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Dall'Egitto fino alla Nigeria: quei cristiani vittime dell'Isis

La strage di venerdì è l'ultimo caso di un lungo eccidio Da Irak e Siria ne sono scappati centinaia di migliaia

Dall'Egitto fino alla Nigeria: quei cristiani vittime dell'Isis

Antwanit Thalab quasi si stringeva al quadro della Madonna che teneva in casa. Ferita a un spalla con il braccio ancora fasciato e appeso al collo raccontava dei tre cugini trascinati in strada dai tagliagole islamici. «Hanno intimato loro di convertirsi. Loro si sono rifiutati e sono stati decapitati. Dopo mi hanno sparato e lanciato una bomba a mano in casa pensando che fossi morta», raccontava nel 2013 la sopravvissuta per miracolo alla conquista dei miliziani del fronte Al Nusra di Malula, perla della cristianità in Siria.

Lo Stato islamico ha massacrato cristiani per puro odio religioso e fatto a pezzi chiese e cimiteri. Per non parlare dei sequestri in massa, le conversioni forzate e le proprietà requisite con il marchio del Nazareno dipinto sui muri, la lettera araba che identifica i cristiani, come i nazisti con la stella di Davide per gli ebrei nel Terzo Reich.

I copti egiziani sono le vittime sacrificali delle bandiere nere. Dallo scorso dicembre alla strage di venerdì sono stati massacrati 100 cristiani con i kamikaze saltati in aria nelle chiese a Natale e Pasqua. Pochi ricordano, però, che i 21 cristiani sgozzati sulla spiaggia libica del Mediteranno nel febbraio 2015 venivano proprio dall'Egitto. I martiri decapitati dalle bandiere nere erano originari di Minya, la zona della stessa comunità copta che venerdì ha perso 29 persone uccise a freddo dalle bandiere nere. Le forze aeree egiziane hanno bombardato alcune basi degli estremisti islamici in Libia vicino a Derna per rappresaglia. Secondo il ministro degli Esteri de Il Cairo, Sameh Shoukry, gli autori della strage sono stati addestrati proprio in Libia.

In Iraq durante la cacciata di 135mila cristiani da Mosul e dalla piana di Ninive nell'estate del 2014 bastava non abbracciare Allah per venire uccisi. «A mio padre hanno chiesto due volte di convertirsi all'Islam e lui si è rifiutato. Siamo cristiani da sempre. Allora gli hanno tagliato il naso e la lingua», ci racconta Almas Elias Polos, una ragazzona vestita di nero scappata da Qarakosh liberata pochi mesi fa dall'avanzata dell'esercito iracheno. «Poi hanno cominciato a spezzargli le ossa delle braccia e delle gambe - spiega Almas -. È stato lasciato in vita per un giorno ad agonizzare con indicibili dolori. Alla fine lo hanno ammazzato con sette proiettili». Si chiamava Elias e aveva 52 anni.

I seguaci del Califfo hanno rapito bambine di tre anni come Cristina Khader Ebada e sequestrato in massa interi villaggi di cristiani soprattutto in Siria. Gli ostaggi vengono utilizzati come scudi umani in prima linea o per scavare trincee. E per fare cassa. Il riscatto può variare da 10mila a 100mila dollari a testa. Di padre Paolo Dall'Oglio, religioso italiano dell'antico monastero siriano di Mar Musa, sequestrato nel 2013, non si hanno più notizie.

Le bandiere nere non solo hanno saccheggiato le case dei cristiani e razziato i loro beni. Le chiese sono state fatte a pezzi e i cimiteri profanati. Nel 2013 nei dintorni di Raqqa, capitale dello Stato islamico in Siria, è stato dato l'esempio seguito fino a oggi. Prima hanno tirato giù la croce sopra la chiesa cattolica armena dei Martiri per issare la bandiera nera. Poi hanno divelto la campana e lanciato in strada un crocifisso per calpestarlo. Alla fine la chiesa è stata vandalizzata e quella dell'Annunciazione data alle fiamme. La profanazione è stata accompagnata dal solito grido di vittoria: «Allah o akbar» (Dio è grande).

In Nigeria i seguaci africani del Califfo hanno fatto lo stesso oltre a sgozzare gli abitanti di interi villaggi perché cristiani. Nella piana di Ninive, in Iraq, da poco liberata, 12mila abitazioni cristiane sono state danneggiate dalle bandiere nere e dai combattimenti. Ben 669 case sono rase al suolo. L'arcivescovo di Erbil, Bashar Matti Warda, ha denunciato: «Nove chiese su dieci risultano saccheggiate o bruciate. Le tombe più antiche sono completamente distrutte.

Il messaggio ai cristiani è chiaro: Vi odiamo, non vi vogliamo e non dovete tornare».

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