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«Disastrosi quei restauri» Ma è un trucco fotografico

L'allarme lanciato dallo storico dell'arte Tomaso Montanari per gli affreschi di Assisi è un inganno. Supportato soltanto dalla voglia di sbattere il mostro in prima pagina

«Disastrosi quei restauri» Ma è un trucco fotografico

Quando in Italia si vuol fare una porcheria si invoca o si nomina una commissione. La commissione eviterà di dire la verità e sistemerà tutto secondo la posizione ritenuta più politicamente corretta. È quello che si prospetta, tra ipocrisia e intimidazione, per i restauri di Assisi.

Intendiamoci subito: restauri perfetti e irreprensibili. Allora perché se ne parla? Perché è nata la polemica? Per vanità, presunzione, invidia, competizione, assenza di senso di responsabilità. Ed è sommamente disdicevole che uno storico dell'arte, Tomaso Montanari, che aveva dimostrato in alcune occasioni buon senso, si sia fatto prendere dal facile scandalismo e dalla tentazione di sbattere il mostro in prima pagina, per eccesso di zelo rispetto alla vocazione scandalistica del giornale che ospita i suoi interventi, La Repubblica . Più che una denuncia una mascalzonata, con o senza mandanti, per oscuri interessi o per rincoglionimento della fonte. Un'azione di puro killeraggio. Per le ragioni che dirò, Tomaso Montanari dovrebbe dimettersi o essere cacciato dal giornale dopo la ricostruzione aberrante, senza verifica, che ha dato dei fatti. A partire dalla falsificazione della documentazione fotografica. Infatti, le immagini pubblicate, prima e dopo il restauro degli affreschi di Simone Martini e dell'ambito di Giotto, di cui si discute, riguardano pitture che non sono state restaurate. Neppure toccate dopo l'intervento del 1968. Le apparenti differenze dipendono non dal restauro che non c'è stato, ma dal trucco fotografico, fino al punto di presentare un particolare della Crocefissione attribuita a Giotto, non sfiorata dal restauratore, con una fotografia sfocata.

Basterebbe questo a smontare gli argomenti, peraltro debolissimi, di Montanari, il quale però si inerpica in una serie di affermazioni contraddittorie e insensate. Dopo avere annunciato un «pericolo» che non c'è, ne attribuisce il segnale alla persona più prudente e sensibile di cui possa disporre il ministero, Francesco Scoppola, evidenziandone inavvertitamente il masochistico conflitto di interesse: «La Direzione Generale per le Belle Arti del Ministero per i Beni Culturali - ora guidata dall'architetto Francesco Scoppola, già direttore proprio dell'Umbria - è “allarmatissima”, ed ha disposto un sopralluogo i cui esiti non sono stati affatto rassicuranti». Bugia, ad evidenza. Come può Scoppola allarmarsi, ora, per un restauro minuziosamente seguito proprio da lui stesso, nel ruolo di diretto responsabile, come direttore regionale della Soprintendenza dell'Umbria? Come ignaro di sé, Scoppola dovrebbe fare un'ispezione a se stesso, per verificare quello che ha fatto. Nel particolare, suggestionato da non si sa chi, Montanari scrive insensatezze, parlando di quella che appare ottima «pulitura del paramento di pietra del Subasio». Basta osservare le parti non pulite, coperte di macchie, di umidità e sporcizia, per apprezzare la pulizia semplice, ordinata e corretta.

Montanari incredibilmente scrive: «Le parti di quest'ultimo già restituite alla vista sono scioccanti: un effetto “pizzeria” che contrasta violentemente con le zone sulle quali non si è ancora intervenuti». Non è vero. Il miglioramento è evidente. Preso da un incomprensibile delirio e ingannando il suo giornale e i suoi lettori, Montanari scrive: «Ma a preoccupare è soprattutto ciò che si vede dall'altra parte del transetto, e nella cappella di San Nicola. Qui il restauro si è già concluso, ed è possibile valutarne gli effetti. Che - per chiunque conoscesse bene questi affreschi - sono impressionanti: non siamo più di fronte alle stesse opere. Qui è attiva la bottega di Giotto, intorno al 1315: e almeno nella Crocifissione è possibile ravvisare un suo stesso intervento. Ebbene, proprio il celebre gruppo della Madonna che sviene ai piedi della Croce ha ora una scalatura cromatica e un chiaroscuro completamente diversi da quelli noti. Accanto, le sublimi mezze figure di Santi affrescate poco dopo (1317-19) da Simone Martini sono ancor più cambiate: appiattite, e prive di alcuni dettagli della decorazione. E la Madonna al centro del trittico nella Cappella di San Nicola ha completamente (e irreversibilmente) perso il suo manto».

Irreversibilmente. Bugie. Non può essere irreversibile ciò che non è stato fatto. Una lunga pagina di delirio. Su tutti questi affreschi, l'ottimo restauratore Sergio Fusetti non è intervenuto. Non ha pulito né toccato. Lo stato degli affreschi, descritto con inaudito allarmismo da Montanari, è sempre quello dopo il restauro del 1968. Sembra incredibile ed è invece inquietante e delittuoso. Un esempio intollerabile di teppismo giornalistico, che in effetti già le foto pubblicate da Repubblica suggeriscono. Alla faccia del «politicamente corretto». La visita in loco , in attesa della fantomatica commissione, ribalta tutto. L'abbaglio di Montanari trova motivazione in un pregiudizio moralistico, l'asserita decisione dei Frati «di fare da soli», senza più contare sulla consulenza del depotenziato Istituto Centrale del Restauro in una mistificazione mitologica della istituzione benemerita, ma dei cui interventi Montanari non ha la competenza per giudicare. Però, secondo costume e retorica, e senza esperienza, contrappone pubblico e privato, ingiustamente mortificando Sergio Fusetti, vero e meritevole custode degli affreschi della basilica francescana, con la sua sobria opera di manutenzione, e scrivendo che si sarebbe passati «da uno dei collegi di ricercatori e restauratori più affidabili al mondo alla ditta privata di un singolo restauratore» che, nella fattispecie, si è peraltro formato nell'Istituto Centrale per il Restauro.

Parole in libertà, dunque, senza riscontro nei fatti. Sembrerebbe così, se non ci fosse come aggravante la consulenza di un altro inaffidabile perito, Bruno Zanardi, restauratore bollito, fra mille polemiche, che si è riciclato in teorico, usurpando il nome di Giovanni Urbani e dando prova del suo squilibrio e della sua labilità nell'essere contemporaneamente, per documentate dichiarazioni, favorevole e contrario al trasferimento dei Bronzi di Riace a Milano: un miracolo di doppiezza. Incapace di distinguere il giorno dalla notte. Con il suo daltonismo Zanardi registra: «Avevo visto il cantiere nel 2011, e l'impressione era stata d'un buon lavoro, eseguito da un restauratore che sapevo bravo e esperto. Invece quando sono tornato un paio di mesi fa in Basilica con i miei allievi ho avuto una sensazione molto diversa. Ho visto un diverso e innaturale emergere dei chiari di visi, manti, fasce decorative, unito a un forte compattamento dei cieli. Quasi l'intervento fosse stato un restauro, quindi una pulitura, un lavaggio, seguito da una reintegrazione con acquarelli. Non una semplice manutenzione, cioè una spolveratura con pennelli di martora».

Infatti, non più che spolveratura è stata. Però i due, Montanari e Zanardi, hanno visto quello che non è stato fatto. Che dire? Una buona notizia. Tutto in ordine, anzi migliorato. Gli affreschi intatti, la polemica insensata. E adesso Dio ci scampi e liberi da un collegio di esperti che, inviati da Scoppola, verranno a dire che Scoppola ha agito e controllato con giudizio.

Salvo che non gli diano torto, per non contraddire i teppisti di Repubblica .

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