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Gli azzurri smontano le voci di scissione «Solo uniti si vince»

Gelmini, Romani e Toti smentiscono l'addio: "Forza Italia impensabile senza Berlusconi". Ma nella Capitale resta il nodo Bertolaso

Gli azzurri smontano le voci di scissione «Solo uniti si vince»

Roma - Sospetti, veleni e polpette avvelenate. Forza Italia torna in subbuglio e reclama il suo capo: «Solo lui può tenere tutti uniti. Ma ora è distratto e deve tornare al centro del campo», confida un big che chiede l'anonimato.

La miccia che accende gli azzurri è un articolo del quotidiano di largo Focchetti che racconta di una possibile scissione di pesi massimi forzisti: Giovanni Toti, Paolo Romani e Maria Stella Gelmini sarebbero pronti all'addio a giugno, dopo le amministrative. Immediate le smentite degli interessati. Romani: «Con tutti i problemi che ha il governo Renzi, Repubblica batte tutti inventando scissioni all'interno di Forza Italia. Viva la disinformazione». Toti: «Leggendo i giornali mi stupisco per la fantasia di certi colleghi. Il Pulitzer dell'invenzione stamani tocca a Repubblica. Surreale!». Gelmini: «Impensabile Forza Italia senza Berlusconi. Oggi Repubblica per l'ennesima volta inventa e mistifica la realtà! Cosa non si fa per coprire guai governo».

Nessuna valigia pronta, sono tutti berlusconiani di ferro. Vero, però, che ci sono 50 sfumature di berlusconismo che scorrono come un fiume carsico nel sottosuolo forzista; e ogni tanto tendono ad emergere quando i sondaggi hanno la freccia all'ingiù. Il pasticcio romano, poi, acuisce le differenze e il disorientamento. Non è un mistero, infatti, che molti azzurri tirano per la giacchetta il Cavaliere chiedendo di mollare Bertolaso perché «andando divisi è sconfitta assicurata». Il problema è che qualcuno spinge per la liaison con Alfio Marchini mentre altri fanno il tifo per Giorgia Meloni. Che poi è una questione di approccio politico generale. Giovanni Toti, per esempio, non ha dubbi: la coalizione è un bene supremo e convergere sulla Meloni è una priorità per tenere assieme l'alleanza con Lega e Fratelli d'Italia. Ma poi c'è tutto un vasto settore che soffre l'abbraccio con la Lega e la destra-destra e preferirebbe aprire al centro. Tra questi ci sono Paolo Romani, Antonio Tajani ma anche Altero Matteoli che pur avendo passato la vita a destra critica il lepenismo del duo Meloni-Salvini.

In Senato, ma anche alla Camera, è tutto un confabulare: «Che si fa?». La domanda è un tormentone se, come qualcuno pensa, le amministrative andranno male; e c'è chi parla di ulteriori defezioni se davvero Forza Italia farà flop. Annoso problema quello della tenuta dei gruppi. Berlusconi non se ne cura e con un'alzata di spalle ripete che «chi non è con me se ne può anche andare». Qualche settimana fa s'era addirittura pensato di creare un gruppo autonomo di fedelissimi per separare il grano dal loglio ma poi l'ipotesi è rientrata. Anche perché, in fondo, sono tutti fedelissimi: lo è Paolo Romani, lo è il senatore Marco Marin che fa quadrato con Emilio Floris, Remigio Ceroni, Vincenzo Gibiino, Giovanni Piccoli e altri; lo sono Matteoli, Gasparri e gli ex An; lo è, naturalmente, Brunetta; così come Maria Rosaria Rossi, Deborah Bergamini e Antonio Tajani. Ma le sfumature del berlusconismo restano molte e Berlusconi - su Roma e aperture al centro - resta nel dilemma. Per ora sta fermo. E mentre Bertolaso (che ribadisce di avere «l'appoggio convinto e determinato di Berlusconi») oggi incontrerà i parlamentari romani, il Cavaliere dovrebbe intervenire a una manifestazione pro Parisi, organizzata dalla Gelmini a Milano.

Dove, almeno lì, partito e coalizione sono compatti.

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