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L'uomo che chiuse in un cassetto gli Anni di piombo

Salvatore Conoscente, caporedattore del Corriere, invece di pubblicare la famigerata foto di Giuseppe Memeo, la mise in un cassetto

L'uomo che chiuse in un cassetto gli Anni di piombo

Ieri, tra le necrologie del Corriere della Sera , scorgo un nome familiare: Salvatore Conoscente. Sotto, una sola riga: «Ciao Cono... la tua amata figlia». Mi vengono i brividi. Quel «Cono», scritto dalla sua unica erede con affetto, mi dà la certezza: non può che essere lui, il vecchio capocronista del giornalone di via Solferino, a suo tempo personaggio noto per aver commesso un tragico errore, una leggerezza, qualcosa che segnò in negativo la sua pur buona reputazione professionale.

Nel 1977 gli erano capitate tra le mani le foto (che poi sarebbero divenute il simbolo dei cosiddetti anni di piombo) di vari terroristi armati, fra cui Giuseppe Memeo, il quale in via De Amicis a Milano, durante una delle ricorrenti manifestazioni, impugnava a due mani una pistola, la famigerata P38, le braccia tese nell'atto di prendere la mira e di premere il grilletto. Fu freddato il vicebrigadiere di polizia Antonio Custra (per il cui omicidio dieci anni dopo venne condannato un secondo autonomo, Mario Ferrandi).

Conoscente guardò quelle immagini, forse distrattamente, forse no, e anziché fare un salto sulla poltrona e ordinarne la pubblicazione in prima pagina, come chiunque avrebbe fatto, le infilò in un cassetto della scrivania. Il sospetto che volesse nasconderle, farle passare in cavalleria, fu avvalorato dal fatto che il capocronista era dichiaratamente, ufficialmente, un compagno (iscritto al Pci, reduce dalla lotta partigiana).

Probabilmente nella circostanza prevalse in lui la fede politica sull'esigenza giornalistica di fornire ai lettori la documentazione visiva di una notizia importantissima. Cosicché occultò le istantanee che un reporter gli aveva offerto su un piatto d'argento. Sperava di farla franca? Credeva che la propria omissione non fosse grave? Non è mai stato verificato. In realtà scoppiò una specie di scandalo che ebbe ripercussioni oltre il palazzo storico del quotidiano. E la direzione fu costretta a rimuovere dall'incarico Conoscente e a trasferirlo all'ufficio centrale dei redattori capo. Promoveatur ut amoveatur (sia promosso affinché sia rimosso). Non c'era altra soluzione. All'epoca i comunisti contavano parecchio in redazione. Il direttore, sollecitato dai sindacati interni ed esterni, ne assumeva a frotte per garantirsi la pace «sociale» e prevenire scioperi, agitazioni, grane.

Il Corriere in breve si trasformò da organo tradizionale della borghesia in una succursale di lusso dell' Unità , da cui provenivano vari giornalisti. Non a caso Indro Montanelli e la sua orchestra di anticomunisti abbandonarono il transatlantico di Piero Ottone per varare un battellino, Il Giornale . Per rimpiazzare i trasfughi, i responsabili del primo quotidiano italiano fecero incetta di compagni, brava gente, per carità, ma politicamente connotata e propensa - immagino - a tutelare prima gli interessi di partito anziché quelli editoriali.

A dire il vero alcuni redattori furono prelevati anche dal cattolicissimo Avvenire ; costoro però, non appena messo piede in via Solferino, provvidero ad adeguarsi, richiedendo con prontezza la tessera del Pci. A parte l'episodio narrato (e relativi contorni), Salvatore - origini napoletane - era persona elegante e simpatica che, se proprio doveva nuotare, lo faceva sott'acqua. Lavoravamo insieme e non l'ho mai sentito alzare la voce. Come tutti, a un dato momento se ne andò in pensione. I vecchi infastidiscono i giovani che brigano per liberarsene e rubare loro il posto, salvo accorgersi subito che non basta il seggiolone per salire in alto. Una volta si diceva che se uno muore e il suo nome non finisce tra le necrologie del Corriere è come se non fosse morto perché nessuno lo viene a sapere. Non è più così. Cambiata anche questa regola. Conoscente ci è finito, tra le necrologie, ma neanche nello stesso Corriere se ne sono accorti. Tant'è che i colleghi non hanno vergato neppure una breve per segnalarne la dipartita. Che malinconia, caro Cono.

A 91 anni ti tocca sopportare anche quest'onta: che sia un anticonformista come me a renderti l'onore delle armi.

 

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