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Il doppio forno dell'Italia. Ma il governo fa un gioco pericoloso

Salvini vola negli Stati Uniti, Conte dialoga con la Cina, i 5 Stelle puntano Mosca. Ma il governo rischia di non saper scegliere

Il doppio forno dell'Italia. Ma il governo fa un gioco pericoloso

Da una parte Matteo Salvini che sbarca a Washington e incontra i vertici dell'amministrazione americana. Dall'altra parte due incontri meno pubblicizzati ma non meno indicativi. Il primo, quello di Giuseppe Conte all'anteprima del rapporto della Fondazione Italia-Cina a Milano. Il secondo, come riportato da La Stampa, un incontro a Mosca tra la commissione Esteri del Senato e la commissione Esteri della Camera alta del Parlamento russo.

Basterebbe questa immagine per comprendere la strana quanto "coerente" politica estera del governo giallo-verde, da sempre caratterizzato da una certa predisposizione alle divergenze. Una divergenza che è stata manifestata in tutta la sua forza quando Xi Jinping è sbarcato in Italia per il memorandum sulla Nuova Via della Seta e che si è confermata in queste ore, con la netta apertura di credito del ministro dell'Interno verso gli Stati Uniti che ha di fatto certificato la line atlantica della Lega in contrapposizione alle affinità del Movimento 5 Stelle con la Cina.

In mezzo la Russia, superpotenza che sia il Carroccio che i pentastellati hanno "corteggiato" ma con cui in fondo nessuno ha voluto schierarsi in maniera aperta. Anche se questo viaggio della delegazione parlamentare conferma la volontà dell'esecutivo di impegnarsi in una rivisitazione dei rapporti fra Unione europea e Russia, soprattutto per quanto riguarda le sanzioni: un tema che interessa da sempre entrambi partiti di governo, consapevoli delle ripercussioni del regime sanzionatorio nei confronti dei nostri produttori che esportano a Mosca e dintorni.

Divisa fra queste tre potenze, l'Italia si interroga sul proprio presente e sul proprio futuro senza riuscire però a essere particolarmente capace di esprimere una propria linea. E il motivo è che il "doppio forno" con cui lò'Italia definiva la sua politica ai tempi della Guerra Fredda non è più accettato come parametro di riferimento. Gli esecutivi italiani non hanno mai tentato di fronte alla prospettiva di quali alleanze tutelare e a cosa appartenere. Semmai sfruttava i vari partiti e componenti interne per muovere la propria trama: ma non si traduceva in una divergenza così netta all'interno del governo su chi dover scegliere come alleato.

Ora invece, l'Italia si trova in una posizione difficile. Da una parte, Salvini ha confermato la totale sinergia con l'amministrazione Trump rivendicando che l'agenda della Casa Bianca e quella del Carroccio sono perfettamente sovrapponibili. Dall'altra parte, Conte ha ribadito di considerare la Cina un interlocutore privilegiato e di volere un asse euro-asiatico che veda nei porti di Genova e Trieste i punti di approdo della Nuova Via della Seta. Se si pensa che Donald Trump ha come obiettivo quello di bloccare l'avanzata cinese e che è stato proprio quel memorandum a incrinare i rapporti fra governo e Casa Bianca, si capisce perché sia impossibile credere che non via siano differenze molto profonde tra le anime del governo. Con chi sta l'Italia? Con Washington che dice no alla Cina o con Pechino che punta a penetrare in Europa scalfendo Washington? L'impressione è che Roma, in un o modo o nell'altro, cerchi di non voler scegliere. Ma questo mondo non è fatto per i tentennamenti. Oggi essere "un po' di qua e un po' di là" non è più accettato come un tempo.

E il pericolo è che l'Italia faccia di tutto per rimanere esclusa dai grandi giochi.

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