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Dai renziani ai centristi: ecco chi non vuole le urne

L'intera maggioranza ha capito che non conviene forzare la mano con il voto. Spinge soltanto la Lega

Dai renziani ai centristi: ecco chi non vuole le urne

Il partito del «No» alle elezioni anticipate si allarga con un ingresso inaspettato: Matteo Renzi. Il segretario nazionale del Pd rallenta la corsa verso il voto. Se non è una resa, manca davvero poco: ogni discorso è rinviato all'indomani del 24 gennaio. Si attenderà il verdetto della Corte Costituzionale sull'Italicum per avviare le trattative tra le forze politiche sulla nuova legge elettorale. D'altronde, il partito del «no» al voto anticipato aveva già raccolto adesioni di primo piano nel Pd: dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini a quello della Giustizia Andrea Orlando. Da subito s'era schierata contro l'ipotesi di un ritorno alle urne la minoranza Dem guidata da Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza. Col passare delle settimane cresce, dunque, l'area di consenso attorno al nuovo presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. L'idea che l'ex ministro degli Esteri possa guidare l'esecutivo fino alla scadenza naturale diventa sempre più concreta.

Anche Renzi pare abbia metabolizzato il concetto: non è un caso che il leader dei democratici sia impegnato in questi giorni nella riorganizzazione della segreteria nazionale del partito e abbia abbandonato i propositi di lanciare la spallata al governo in carica. Dopo la frenata dell'ex premier, resta un altro Matteo in campo a chiedere il voto anticipato. Matteo Salvini, il leader della Lega Nord, non fa sconti ed è pronto anche al patto con il diavolo (Renzi) sul Mattarellum pur di ridare la parola agli elettori. Più timida la posizione di Fratelli di Italia sull'ipotesi del voto anticipato: Giorgia Meloni sta provando a sganciarsi da Salvini e rientrare nella partita a Roma sulla legge elettorale. Beppe Grillo tentenna: il leader del M5S nelle piazze chiede il voto anticipato ma in Parlamento è pronto a fare melina sulla legge elettorale. D'altronde al comico genovese non conviene andare oggi al voto: il movimento è spaccato dopo la scelta di mollare in Europa il gruppo degli euroscettici dell'Ukip di Farage per aderire (adesione rifiutata) ai liberali dell'Alde. C'è poi l'appuntamento di settembre: la maggior parte dei parlamentari grillini ( alla prima legislatura) vorrà arrivare a dopo la pausa estiva per maturare il diritto alla pensione.

Se Grillo teme il voto, il ritorno alle urne rappresenta un incubo per due dinosauri della politica italiana come Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano. I centristi, sin da subito, si sono smarcati dalla linea del Pd renziano, seguendo l'indicazione del capo dello Stato Sergio Mattarella che nel conferire l'incarico al nuovo premier Gentiloni aveva chiesto al Parlamento di uniformare per Camera e Senato la legge elettorale. Più che per rispetto al presidente della Repubblica, Casini e Alfano pare siano terrorizzati dal voto perché (sondaggi alla mano) rischierebbero di restare a casa. Nella squadra del no al voto anticipato c'è anche Denis Verdini che pare stia lavorando a una proposta di legge elettorale con un sistema misto tra maggioritario e proporzionale. La linea di Mattarella è anche quella di Forza Italia: Silvio Berlusconi non ha paura del voto anticipato ma vuole una legge elettorale omogenea nei due rami del Parlamento. Un sistema elettorale proporzionale che preveda una corrispondenza tra maggioranza parlamentare e popolare.

Non escluso che alla fine siano proprio Renzi e Berlusconi a sedersi a un tavolo per riscrivere insieme le regole del gioco e ridare la parola agli italiani.

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