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Mattarella non si fida ancora "La situazione resta incerta"

Il presidente della Repubblica attende gli effetti del suo ultimatum a M5s-Pd. Il piano B: governo di garanzia

Mattarella non si fida ancora "La situazione resta incerta"

Inadeguati, incapaci. Dilettanti allo sbaraglio. La faccia perplessa e anche un po' schifata di Sergio Mattarella, l'altra sera in diretta tv, non aveva bisogno di un esperto di fisiognomica per essere interpretata. Pd, Cinque stelle, Lega, tutti o quasi insufficienti, inconcludenti e inconsapevoli della gravità del momento. Però siccome è questo che passa il convento, il capo dello Stato ora deve sperare che il suo ultimatum abbia effetto e che i partiti tornino sul Colle con qualcosa di più di generiche intenzioni. C'è tempo fino a mercoledì sera. I primi segnali sembrerebbero buoni, dem e grillini si sono visti, ma «la situazione è incerta» e il presidente non si fida. Del resto, come potrebbe?

A Montecitorio il barometro della crisi è tornato a segnare bel tempo. Per i plenipotenziari Pd Andrea Marcucci e Graziano Delrio «la riunione si è svolta in un clima positivo» e «non ci sono ostacoli insormontabili». Secondo il folto gruppo di negoziatori pentastellati, Patuanelli, D'Uva, Silvestri e Perilli, «l'aria è costruttiva». Di più: «Noi non abbiamo altri tavoli di trattativa aperti», giurano i grillini. Sarà vero?

Tanto entusiasmo non è però condiviso dal Quirinale. Certo, le notizie sono discrete, l'impegno sembra esserci, la volontà di stringere un patto pure.«Ci stanno provando», osservano dal Palazzo dei Papi. Ma, ci si chiede, siamo sicuri che i 5s abbiano chiuso il doppio forno? Luigi Di Maio ha flirtato fino all'ultimo con Matteo Salvini e ancora adesso i contatti amorosi proseguono sotto traccia. Il Carroccio le prova tutte per ricucire. Giancarlo Giorgetti, ad esempio, mette in luce come gran parte dei dieci punti illustrati da Di Maio siano parte integrante del contratto di governo con noi. E Gian Marco Centinaio è sicuro che alla fine Carroccio e Cinque stelle faranno pace e torneranno insieme.

Ora, l'inaffidabilità dei grillini è nota e conclamata. E nelle ultime ore le mosse a zig zag del capo politico del movimento non rassicurano il capo dello Stato. Ma oltre a Di Maio, sotto i riflettori del Colle sono finite pure le dichiarazioni incendiare di Alessandro Di Battista, l'editoriale di Travaglio che paragona il Pd alla Libia e il bombardamento sul web dei militanti delusi dall'ennesima giravolta. Riusciranno - è la domanda - i vertici a tenere il timone sulla trattativa?

Non che, agli occhi di Mattarella, al Nazareno siano messi tanto meglio. L'immagine che esce fuori, al di là di un'unità di facciata, è quella di un partito lacerato, indeciso, forse incapace di reggere una svolta importante come un'intesa programmatica di governo con i nemici giurati degli ultimi sette-otto anni. Senza dimenticare il fattore Renzi: l'ex premier lavora per raggiungere un accordo duraturo o per spaccare tutto al momento opportuno?

Tutto ciò alimenta i «dubbi» e le preoccupazioni del presidente. Mattarella, dopo la strigliata generale dell'altra sera, aspetta che il patto maturi nel weekend, intanto domenica metterà altra distanza fisica dalla crisi, partecipando all'anniversario dell'eccidio di Fivizzano con il presidente tedesco Franz-Walter Steinmeier. Lunedì verrà diramato il calendario ufficiale della consultazioni e già lì si capirà come stanno andando le cose. I partiti verranno ricevuti martedì e mercoledì, dai più piccoli ai più grossi: se il presidente programmerà colloqui lunghi, significa che il negoziato fa progressi.

Se invece saranno incontri da un quarto d'ora o poco più, vuol dire che il tentativo è fallito e si passa al piano B, un governo di garanzia elettorale per votare in autunno.

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