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Industria lombarda in caduta libera. Pesa la crisi tedesca e il costo del denaro

Ordini e ricavi delle imprese in rallentamento: la crescita del secondo trimestre crolla allo 0,5% contro il 2,5% del primo. Nella regione prodotto un quarto della ricchezza del Paese

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L'Italia ha il fiato grosso in un contesto europeo tutt'altro che incoraggiante. Ieri Eurostat ha messo in fila i dati sul Pil del secondo trimestre rivedendo al ribasso la stima dell'area euro a +0,1% rispetto al precedente +0,3%, mentre a livello tendenziale l'incremento è dello 0,5% (contro lo 0,6% nella precedente pubblicazione). L'Italia si è piazzata in terzultima posizione alla pari con Cipro con il suo -0,4% trimestrale davanti alla sola Austria (-0,7%).

Che il dato fosse preoccupante lo si sta toccando con mano in questi giorni in cui la stesura della manovra 2024 si confronta con non poche difficoltà di tipo pratico vista la necessità di tenere il deficit a bada in previsione del ritorno al Patto di Stabilità nella forma vecchia o rinnovata.

Il problema, tuttavia, è un altro e non meno preoccupante. Per raggiungere gli obiettivi prefissati sarà fondamentale che l'economia lombarda, che rappresenta poco meno di un quarto del Pil italiano (22%), si conservi in buona salute. Il quadro, però, non è rassicurante. La produzione industriale nel secondo trimestre, evidenzia l'ultimo report di Unioncamere Lombardia, è cresciuta dello 0,5% su base annua a fronte del 2,5% dei primi tre mesi dell'anno. Gli ordini interni sono in calo dello 0,2% su base congiunturale (variazione nulla su base annua), mentre quelli esteri sono rimasti fermi al +2% contro una crescita media 2022 del 9,7%. Anche il fatturato è risultato in diminuzione da aprile a giugno (-0,3%, +1,9% sull'anno). Tra i settori che ancora performano spiccano abbigliamento (+5,8% la produzione su base annua) e pelli-calzature (+8,6%), mentre alimentare (+2,8%) e meccanica (+1,7%) tengono a fatica. Frenano, invece, legno-arredo (-1,8%), chimica (-2,2%), siderurgia (-4,2%) e tessile (-6,9%). Nel periodo gennaio-maggio, e qui si arriva alle note più dolenti, l'interscambio totale tra Italia e Germania nei settori chimico-farmaceutico e siderurgia ha subito contraccolpi pesanti. In particolare si è scesi a 11,81 miliardi di euro rispetto ai 14,95 miliardi del 2022 nel chimico-farmaceutico e a 10,02 miliardi rispetto agli 11,3 miliardi nella siderurgia.

Per il presidente di Confindustria Lombardia, Francesco Buzzella, una delle cause è rappresentata dalla sostanziale recessione tedesca (la Germania assorbe il 14% delle esportazioni lombarde), ma sono fonte di maggiori preoccupazioni «l'aumento del costo del denaro e l'instabilità geopolitica». Ma anche il trend del mercato interno non lascia ben sperare. «Gli ordini in calo devono vanno letti come un serio campanello d'allarme soprattutto se perdura la fase inflazionistica», spiega. «Ulteriori aumenti dei tassi di interesse non potranno che comprimere ulteriormente gli investimenti delle imprese, per questo Confindustria Lombardia auspica che le istituzioni facciano valere sui tavoli competenti il peso del 14% di quota capitale dell'Italia presso la Bce, al fine di interrompere discutibili scelte di politica monetaria».

Meno pessimista l'assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, secondo il quale «nonostante il rallentamento, si è confermata la resilienza del sistema lombardo». Ma anche per Guidesi il livello elevato del costo del denaro e la conclamata recessione tedesca (ieri l'Ifo ha confermato la stima di un -0,4% di Pil nel 2004) sono le principali incognite. «Come Regione Lombardia continueremo a lavorare a supporto delle imprese per fare in modo che le influenze esterne negative non compromettano ulteriormente i tendenziali di crescita», conclude.

Ma è chiaro che anche Roma non possa sottovalutare i problemi di Milano, pena un ulteriore peggioramento della congiuntura macroeconomica.

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