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Merkel ora fa mea culpa "Spagna lasciata da sola". Così "dimentica" l'Italia

La Cancelliera elogia la politica migratoria di Madrid. Ignorato il peso dell'accoglienza

Merkel ora fa mea culpa "Spagna lasciata da sola". Così "dimentica" l'Italia

Già ricevere Angela Merkel a Maranello mentre in Formula Uno le Mercedes continuano a umiliare le Ferrari non sembrava una trovata da geni della comunicazione. Ma a render ancor più amaro il bilaterale con Matteo Renzi ci pensa la Cancelliera. Con una mossa da funambola la «cara Angela» si fa precedere da un «mea culpa» sull'immigrazione sufficiente a ribaltare un vertice in cui, nei disegni del nostro premier, si doveva discutere di flessibilità e di concessioni europee ad un Italia sempre più in rosso.

Invece niente da fare. A far girare la ruota dell'attualità è l'intervista alla Süddeutsche Zeitung in cui Angela ammette candidamente «anche noi tedeschi abbiamo ignorato troppo a lungo il problema e rimosso la necessità di una soluzione europea». Quella frase, messa nero su bianco mentre la Sicilia è invasa dagli oltre 14mila migranti ripescati negli ultimi cinque giorni, basterebbe da sola a spostare il baricentro dell'incontro con un Renzi ancora appiattito sul refrain dell' «accoglienza». Ma la vera stilettata al nostro premier si cela nella frase successiva. «Nel 2004 e nel 2005 dichiara la Merkel - c'erano già molti arrivi di rifugiati, ma abbiamo lasciato che affrontassero il problema la Spagna e gli altri Paesi alle frontiere esterne». La mancata citazione dell'Italia al fianco della Spagna è un modo elegante per dirimere tra chi, come Madrid, ha affrontato il problema e chi, dal punto di vista tedesco, non l'ha fatto, e continua a non farlo, come l'Italia. In mezzo c'è, però, anche il doppio salto mortale all'indietro d'una Cancelliera che dodici mesi fa si diceva pronta ad accogliere chiunque bussasse alle porte dell'Europa ed oggi sembra evocare il modello spagnolo come icona delle politiche di contrasto ai flussi migratori.

Il modello spagnolo, per farla breve, è una versione molto più stringente, violenta e repressiva di quella politica dei respingimenti, condannata dalla Corte Europea, che l'Italia adottò nel 2010 dopo le intese tra il governo di Berlusconi e Muhammar Gheddafi. I veri simboli di quel modello sono le barriere costruite intorno alle enclavi in territorio marocchino di Ceuta e Melilla. A tirar su la prima ci pensa, nel 1993, il governo socialista di Felipe Gonzales. A erigere la seconda, alta oltre sei metri, dotata di triple barriere e costata nel 2005 oltre 33 milioni di euro, è il «compagno» Luis Zapatero.

Ma la politica spagnola dell'accoglienza non si ferma ai muri. Oltre a quelli ci sono le botte da orbi, i lacrimogeni e i proiettili di plastica dispensati a chi li scavalca. La parte tecnicamente più efficace è, però, l'immediato respingimento riservato a chiunque riesca a metter piede nella terra promessa. Prima ancora di aver invocato il diritto all'asilo lo sfortunato migrante si ritrova pesto e ammanettato su un furgone della Guardia Civil che lo riscodella su quel versante marocchino da cui illudeva d'aver preso il volo. Grazie a questi metodi, a dir poco sbrigativi, ma adottati in maniera assolutamente «bipartisan» dai governi di destra e sinistra la Spagna ha accolto l'anno scorso meno di duemila migranti. Nello stesso periodo noi veleggiavamo intorno quota 150mila mentre la Germania faceva i conti con il milione e passa attirato dai «possiamo farcela» della signora Merkel. Con il senno di un anno dopo e il voto dietro l'angolo la Cancelliera sembra intenzionata a proporre, almeno a parole, modelli simili a quelli ispanici. Un colpo non da poco per un governo Renzi che dal marzo 2014 continua ad accogliere chiunque sbarchi per il timore di venir sanzionato dall'Europa e condannato dall'elettorato di sinistra. Ma con un po' di fortuna potrebbe persino andargli bene.

In fondo anche i generosissimi elettori democratici spaparanzati al sole di Capalbio hanno capito, al pari della Merkel, che l'accoglienza è bellissima finché si ferma al giardino del vicino.

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