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Ruffini, il commis di Stato grande ufficiale di Mattarella

Renzi lo chiamò alla Leopolda, le sue tesi piacciono molto a Gentiloni e Draghi

Il commis di Stato grande ufficiale di Mattarella

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Il guardiano del fisco ha lo sguardo algido e implacabile. Per Ernesto Maria Ruffini, nato a Palermo nel primo giorno dell'estate del 1969, la lotta all'evasione è sempre stata una questione di giustizia. Lui le stagioni politiche le ha conosciute tutte e si può dire che sia rimasto in sella durante i governi di ogni colore. E dal 2015 a oggi di esecutivi ce ne sono stati parecchi.

Ma c'è una data che segna l'inizio e da cui parte il declivio pubblico: 5 novembre 2010, stazione Leopolda di Firenze. Ruffini, all'epoca più civatiano che renziano, partecipa per presentare la ricetta del Fisco 2.0. Digitalizzazione dei servizi, snellimento dei processi, ausilio della tecnologia con strumenti come la dichiarazione dei redditi precompilata, la fatturazione elettronica e la lotteria degli scontrini. I temi folgorano presto Renzi e finiscono compendiati in un libro dal titolo «L'evasione spiegata a un evasore: anche a quello dentro di noi», pubblicato nel 2013 con prefazione di Romano Prodi e postfazione di Vincenzo Visco. Nomi di peso. Dicono che Mr. Fisco sia una delle poche persone che è riuscita a mettere d'accordo il Pd renziano e quello non renziano. Di sicuro c'è che a sinistra è sempre stato considerato un civil servant, un servitore dello Stato ligio al dovere a tal punto da non prendere neanche un'ora di malattia e di far le chemioterapie per sconfiggere un tumore durante le videoconferenze di lavoro.

Cattolico, figlio del politico democristiano e ministro Attilio Ruffini (nipote del cardinale Ernesto Ruffini), fratello minore del giornalista Paolo, Ruffini si laurea in giurisprudenza a Roma e dal 1998 comincia a lavorare come avvocato tributarista nell'importante studio dell'ex ministro delle Finanze nel governo Dini Augusto Fantozzi dove rimane fino alla nomina - fortemente voluta da Renzi, al vertice di Equitalia nel 2015. Un anno prima il rottamatore lo aveva chiamato a far parte del Tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Da lì la carriera va avanti all'insegna della continuità.

Nel 2017, su proposta del ministro dell'Economia Padoan, il governo Gentiloni lo nomina direttore dell'Agenzia delle entrate. Nel 2018 l'unica battuta d'arresto, quando viene cacciato dal governo Conte I per poi tornare in carica due anni dopo durante il governo Conte II su proposta del ministro dell'Economia dem Gualtieri. Confermato poi nel 2021 da Draghi e nel gennaio 2023 dal governo Meloni. Nel 2022, Ruffini è tornato in libreria con «Uguali per Costituzione» con prefazione di Sergio Mattarella, uno dei suoi principali sponsor. Non per nulla, l'8 agosto 2022 è stato proprio Mattarella, di sua iniziativa, a conferire a Ruffini l'onorificenza di Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Sul sito dell'Espresso è ancora visibile il blog che ha inaugurato nell'aprile del 2012 e nel quale scriveva: «Le tasse, belle o brutte che siano, sono il mezzo più onesto e trasparente che abbiamo per contribuire bene comune del nostro paese, di tutti noi. Ed è per questo che è arrivato il momento di stipulare un nuovo patto fiscale». Appassionato di disegno e di pittura, se avesse scelto il liceo artistico a quest'ora avremmo scritto un'altra storia.

Con buona pace o meno dei contribuenti.

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