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Per Mattarella si avvicina ​la prova del nove

I precedenti, molto scomodi, sono due. Quello della legge Acerbo e quello della cosiddetta legge truffa

Per Mattarella si avvicina ​la prova del nove

I precedenti, molto scomodi, sono due. Quello della legge Acerbo e quello della cosiddetta legge truffa. Per la prima bisogna tornare indietro al 1923 e all'allora Regno d'Italia con Mussolini presidente del Consiglio, per la seconda al 1953 e al governo De Gasperi. Sono queste le uniche due volte nella storia patria in cui un sistema di voto è stato imposto dall'esecutivo a colpi di voti di fiducia, di fatto esautorando il Parlamento dal suo ruolo di legislatore su un tema chiave per la tenuta democratica come quello della legge elettorale. Sessantadue anni dopo, rischiamo di rivedere esattamente lo stesso film, visto che Matteo Renzi non nasconde la tentazione di mettere la fiducia sull'Italicum e blindarlo. Almeno finora, peraltro, con il silenzio – nei fatti accondiscendente – del Quirinale. La riforma elettorale, insomma, trattata alla stregua di un qualsiasi decreto fiscale.

Perché, l'ha detto chiaro il premier, la priorità è che sia approvata ora e subito, così da poter essere messa in vetrina durante la campagna elettorale che ci accompagnerà di qui al 31 maggio. «Già fatto!», sarà lo slogan di un Renzi pronto a spiegare in lungo e in largo per l'Italia che dopo un anno e passa a Palazzo Chigi le riforme finalmente arrivano in porto. Poco importa che il prezzo da pagare sia quello di una legge elettorale imposta di fatto dall'esecutivo al Parlamento, con l'aggravante che il governo non trova la sua legittimazione nelle urne ma in un'operazione di Palazzo. Uno scenario nel quale il silenzio del capo dello Stato inizia a farsi pesante. Non si tratta di tirare o meno per la giacca Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica, infatti, è il garante della Costituzione e in quanto tale non è strano che i più si aspettino che prenda finalmente posizione rispetto a quanto potrebbe avvenire alla Camera sull'Italicum. Una parola sul rischio che Renzi decida di risolvere i problemi interni al Pd mettendo la fiducia (anzi, le fiduce) su una legge che riguarda tutti gli italiani e che è il fondamento della vita democratica è – per usare un eufemismo – dovuta. E poco importa che in questi giorni il Colle abbia ufficiosamente veicolato una sua presunta irritazione verso l'atteggiamento che sta tenendo il premier.

Arrivati a questo punto, con la Camera che oggi vota le pregiudiziali di costituzionalità sull'Italicum e Renzi che minaccia la fine anticipata della legislatura, Mattarella difficilmente potrà continuare a restare nelle retrovie.

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