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Cala il gelo tra Renzi e il Colle. E Gentiloni è sempre più saldo

Mattarella difende l'esecutivo dagli assalti del segretario Pd. Che poi rilancia: «Futuro premier? Sarà il capo del partito»

Cala il gelo tra Renzi e il Colle. E Gentiloni è sempre più saldo

Roma - Sergio Mattarella e Matteo Renzi entrano in rotta di collisione. In Italia, la colonnina di mercurio sfiora i 40 gradi ma tra il capo dello Stato e il segretario del Pd cala il grande freddo. Il rottamatore fiorentino rimette nel mirino il Quirinale, lanciando segnali di guerra.

Dal quartier generale renziano trapela una forte irritazione per la scialuppa di salvataggio lanciata sullo ius soli da Mattarella a Gentiloni. È solo l'ultimo, in ordine di tempo, pugno sui denti che Renzi incassa dal Colle. E il timore di dover ingoiare, anche nella prossima legislatura, bocconi amari ha spinto Renzi a lanciare, in occasione della presentazione del libro Avanti a Milano, una frecciatina al capo dello Stato: «Il prossimo premier dovrebbe essere il capo del primo partito ma a livello personale vivo questo tempo come un grande dono: a 41 anni devo solo dire grazie per quel che ho potuto fare. Non vivo roso dal rancore e dalla voglia di tornare a Palazzo Chigi come taluni di voi scrivono: non ci ho più messo piede. Ci sta Gentiloni fino a fine legislatura, poi il prossimo premier lo decide il presidente della Repubblica, sulla base delle scelte degli italiani».

L'ex premier considera, ormai, Mattarella il responsabile del prolungamento di una legislatura che i renziani ritengono politicamente conclusa a dicembre. Il ragionamento di Renzi è chiaro: Gentiloni resiste a Palazzo Chigi solo grazie alla copertura politica del Quirinale. Con una maggioranza che si sfalda, giorno dopo giorno (ieri sono arrivate le dimissioni del ministro per gli Affari regionali Enrico Costa), le elezioni anticipate sarebbero la risposta naturale allo stallo. Non per Mattarella: il capo dello Stato protegge Gentiloni dagli attacchi, accompagnando l'esecutivo verso la scadenza naturale della legislatura. L'asse tra Palazzo Chigi e Colle regge. Anzi, si rafforza, allontanando l'ipotesi del voto anticipato. Uno scenario vissuto con irritazione e impotenza dai renziani, nonostante le dichiarazioni, ufficiali, di sostegno al lavoro del governo. Non trascorre giorno che il mantra della stabilità non venga ricordato a Renzi.

Ieri, Gentiloni, dall'Emilia Romagna, ha rinnovato il messaggio: «Davanti un passaggio cruciale per cogliere delle opportunità e dobbiamo dirci la verità: questo passaggio cruciale per essere colto ha bisogno della stabilità del quadro istituzionale ed economico. Non basta un numero migliore del Pil per cambiare le nostre condizioni di vita. C'è bisogno di tempo e stabilità. L'Italia non si può permettere in questo momento messaggi di paura, di divisione e di odio. Il governo nei prossimi mesi farà gli sforzi che sono nelle sue possibilità per tutelare questo bene comune e far sì che i primi effetti dell'economia che sta migliorando si facciano sentire nella vita reale degli italiani. Anzitutto creando lavoro», ha aggiunto il presidente del consiglio. Una altra pietra sulle ambizioni renziane di portare il Paese alle elezioni anticipate.

Il no alla fiducia sullo ius soli è stato l'ultimo rospo che Renzi ha dovuto ingoiare, grazie a Mattarella. Nello stesso giorno in cui sia Matteo Orfini che il segretario dei dem hanno provato a spingere sul provvedimento, chiedendo la fiducia, il presidente del Consiglio Gentiloni ha annunciato lo slittamento in autunno dell'approvazione dello ius soli. La mossa del premier è stata accolta con sollievo da Mattarella che vuole portare a termine la missione di assicurare stabilità all'esecutivo.

Stabilità che renziani provano a mettere a rischio in ogni passaggio parlamentare.

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