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Diario economico di un pendolare

Treni, stazioni, aeroporti e aerei: spesso muoversi tra Milano e Roma è un'odissea. Ecco cosa non va

Diario economico di un pendolare

Chi scrive è un pendolare. Di lusso. In viaggio tra Roma e Milano. Le ho provate tutte: Alitalia, Easyjet, Trenitalia e Italo e le molteplici combinazioni con le relative stazioni. L'idea di questo diario nacque a cena da quel membro del cda di Alitalia. Ospite d'onore un superbanchiere. Si diceva: uno degli italiani più influenti al mondo. Sarà, ma a capotavola sedeva un altro peso massimo: Fabrizio Palenzona, presidente degli Aeroporti di Roma. Dopo mezz'ora di crisi economica e lentezze italiane, la conversazione si sposta sui gabinetti di Fiumicino. I primi intesi come latrine, il secondo come aeroporto.

La tesi di chi scrive era semplice. Se la porta d'ingresso per l'Italia ha quei gabinetti, non lamentiamoci dell'idea che gli stranieri si fanno di noi: maleodoranti, spesso out of order, antiquati, piazzati nei posti sbagliati e affollati. Ci fu chi disse: i cessi di Fiumicino metafora dell'Italia. Non esageriamo, disse Palenzona, ma li metteremo in ordine.

Da qui nasce il diario semiserio, semieconomico di un pendolare di lusso.

Aeroporto di Roma. Si potrebbe anche dire: se lo conosci lo eviti. Discorso analogo vale per altri grandi scali europei. Parigi è un labirinto: atterri sempre a chilometri di distanza dal terminal giusto. Francoforte, ordinato per carità, ma freddo come un obitorio. A Londra se hai anche solo una boccettina di liquido sei ad un passo dalla galera. Ma ritorniamo a Roma. Palenzona aveva ragione e nel primo terminal, quello dei pendolari, sono arrivati gabinetti nuovi per tutti. Per il resto ci sarebbe molto da dire. A partire dalla sicurezza (certo pensando a quella di Heathrow è una bazzecola) che è diventata una tortura. Non per gli addetti, ma per quella regola idiota per la quale un paio di Car shoes è allarmante se indossato a Roma, ma non a Linate. Solo da un paio di settimane poi i responsabili della viabilità dell'aeroporto hanno pensato di mettere gli autisti nel parcheggio, liberando così il traffico da macchine blu parcheggiate una sull'altra. Meglio tardi che mai. Gira infine una leggenda tra gli addetti ai lavori. A Fiumicino manca un rilevatore elettronico dei fulmini, dunque quando arriva uno scroscio si bloccano le operazioni di rifornimento e nascono così gli ingorghi.

Stazioni ferroviarie. Perché sia consentito ad un preciso gruppetto di tassisti delinquenti (pare senza licenza) di impazzare alla Stazione Termini di Roma resta un mistero. Al pari degli zingari (o come diavolo è corretto definirli) con i bagagli, così questi tassisti decisamente italiani provano a fregare lo sprovveduto. Per il resto prendere il treno (ora anche Italo) per Milano è una gioia, se si è abituati ai chilometri di Fiumicino. Per arrivare alla stazione Termini o Tiburtina la metro è comoda. Fino a poche settimane fa, passare dalla metro Tiburtina al binario della stazione era questione di pochi passi e minuti. Il treno si prendeva al volo. Ma i geni cosa ti hanno pensato? Troppo comodo e soprattutto poco profittevole. Ora si è obbligati a fare una gimkana (c'è addirittura una guardia giurata che impedisce la scorciatoia) che prevede l'uscita dalla stazione, poi due rampe di scala mobile, il conseguente passaggio davanti ad una decina di negozi e infine una nuova rampa in discesa per arrivare alla banchina del treno. Questo obbligo al lookie lookie (come lo chiamano i venditori di cianfrusaglie a Bangkok) meriterebbe l'attenzione di un garante o, in alternativa, di uno psichiatra. La cosiddetta Centrale di Milano non è male e gode del non superabile record mondiale di lentezza delle otto scale mobili installate per salire al piano treni. Degne di nota le sale di aspetto di Italo, che devono essere state disegnate e pensate dai responsabili della viabilità di Fiumicino in collaborazione con lo scenografo, invecchiato, di Arancia meccanica , o, in subordine, da un architetto amico di Montezemolo. Per fortuna ci sono i dipendenti di Italo, giovani, educati. Uno dei buoni motivi per comprare un biglietto su quel treno.

Italo o Trenitalia. Fate un po' voi. Gira che ti rigira, senza alcuna pretesa di scientificità, Italo sembra costare sempre un po' meno e metterci sempre un po' di più. La prima classe e il cibo sono le due differenze sostanziali. La prima di Italo è niente male, ma affollata. L'hanno chiamata Club, non si capisce se ispirandosi più a Berlusconi o ai Verdurin. Quella di Trenitalia, costosissima, è per pochi (direi sei fortunati). Sembra di stare in una carrozza disegnata per un film sul Far West diretto da Sergio Leone. Peccato che l'ex boss burberone Moretti abbia considerato poco dignitoso per la sua schiena sempre dritta, prevedere delle poltrone reclinabili completamente. La prima classe di Trenitalia vi vende tanto spazio, ma vi obbliga a stare dritti come se aveste una scopa infilata nella camicia. Sul menu di bordo c'è poco da fare. Fino a quando Italo si ostinerà a dare cibo per uomini servito in scatolette per cani, e ricette studiate dal fighettismo radical chic di Eataly, saranno sempre più gustosi i biscotti Ringo e le patatine Chipster ammazza-fegato vendute delle Ferrovie. Premio gabinetto pulito a Italo. Premio gentilezza personale a Italo. Premio cibo (e ci voleva poco) alle Ferrovie.

Alitalia o Easyjet. Alternativa oziosa. Per un pendolare Milano-Roma, la scelta si deve allargare anche ai treni. Prezzo e tempi sono ovviamente le variabili. Ma non è da trascurare il porto di partenza e approdo. Favoloso partire da Linate (da cui si tiene volutamente lontana ogni fermata della metro). Pessimo atterrare a Fiumicino.

Era ottima la Tiburtina, fino a poco tempo fa, buona Termini, così così la Centrale, Niente male, nella sua semplicità, la milanese Rogoredo, pessima nella sua inutile confusione Garibaldi. Avete provato ad arrivare e pensare di parcheggiare un motorino o una bicicletta nella stazione intitolata al patriota? Non fatelo. Avete provato a prendere un amico all'arrivo dei treni da Roma, infilandovi con la vostra auto nel budello prospiciente la stazione? Non fatelo. O, se proprio insistete, vi renderete conto di come il sindaco Pisapia, se si sforza, possa assomigliare al suo omologo romano.

Ritornando agli aerei. Da quando Alitalia si è dotata dei più economici, ma scomodi, Embraer, le differenze a bordo con Easyjet praticamente non ci sono. Se non che gli arancioni vi offrono la colazione a pagamento e un muffin al cioccolato buono, ma pensato per nutrire la dimensione oversize di un ex nuotatore della Germania Est. Alitalia costa generalmente di più, ma non è detto. Ha molti più voli e soprattutto vi frega con le Mille Miglia. Se il biglietto è pagato da terzi, si intascano comunque punti preziosi per futuri (e improbabili) viaggi gratis che gli arancioni di Easyjet non prevedono.

La morale di questo incompleto diario è che sulla tratta Milano-Roma vi è una grande concorrenza. E che guardare solo a quella tra vettori aerei è miope. La concorrenza ha fatto bene anche ai treni. E si sente. Ma c'è un grande buco nero: i porti di arrivo e partenza, veri monopoli naturali. Le stazioni e soprattutto gli aeroporti sembrano gestiti solo con la logica della rendita. Ci siamo affaticati a fare regole su regole per i vettori, ma ci siamo dimenticati di controllare, vigilare e, semmai, sanzionare i monopolisti naturali che del cliente se ne fregano.

Gran parte dei ritardi degli aerei dipende dagli aeroporti, così come gran parte del vostro cattivo umore nel prendere un treno (parliamo ovviamente solo dell'alta velocità) dipende dal modo in cui vi hanno accolto e portato nella stazione ferroviaria.

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