia - ha costantemente escluso collegamenti tra terrorismo e fenomeno migratorio. Una tesi che oggi nessun esperto si sogna di avvallare. «L'Isis si diffonde come un cancro tra i migranti» avvertiva lo scorso marzo il comandante della Nato generale Philip Breedlove. Un allarme rilanciato ieri da Lisa Monaco capo della sicurezza della Casa Bianca che segnala un flusso di jihadisti di ritorno in Europa «mai visto prima». «La rete terroristica scoperta a Bari è preoccupante perché riconferma una vicinanza, seppur collaterale, fra il fenomeno migratorio e la presenza sul nostro territorio di soggetti legati al terrorismo islamista» ricordava ieri su Il Giornale il parlamentare ed ex magistrato Stefano Dambruoso, protagonista delle più importanti inchieste sull'estremismo jihadista. Bari è da tempo, infatti, l'epicentro di attività che utilizzano il fenomeno migratorio come cavallo di Troia del terrorismo. La data più inquietante da questo punto di vista è lo scorso 5 agosto. Quel giorno rientra a Bari dalla Grecia - dove ha recuperato due kamikaze arrivati dalla Siria - Salah Abdeslam, il sopravvissuto degli attentati di Parigi catturato poi a Bruxelles. Quello stesso giorno viene fermato a Bari - mentre s'imbarca per la Grecia - anche Ridha Shwan Jalal, un iracheno finito nel mirino della nostra polizia per aver tentato di far arrivare in Italia 20 connazionali diretti a Parigi. Il vero organizzatore dello spostamento è Majid Muhamad, un altro iracheno già condannato a dieci anni per terrorismo dal tribunale di Milano, scarcerato nel 2015, e nuovamente arrestato il 7 dicembre scorso a Bari con l'accusa di gestire un traffico di clandestini collegati al terrorismo islamico. Majid Muhamad è considerato l'anello di collegamento tra le basi islamiste del Belgio e la rete utilizzata per muovere i terroristi in transito in Italia. Nelle sue carte viene infatti ritrovata un agendina con il nome di Bassam Ayachi, un settantenne imam del quartiere islamico di Molenbeek a Bruxelles considerato l'ispiratore, fin dalla guerra di Bosnia, dei volontari partiti dal Belgio per i vari fronti della «guerra santa». Ayachi arrestato proprio in Puglia nel 2008, ma scarcerato nel 2010 grazie ad una sentenza dei nostri magistrati, vive oggi in una base siriana dello Stato Islamico da dove continua a coordinare la struttura belga.

Se Bari è il punto d'approdo dei terroristi provenienti da Afghanistan, Siria e Iraq, la Sicilia è il collettore dei jihadisti africani arrivati sui barconi libici. A Gravina, in provincia di Catania, vengono arrestati il 23 dicembre scorso quattro somali che organizzano l'arrivo di altri connazionali e utilizzano il ricavato dell'attività per finanziare Al Shebaab» l'organizzazione alqaidista attiva in Somalia. E sempre ad Al Shebaab è legato l'imam somalo, arrestato in un centro profughi di Campobasso il 9 marzo scorso, che progettava un attentato suicida nella stazione di Roma. La Sardegna è invece il terminale delle cellule pakistane di Al Qaida. In Sardegna vengono arrestati ad aprile 2015 diciotto pakistani sospettati di aver progettato attentati nel loro paese. Secondo l'inchiesta la cellula finanzia l'attività terroristica con il supporto logistico all'immigrazione illegale.

Un'attività che oltre a garantire ingenti risorse consente d'introdurre illegalmente in Italia pakistani e afghani diretti verso il nord Europa.

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