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Gaffe, errori e dossier bollenti: Di Maio si prende gli Esteri

Il nuovo ministro degli Esteri avrà parecchie questioni da risolvere. Il vero nodo resta la Libia, ma anche i rapporti tra Usa e Cina

Gaffe, errori e dossier bollenti: Di Maio si prende gli Esteri

Luigi Di Maio alla guida del ministero degli Esteri. Il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, è uscito dall'incontro con il Sergio Mattarella presentando la sua lista di ministri. E l'ex vice premier del governo gialloverde sarà ora a capo della Farnesina.

Il capo politico del Movimento Cinque Stelle passerà quindi dallo Sviluppo economico agli Esteri e guiderà la diplomazia italiana. Un ministero impegnativo ma soprattutto bollente. Perché i dossier che si troverà ad afforntare il ministro non sono per nulla semplici. Ed è proprio sulla politica estera del Movimento Cinque Stelle che si è concentrata la sfida geopolitica la cui ombra si è estesa sulla crisi di governo italiana.

Cina, Russia e Stati Uniti

Il Movimento non ha mai negato una posizione autonoma rispetto alla diplomazia. E lo scontro con gli Stati Uniti di Donald Trump è stato evidente. Il memorandum firmato con la Cina per la Nuova Via della Seta, le aperture nei confronti del 5G e cdi Huaweei con il ritardo nella golden power, lo scontro sul Venezuela e il mancato riconoscimento di Juan Guaidò fino anche alle aperture verso Russia e Iran sono state da sempre un cavallo di battaglia del Movimento, sia di Di Maio che di Giuseppe Conte. E la scelta di avere il capo del Mise a guidare la Farnesina è un segnale estremamente evidente di come questo governo sia comunque in linea, a livello strategico, con quanto espresso da Conte in questi mesi. Ed è anche per questo che il premier ha voluto Di Maio al suo fianco nel gestire la politica estera.

Una scelta che nasce anche dal fatto che Di Maio è conosciuto dalle grandi potenze. Il prossimo ministro degli Esteri ha viaggiato in Cina e negli Stati Uniti. Ha incontrato John Bolton, il quale ha chiesto garanzie precise nei confronti della Nuova Via della Seta. Bolton non è apparso molto contento della decisione dell'Italia di aver firmato il memorandum con Xi Jinping. In ogni caso, le garanzie probabilmente minime, sono state date. Ed è anche per questo che l'amministrazione Usa ha dato l'ok al capo della Farnesina. Che di sicuro significa anche maggiori garanzie rispetto a un Enzo Moavero Milanesi che non ha mai negato contatti con l'opposizione dell'amministrazione americana. Mentre sotto il profilo cinese, è chiaro che Di Maio piaccia per quell'impegno avuto nella firma di un accordo che ha inserito l'Italia nel grande progetto euroasiatico.

Dall'altro lato, il vice premier ha avuto contatti con Vladimir Putin. La Russia conosce Di Maio e conosce i Cinque Stelle. Ed è anche questo un motivo per cui a Conte è sembrato utile fornire ai pentastellati la Farnesina. La cena con Putin, le foto del ministro con il presidente russo così come le nette aperture verso Mosca sono state un segnale chiaro di come Di Maio piaccia a tutti.

I dossier bollenti

Il ministro degli Esteri si trova ora a dover gestire dossier molto delicato. L'Italia non ha tempo da perdere. C'è un problema Libia ancora irrisolto, con la guerra tra Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar che è uno dei più gravi problemi del Mediterraneo. La crisi dei migranti passa anche per le nostre scelte in Nord Africa. E Di Maio dovrà fare in modo che la strategia italiana sia chiara in una guerra pericolosissima.

Di Maio si trova poi a dover affrontare la guerra dei dazi. Un problema enorme in cui le nostre aziende possono subire danni enormi e che è il vero nodo da sciogliere di tutta la crisi che è in corso tra Cina e Stati Uniti. Una guerra dei dazi che coinvolge anche l'Europa. Una guerra che, se unita alle sanzioni alla Russia, significa anche capire come affronteranno le aziende italiane la crisi mondiale.

Le gaffe "estere"

Il problema è che Di Maio è anche un uomo che ha fatto sfoggio di gaffes a dir poco pericolose. Da una parte quelle più comiche, come quando parò di Pinochet come dittatore del Venezuela o di quando chiamò "Ping" il presidente cinese Xi. Una gaffes ripetuta per ben due volte a Pechino, tanto da far pensare non proprio a un errore ma a un'incomprensione. Se a questi errori si aggiunge quello della Francia come "democrazia millenaria", quando in realtà la democrazia francese ha qualche secolo di storia, il quadro non è dei più rosei.

Ma a parte le questioni scherzose, il vero problema sono le "gaffes" diplomatiche. Basti ricordare l'incontro con l'ala più dura dei gilet gialli quando era ancora ministro. Ecco, quel Di Maio oggi non solo dialogherà con Jean-Yves Le Drian, ma dovrà anche ricordarsi di essere in un governo molto più filo-francese del precedente.

Da incendiario a pompiere è un attimo, ma in Francia qualcuno se ne ricorderà di certo.

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