Politica

Mattarella spazientito: "Basta cercare consensi il problema è il lavoro"

Il Colle striglia la politica: mancano rispetto e dialogo. E cita un'intervista di Moro del '74

Mattarella spazientito: "Basta cercare consensi il problema è il lavoro"

Il governo lo liquida in trenta secondi, quattro righe di testo scritto. Ce n'era uno prima, spiega, poi «è venuto meno il sostegno della coalizione», ce n'è un altro adesso, diverso, che «si è formato secondo i meccanismi previsti dalla Costituzione». Basta. Durerà? Reggerà il Conte due agli scontri interni? Sopravviverà alle regionali dell'Emilia? Forse sì, forse no. Ma a Sergio Mattarella la questione interessa fino a un certo punto. Quello che ora gli preme è la situazione di un Paese all'ultima spiaggia, con le fabbriche che chiudono, con i ragazzi che scappano all'estero e le infrastrutture strategiche, dall'Alitalia all'Ilva alle autostrade, a pezzi per motivi diversi. Il lavoro «è la missione, la disoccupazione il primo nemico». E la politica, invece di darsi da fare, di «programmare, stabilire le priorità, assumere decisioni», che fa? Litiga. Cerca soltanto «il mero consenso». Non pensa «al bene comune». Tiene lo sguardo rivolto indietro e non si accorge che «il futuro è qui, oggi, è già cominciato». Non ha insomma quel «senso di responsabilità» necessario per «governare le trasformazioni».

Nel fastoso Salone dei Corazzieri, il tradizionale scambio di auguri con le alte cariche dello Stato dura solo mezz'ora. Mattarella legge un discorso breve, secco ma appuntito, velato di pessimismo, che parte da una constatazione: «Il confronto politico assume sovente toni molto aspri. Alcuni recenti passaggi parlamentari hanno fatto registrare tensioni». Sappiamo, dice, «che la politica comporta scontri», però attenzione perché «una società attraversata da forti tensioni corre gravi pericoli». Cita un'intervista di Aldo Moro del 1974, quando c'era già aria di compromesso storico. «Anche se profondamente divisi, sappiamo di avere in comune la possibilità di andare più lontano e più in alto. Non è importante che pensiamo le stesse cose, ma l'accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo».

Ecco, secondo il presidente sono proprio il dialogo e il rispetto le cose che mancano. «Chi riveste ruoli istituzionali - ammonisce - deve avvertire la responsabilità di farlo per conto di tutti i cittadini. Il bene comune è, appunto, il bene di tutti. Chi governa esprime, certo, gli orientamenti della maggioranza, ma ha il dovere di rispettare e garantire la libertà e i diritti degli altri. La democrazia è rispetto reciproco». Oggi succede il contrario, si cerca soltanto di delegittimare gli avversari, talvolta pure gli alleati.

E, ancora più grave, si perde tempo in mille polemiche, quando le condizioni del Paese richiederebbero un lavoro di squadra. Si pensa «al contingente», al proprio orticello elettorale da innaffiare, «mentre il futuro sta già cambiando le nostre vite» e non c'è nessuno che prova a governarlo. «Ci troviamo dentro in cambiamento vorticoso è inedito. Il mondo è diverso da quello che abbiamo conosciuto. Tecnologie, stili di vita, tempi, tipi di lavoro». E i mutamenti climatici, «che fanno apparire fragili i nostri territori e insicure le popolazioni». Bisogna muoversi, prevenire, organizzarsi, «non ci si può limitare a subire gli eventi».

Poi un accenno alle sardine e ai movimenti ambientalisti. «Assistiamo all'emergere di energie nuove, di domande di tanti giovani che vogliono far valere il loro diritto al futuro». Una stoccata ai nazionalismi. «Paradossali le spinte e le aspirazioni a un passato impossibile, che ci porterebbe a un rapido e malinconico declino. L'Europa è casa nostra». Un passaggio sulle donne ai vertici delle istituzioni, ultima Marta Cartabia alla Consulta: «Resistono divari».

Ma è l'occupazione il vero allarme per il 2020. «La debolezza dell'economia ha inciso pesantemente sull'apparato produttivo, il lavoro che manca, e che quando c'è è precario, insicuro e sottopagato, è il nostro nemico». Mattarella pensa alla «ferita dell'emigrazione forzata di tanti nostri giovani».

Questo è un buon motivo per smettere di litigare e fare sistema, «stabilendo priorità e concentrando le risorse per il futuro, tenendo conto degli effetti non solo immediati di quanto deciso». E la politica è in grado di farlo?

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