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Foibe, esuli insorgono contro la petizione per il ritiro della mozione anti-negazionismo

Ancora polemica sulla mozione con cui il Friuli Venezia-Giulia ha messo all’angolo chi nega o sminuisce i drammi dell’esodo e delle foibe

Foibe, esuli insorgono contro la petizione per il ritiro della mozione anti-negazionismo

È in corso una vera e propria guerra di posizione sulla mozione numero 50 del 7 febbraio 2019 con cui il Friuli Venezia-Giulia ha messo all’angolo chi nega o sminuisce i drammi dell’esodo e delle foibe. In queste ore, infatti, hanno superato quota mille le sottoscrizioni alla missiva indirizzata dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri di Milano al governatore leghista Massimiliano Fedriga e al capo dello Stato Sergio Mattarella. “La mozione – si legge nel documento – si configura come un pericoloso attacco frontale alla libertà di ricerca e alla libertà di parola”. Da qui la richiesta che “sia subito ritirata” e che “siano assicurate, senza ricatti economici, le condizioni necessarie affinché tutti gli istituti impegnati nella ricerca scientifica sui temi legati al confine orientale, alle foibe e all’esodo possano continuare a svolgere la loro preziosa attività”.

Il provvedimento in questione è approdato in consiglio regionale nelle settimane arroventate che hanno preceduto il Giorno del Ricordo. Settimane scandite dai classici rigurgiti negazionisti a cui il vicepremier Matteo Salvini ha replicato con la proposta di “rivedere i contributi alle associazioni, come l’Anpi, che negano le stragi fatte dai comunisti nel dopoguerra”. In questo solco si inserisce la mozione a firma di Piero Camber (Fi) che chiede di sospendere ogni contributo finanziario erogato dalla Regione ma anche patrocini e concessioni ai soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo a negare o ridurre il dramma delle foibe e dell’esodo. È stata votata all’unanimità, con la sola eccezione dell’astensione dei consiglieri del Pd, secondo cui il provvedimento “pretende di sottoporre il lavoro degli storici ad un giudizio politico”.

“Le accuse di censura sono strumentali, si tratta piuttosto dell’enunciazione di un principio di buonsenso – replica Massimiliano Lacota, numero uno dell’Unione Istriani, difendendo a spada tratta la mozione – ovvero che d’ora in poi chi vuole mistificare la storia non può farlo con soldi provenienti dai contributi della regione del Friuli Venezia-Giulia”. Insomma, ragiona Lacota, “il provvedimento non impedisce a nessun negazionista di continuare ad esserlo, così come non si vieta a nessun riduzionista o giustificazionista di continuare a fare riduzionismo e giustificazionismo ma mette semplicemente in chiaro che tutte queste attività non potranno più essere fatte con i soldi dei cittadini”.

Antonio Ballarin, presidente della FederEsuli, invece, si domanda: “Chi giustificherebbe il massacro delle Fosse Ardeatine? Se non si giustificano le Fosse Ardeatine, che per di più sono avvenute in tempo di guerra, a maggior ragione non si può giustificare un evento sanguinoso avvenuto per motivi etnici in tempo di pace”. Non si tratta di una mozione bavaglio, quindi, neppure per Ballarin perché “la libertà di ricerca o parola non significa esser liberi di raccontare il falso, facendosi portavoce di un’ideologia prevaricante e calpestando la dignità di un popolo”.

“È arrivato il momento di riconoscere anche i crimini del comunismo, non solo quelli del fascismo, perché chi giustifica la violenza – conclude – è figlio della menzogna e non può certo salire in cattedra”.

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