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«Montenegro Stato membro» Così la Nato toglie a Mosca l'accesso al Mediterraneo

Ieri l'Ucraina, oggi l'«amaro» Montenegro. La mossa della Nato rappresenta agli occhi del presidente russo Vladimir Putin l'occupazione di un altra casella strategica su quella scacchiera dove è l'Alleanza Atlantica cerca di sottrarre profondità strategica a Mosca divorando, una dopo l'altra, tutte le sue estensioni e «dependance» occidentali. Per capire quale sia il ruolo e l'importanza di questa roccaforte montagnosa adagiato tra il cuore dei Balcani e l'Adriatico bisogna guardare innanzitutto alla sua collocazione geografica e al suo ruolo storico.Dal punto di vista geografico questa nazione, grande poco più della metà della Lombardia ed abitata da appena 610mila anime, è un vero e proprio cuneo inserito tra due paesi già conquistati alla causa della Nato come Croazia ed Albania, una nazione divisa e lacerata come la Bosnia e quella nazione serba considerata l'ultima grande «sorella» di Mosca nella ex Jugoslavia. Proprio per questo la Russia ha più volte espresso la sua contrarietà all'ingresso di Podgorica nell'Alleanza, sostenendo che minerebbe la stabilità dei Balcani occidentali. Proprio per questo Mosca ha subito fatto sapere di voler interrompere tutti i suoi progetti di cooperazione con il Montenegro a partire quelli in campo militare. Ovviamente gli Stati Uniti si guardano bene dall'ammettere che il «ratto» del Montenegro sia una mossa messa a segno nell'ottica di una strategia anti russa. A dar retta al segretario di Stato americano John Kerry «la Nato è un'alleanza difensiva che esiste da 70 anni.... non costituisce una minaccia per nessuno.... non è un'organizzazione offensiva e non è focalizzata sulla Russia, né su nessun altro».Ma l'addio al Montenegro rappresenta per la Russia e la «sorella» Serbia anche la perdita dell'ultima possibilità d'accesso all'Adriatico. Conquistando la casella montenegrina la Nato contribuisce a mettere con le spalle al muro Belgrado. E può ben sperare nel lungo periodo di sottrarre anch'essa all'influenza di Mosca. Soprattutto se l'Europa lo chiederà come condizione implicita per l'accesso alla Ue. Lo scippo montenegrino consente insomma di ribaltare la storia e i destini di una regione dove, solo 16 anni, fa le basi serbe in Montenegro venivano bersagliate dalle bombe della Nato impegnata nella guerra del Kosovo.La strategica battaglia del Montenegro appare insomma il nuovo capitolo di quella guerra alla Russia iniziata alla fine del 2013 con il tentativo di trasloco dell'Ucraina sul fronte filo americano e filo europeo. Il processo per l'ingresso nella Nato del Montenegro prevede la chiusura dei negoziati a inizio 2017 e poi circa un anno per le ratifiche.L'adesione di Podgorica segnerà il primo allargamento della Nato dal 2009, quando entrarono Albania e Croazia. Anche Bosnia, Macedonia, Georgia e Ucraina hanno espresso l'interesse per l'adesione alla Nato, ma le due repubbliche ex sovietiche difficilmente andranno oltre una partnership. La battaglia della Nato per la conquista del Montenegro è stata combattuta essenzialmente co-optando alla causa occidentale il primo ministro Milo Djukanovic. Un premier che soltanto nel 2009 veniva accusato da Europa e Stati Uniti d'intrattenere loschi rapporti con il crimine organizzato. Accuse subito dimenticate non appena Djukanovic si è detto felice di accettare gli aiuti economici che hanno accompagnato la sua promessa di combattere delinquenza e corruzione, d'introdurre rapide riforme politiche e di mettersi alla testa del progressivo avvicinamento allo schieramento atlantista.

Un avvicinamento che il premier montenegrino non ha esitato a definire la «bella alleanza».

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