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Quella guerra per bande nel Pd tra l'ala di Minniti e i pro migranti

L'ex ministro fu il primo a denunciare le irregolarità a Locri

Quella guerra per bande nel Pd tra l'ala di Minniti e i pro migranti

Per i radical chic nostrani e la «gauche caviar» internazionale Mimmo Lucano era un'autentica icona. Non a caso le sue gesta di sindaco amico dei migranti ispirarono un film di Wim Wenders e gli garantirono le lodi di Fortune la rivista pronta nel 2016 a piazzarlo al 40mo posto nella classifica dei migliori sindaci del mondo. Peccato che dietro tanta fama si nascondesse, stando ai giudici, un'intensa attività criminale spaziata negli anni dalle truffe al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Dietro la condanna a 13 anni dell'ex sindaco di Locri emergono, però anche le lacerazioni del mondo dem. Un mondo dove gli ultimi «samurai» ancora fedeli al concetto di Stato e legalità del vecchio Pci, si sono visti sovrastare dalla spregiudicatezza buonista di chi ha usato l'ideale dell'accoglienza per garantire ai tanti Lucano, e alle cooperative loro associate, i finanziamenti di Stato e Unione Europea.

In questa guerra per bande un altro calabrese come Lucano, ovvero l'ex ministro degli Interni Marco Minniti, orgoglioso esponente dell'antica anima statalista e legalista del Pci, è stato, non a caso, il primo a denunciare le irregolarità del caso Locri aprendo la strada alle indagini della magistratura. «Le mie disgrazie coincidono con l'avvento di Marco Minniti al ministero dell'Interno» - ha spesso ripetuto l'ex sindaco ipotizzando l'esistenza di fantomatici «apparati del sistema di area progressista» legati all'allora ministro dell'Interno.

Aldilà di quelle farneticazioni è ben vero che fu proprio Minniti nell'estate del 2017 a sollecitare l'indagine sulle «spese per il circuito di seconda accoglienza» su cui si innescò l'azione della magistratura. La mossa fu solo una delle tante messe a segno nell'ambito dello scontro sull'immigrazione che lacerò il Pd durante il governo Gentiloni. Uno scontro innescato dal tentativo Minniti di controllare le attività delle Ong, sospettate di collusione con i trafficanti di uomini, e di favorire la nascita di una Guardia Costiera libica in grado di prevenire le partenze dei migranti o riportarli a terra. Proprio quelle iniziative portarono Minniti allo scontro diretto con l'allora ministro dei trasporti Graziano del Rio e con quello della Giustizia Andrea Orlando costringendo il presidente Mattarella ad un intervento diretto per scongiurare, nell'agosto 2017, la caduta del governo Gentiloni.

Ma quello fu solo l'inizio della guerra che nonostante la lungimiranza dell'allora Ministro dell'Interno - evidenziata oggi sia dalla condanna di Lucano sia dalle mosse dell'attuale governo per contenere l'attività delle Ong - portò all'emarginazione di Minniti (uscito oggi dal Pd) e di tutta l'ala legalista e raziocinante del gruppo dem.

Triste deriva di un partito che all'eredità del vecchio Pci ha preferito l'alleanza con i Cinque Stelle dimostrandosi più incline al populismo di sinistra che non alla difesa dell'interesse nazionale e dei poteri dello Stato.

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