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Marchionne si difende: "Strana tempistica ma non abbiamo barato"

L'ad: "Non siamo come Volkswagen. Al massimo un errore tecnico". E promette: sistemeremo tutto

Marchionne si difende: "Strana tempistica ma non abbiamo barato"

«Non abbiamo fatto nulla di illegale, nessuno ha barato. Ma è strana la tempistica, alla scadenza di un'Amministrazione». L'ad di Fca, Sergio Marchionne, replica con parole ferme alle accuse mosse dall'Agenzia americana per la protezione dell'ambiente. «I loro legali - aggiunge - ci hanno informato, alle 8 di ieri mattina, che avrebbero tenuta una conferenza stampa dopo aver deciso di emettere una notice of violation in merito alla tecnologia di controllo sulle emissioni dei nostri diesel». L'ad del Lingotto, a questo punto, non esclude l'ipotesi del disegno politico proprio alla vigilia dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca: «Spero - puntualizza - che non si tratti della conseguenza di una guerra tra Barack Obama e Trump, ipotesi che giocherebbe contro chi lavora in questa azienda. Per quanto riguarda l'Epa, tra meno di una settimana perderà ogni diritto di intervenire. Noi, infatti, tratteremo con un nuovo gruppo di persone che esaminerà il caso».

Non sfugge anche il particolare che l'attacco dell'Epa a Fca sia arrivato poche ore dopo i complimenti di Trump a proposito del miliardo di dollari che sarà investito in due stabilimenti negli Stati Uniti. Una «vendetta» dell'amico Obama? «Spero di no - risponde Marchionne - visto quello che è stato fatto a partire dal 2009», quando Fiat ha acquisito Chrysler, rilanciandone il sistema produttivo dopo la lunga crisi.

Da oggi e nei prossimi giorni il team di ingegneri di Fca si confronterà con l'Epa e l'agenzia californiana Carb «alle quali spiegheremo che non c'è mai stata alcuna intenzione di creare condizioni mirate a frodare i test; non c'è una persona in questa azienda che proverebbe a fare qualcosa di così stupido, non apparteniamo a una categoria di criminali».

Marchionne, che per tutta la giornata si è diviso tra interviste e conferenze stampa, non accetta paragoni con il Dieselgate che continua a vedere protagonista il gruppo Volkswagen («sono scioccato», aveva commentato nei giorni scorsi alla notizia dell'arresto, in Florida, del manager Oliver Schmidt, incaricato dell'ufficio per l'adeguamento alle norme del gruppo tedesco).

«La differenza tra il caso Fca e quello Volkswagen - la ricostruzione dell'ad - è che il software presente nei motori diesel del costruttore tedesco denunciava livelli di emissioni più bassi di quelli reali durante i test, per poi funzionare normalmente in fase di marcia. Il sistema Scr presente nei motori della Grand Cherokee e della Dodge Ram 1500, invece, funzionava sempre allo stesso modo e il diverbio con l'Epa è stato di carattere tecnico, laddove la Volkswagen ha ammesso di aver inserito il defeat device nei motori con un intento fraudolento. L'indagine non ha niente a che fare con il problema che avuto Volkswagen qui in America. Il loro defeat device funzionava per fare due cose diverse: per distinguere dalle operazioni normali le operazioni di collaudo; la nostra vettura si comporta allo stesso modo sul banco di prova e in strada». In sostanza, dice Marchionne, l'Epa ha ritenuto che i modelli Fca incriminati non rispettassero i requisiti tecnici, «non che noi intendessimo frodare i controlli». Il top manager, che il 26 gennaio presenterà i conti del 2016 e del quarto trimestre al cda per l'approvazione, anche ieri ha detto di confermare gli obiettivi, ma pure «di sperare di non procedere ad accantonamenti».

Tra le reazioni, c'è quella del leader Fiom, Maurizio Landini: «Siccome Fca è meno solida sul piano finanziario di Volkswagen, e visto che la testa del gruppo non è più in Italia, si tratta di capire quali interessi intendono ora difendere».

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