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Meloni in equilibrio in Ue: le divisioni Ecr e l'ombra di Draghi

Niente intesa con il Pis sullo Spitzenkandidat. Dall'1 al 4 luglio gli "Study days" dei Conservatori in Sicilia. E il caso Salis "riavvicina" Orbán

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La marcia di avvicinamento alle Europee dell'8 e 9 giugno per Meloni è un gioco di delicati equilibri. Non solo all'interno della maggioranza di governo, ma anche dentro Ecr. Senza dilungarsi sul fatto che Fdi, Lega e Forza Italia aderiscono a Bruxelles a gruppi differenti (Ecr, Id e Ppe), basta dare una rapida occhiata ai manifesti elettorali dei tre partiti per cogliere sostanziali distanze. Lo slogan di Tajani è «per contare in Europa», decisamente filo-europeista. Più critico quello di Meloni: «Con Giorgia l'Italia cambia l'Europa». Mentre è a un passo dall'euro-scetticismo l'approccio di Salvini: «Cambiamo l'Europa prima che lei cambi noi» (con tanto di foto di una militaresca von der Leyen).

Ma i distinguo ci sono anche all'interno delle diverse famiglie politiche europee. E quelli dentro Ecr si sono consumati durante una riunione che si è tenuta martedì sera all'Hilton di Strasburgo, presieduta da Meloni in video-collegamento. Alla fine, infatti, Fdi e Pis non sono riusciti a trovare la quadra su uno Spitzenkandidat di Ecr per la presidenza della Commissione Ue. I polacchi - che sono la delegazione più numerosa e che da quando a Varsavia sono passati all'opposizione del Popolare Tusk hanno di molto alzato i toni contro Bruxelles - puntavano su Saryusz-Wolski, eurodeputato noto per le sue critiche alle «élite» dell'Ue. Un profilo considerato troppo euro-scettico da una Meloni che da premier dovrà necessariamente sedersi al tavolo della trattativa per la nomina dei vertici di Commissione e Consiglio Ue (come fece cinque anni fa il Pis, che allora governava in Polonia e votò von der Leyen). Un punto di caduta però non si è trovato e seppure senza strappi formali (alla fine semplicemente non è passata la proposta di Pis sullo Spitzenkandidat) si è deciso di soprassedere. Una distanza che comunque non compromette il rapporto tra Meloni e Morawiecki, tanto che - nonostante le elezioni siano destinate a ribaltare gli equilibri interni - si è già deciso di confermare l'assetto bicefalo del gruppo con due co-presidenti: uno di Fdi, l'altro di Pis (oggi sono Procaccini e Legutko, che però non si ricandiderà). Nomine che saranno messe a punto durante gli «Ecr Study days» che si terranno in Sicilia dall'1 al 4 luglio (a cui Meloni non esclude di partecipare). E chissà che non possa esserci anche l'ungherese Orbán, che con il suo Fidesz guarda a Ecr. C'è stato un certo freddo sul dossier Ucraina (e i dubbi dei Conservatori baltici), ma ieri si è registrato un avvicinamento sulla candidatura di Ilaria Salis. Scelta criticata da Budapest e da Fidesz. Con Procaccini e Fidanza, capo-delegazione Fdi a Bruxelles, che pur comprendendo la «legittima la battaglia» del padre di Salis, hanno sottolineato come sia «inaccettabile la mancanza di condanna da parte della sinistra della brutale violenza degli estremisti collegati a Ilaria».

La linea della premier, dunque, è quella della prudenza. Anche perché sul tavolo resta una possibile candidatura di Draghi, nome sul quale ci sono distanze con la Lega e dentro Ecr, ma a cui Meloni farebbe davvero fatica a dire no.

Ieri, sia Eliseo che Palazzo Chigi hanno smentito contatti tra Macron e Meloni per confrontarsi sull'ex Bce, ma il suo nome (per Commissione o Consiglio) resta un'ipotesi concreta.

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