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Conte si sente commissariato E il Colle rimane in disparte

Il premier teme di diventare ostaggio di Renzi: «Così altera gli equilibri in Parlamento, doveva dirlo prima»

Conte si sente commissariato E il Colle rimane in disparte

No, Giuseppe Conte non l'ha presa bene. Sorpreso, un po' infastidito dalla mossa di Renzi, forse spaventato per la stabilità del governo sul medio-lungo periodo: il presidente del Consiglio, spiegano a Palazzo Chigi, è «perplesso sull'iniziativa che introduce novità negli equilibri parlamentari» e stupito «per la scelta dei tempi dell'operazione», cioè subito dopo il giuramento dei sottosegretari, mentre il neonato governo è al suo primo vagito. Il premier in sostanza ha paura. Non vuole diventare un ostaggio del senatore di Firenze, tenuto sempre in sospeso, commissariato da un ingombrante Lord Protettore. Matteo l'altra sera al telefono, a modo suo, l'ha tranquillizzato: «Stai sereno, Giuseppe, vedrai che la tua maggioranza si allargherà». Lui però non può essere tranquillo.

Sergio Mattarella invece l'ha presa meglio, derubricando l'accaduto a «un fatto partitico-parlamentare» che non riguarda direttamente le competenze del Colle e che non dovrebbe, per il momento, avere conseguenze catastrofiche sulla coalizione giallorossa. Almeno ufficialmente, il Quirinale si tiene a distanza e non vuole entrare nella polemica. Certo, pure lassù hanno notato la singolare coincidenza tempistica, però insomma, la scissione «non è un fulmine a ciel sereno», la cosa era nell'aria da mesi. Magari, chissà, servirà per fare chiarezza. Quanto poi ai timori sulla tenuta del quadro politico, «nessuna preoccupazione», assicurano, perché «non viene meno la maggioranza di governo». L'attenzione del capo dello Stato, lo ha ripetuto lui stesso varie volte, è rivolta al rispetto delle scadenze economiche e degli impegni internazionali, al controllo della spesa pubblica, alla prossima Finanziaria, ai rapporti con l'Unione europea. E la «separazione consensuale» tra renziani e Pd non dovrebbe cambiare la linea dell'esecutivo.

Come dire, sono affari vostri. E infatti adesso sono affari di Giuseppe Conte. La telefonata con Renzi, diventato ormai partner ufficiale della coalizione, non è stata facile. Il Rottamatore ha spiegato che la nascita dei nuovi gruppi parlamentari «saranno un bene per tutti». Il premier, preso alla sprovvista, c'e rimasto male. Ha chiarito «di non voler entrare nelle dinamiche interne di un partito», però come si diceva ha espresso «perplessità su un'iniziativa che introduce negli equilibri parlamentari elementi di novità non anticipati al momento della formazione del governo». Ossia, caro Matteo, dovevi dirlo prima che si giocava in tre e non in due, non ora che la squadra è fatta e i ministri insediati: la trattativa sarebbe stata diversa, i rapporti di forza differenti, le posizioni ricalibrate, le poltrone ridivise.

«Se portata a compimento prima della nascita dell'esecutivo - fanno sapere da Palazzo Chigi - questa operazione non trascurabile avrebbe assicurato un percorso ben più lineare e trasparente. Il presidente incaricato avrebbe potuto disporre di un quadro di riferimento più completo per valutare la sostenibilità e la percorribilità del nuovo progetto di governo che ha presentato al Paese». Invece è andata così, i grillini dovranno negoziare le leggi e amministrare l'Italia con il loro nemico di sempre e a Conte non resta che fare buon viso. Non prima di aver messo agli atti la sua insoddisfazione. «A tacere del merito dell'iniziativa - fanno sapere da Palazzo Chigi - rimane singolare la scelta dei tempi dell'operazione, annunciata subito dopo il completamento della compagine governativa. Viceministri e sottosegretari hanno giurato ieri».

Ma oggi è un altro giorno.

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