Politica

«Manafort incontrò Assange in ambasciata»

Gravi accuse dell'inglese «Guardian» all'ex capo della campagna elettorale di Trump

Valeria Robecco

New York Paul Manafort prigioniero del Russiagate. L'ex capo della campagna elettorale di Donald Trump, condannato per diversi capi di imputazione tra cui frode fiscale, torna sotto i riflettori dopo l'accordo siglato due mesi fa con il quale si impegnava a cooperare con il procuratore speciale Robert Mueller. Secondo documenti depositati dallo staff di Mueller e citati dal New York Times, Manafort ha violato l'intesa di collaborazione mentendo ripetutamente agli investigatori. Avrebbe mentito nel corso di interrogatori con la squadra del procuratore speciale e con l'Fbi «su vari argomenti», spiega il Nyt, parlando di «crimini e bugie», senza ulteriori dettagli.

Gli avvocati difensori respingono le accuse, negando che Manafort abbia violato l'accordo, e sottolineando che ha fornito quelle che riteneva «informazioni veritiere». L'impasse fra le due parti, tuttavia, ha portato a chiedere al giudice Amy Berman Jackson di pronunciarsi in merito e a fissare una data per la sua decisione. Se verranno confermate le prove sulla violazione dell'accordo, con cui Manafort ha ottenuto uno sconto di pena in cambio della confessione, rischia di dover andare a processo senza patteggiamento con lo spettro di diverse decine di anni dietro le sbarre. La denuncia mostra anche come Mueller abbia l'intenzione di usare il pugno duro nelle indagini sulle interferenze della Russia nella corsa alla Casa Bianca del 2016 e sui presunti legami tra l'entourage del tycoon e uomini di Mosca. E le accuse fanno infuriare il presidente americano, che attacca nuovamente il procuratore speciale su Twitter: «La fasulla caccia alle streghe continua, ma Mueller e la sua gang di dem arrabbiati stanno guardando soltanto da una parte e non dall'altra», tuona. «I fake news media dipingono Mueller come un santo, quando è l'esatto opposto - attacca ancora The Donald -. Sta facendo enormi danni al nostro sistema di giustizia penale».

Intanto, dall'altro lato dell'Atlantico, il britannico Guardian fa sapere che Manafort incontrò in segreto Julian Assange nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, mesi prima che Wikileaks pubblicasse le email hackerate dai russi a esponenti del partito democratico per danneggiare Hillary Clinton. Secondo il quotidiano i colloqui risalirebbero al 2013, al 2015 e alla primavera del 2016, pochi mesi prima delle presidenziali americane. Nei documenti dell'intelligence ecuadoregna visionati dal Guardian, Manafort appare tra i visitatori «ben conosciuti» al consolato dove si trova Assange, e nella lista degli ospiti vengono menzionati anche dei «russi». E secondo una fonte citata dalla Cnn, Mueller starebbe investigando anche su un presunto incontro nel 2017 tra Manafort e il presidente dell'Ecuador.

L'ex manager della campagna di Trump finora ha sempre negato di essere coinvolto nella vicenda, e ieri anche Wikileaks ha smentito la notizia. Questo sarà «ricordato come il giorno in cui il Guardian ha permesso a un falsificatore seriale di distruggere totalmente la reputazione del giornale», scrive in un tweet il sito fondato da Assange.

Dicendosi pronto «a scommettere un milione di dollari e la testa del suo direttore» sul fatto che Manafort «non ha mai incontrato Assange».

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