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Referendum, minoranza minaccia ma Renzi la spunta di nuovo

Guerra totale nel partito. Lo scontro sulle spalle delle riforme e degli italiani. Ma Renzi tira dritto: "La cultura del 'no' fa perdere". E avverte i ribelli: "Per tenere unito il partito non possiamo bloccare il Paese"

Referendum, minoranza minaccia ma Renzi la spunta di nuovo

L'ennesima resa dei conti nel Pd è arrivata. Nella riunione della direzione dem, convocata per mettere a tema la campagna per il referendum e le eventuali modifiche all'Italicum, va in scena il solito psicodramma di una sinistra capace di trasformare il confronto sulle riforme costituzionali in un'infinita e sterile contesa di partito. "Quello che deve essere chiaro - ha tuonato Matteo Renzi durante la direzione nazionale del Pd - è che la nostra responsabilità di tenere unito il partito non arriva a tener fermo il Paese".

Le divisioni nel partito

La giornata politica si dipana sul filo del referendum, dell'Italicum e della direzione del Pd. Matteo Renzi, a Milano in mattinata per impegni di governo e a Roma nel pomeriggio per la direzione del Pd, accusa apertamente i ribelli citando la disciplina del salto con l'asta e il "metodo Bubka" per descrivere il dibattito politico in corso. "Ogni mattina c'è qualcuno che usa questo metodo, come il saltatore con l'asta ucraino che tutte le volte che doveva saltare, alzava di un centimetro l'asticella - ha spiegato - c'è sempre qualcuno che fa a gara ad alzare l'asticella, è questo che accade nel dibattito politico italiano". Adesso però, ha avvertito il premier, il Paese si trova davanti a un bivio di fondo: "Ci crediamo o no nel futuro del paese?". E per essere ancora più esplicito, davanti alla platea degli industriali lombardi che gli hanno garantito il "sì" al referendum, Renzi ha chiesto che si smetta di esser "la patria delle divisioni". L'Italia, ha detto, è "un grande paese" che non deve "cadere nella cultura dell'odio".

La mediazione sulle riforme

È di ieri il botta e risposta tra la maggioranza piddì e la minoranza dem a cui ha dato voce Pierluigi Bersani. Per l'ex segretario le promesse del premier di modificare l'Italicum sono solo "chiacchiere". Renzi, però, gli ha ricordato che l'assemblea è stata convocata "in ogni passaggio cruciale". "Gli impegni scritti valgono più dei mal di pancia dei leader. Noi parliamo qui, noi", ha aggiunto senza citare per nome i ribelli che gli hanno voltato le spalle. L'obiettivo è cercare di tenere unito il partito per portare a casa il "sì" al referendum. Per farlo è anche disposto a cedere sulla riforma dell'Italicum. "Per me la legge elettorale non è un punto dirimente - ha messo in chiaro durante la direzione - ma essendo la riforma costituzionale più importante per il Paese il mio compito è trovare le ragioni per un punto d'incontro". Da qui la proposta di formare una delegazione per "correggere" l'Italicum. "Siamo pronti a discutere del ballottaggio, sul premio alla lista o alla coalizione e al modo con il quale si scelgono i deputati - ha continuato - il Pd è pronto a fare una discussione profonda, seria con tempi certi". Ma vuole vedere le carte. La delegazione sarà formata dal vicesegretario del Pd come coordinatore, i capigruppo, il presidente, più un esponente della minoranza e dovrà sentire senta tutti gli altri partiti, anche i Cinque Stelle.

Le parole della minoranza

Di unità nel partito parla anche Gianni Cuperlo, sicuro che questo sia il momento in cui il partito deve andare avanti unito. Ma pone un "ma", grosso. Perché se "un accordo non ci dovesse essere", è tuttavia pronto a votare contro e quel giorno stesso "a comunicare le dimissioni da deputato".

D'altronde, e lo dice Roberto Speranza, la minoranza "sta ponendo una questione di merito, non si può dire che sia un alibi". E quanto proposto finora da Renzi "non è sufficiente". E Fassino aggiunge: "E' dal '93 che adottiamo leggi ben più maggioritarie di queste".

Una spaccatura evidente, che porta la minoranza del partito a non partecipare al voto finale. "Nessun astenuto, nessun voto contrario", annuncia il presidente dell'assemblea Democratica, Matteo Orfini. Ma i contestatori non si sono espressi.

"Direi che usciamo da questa direzione diversamente da come siamo entrati - commenterà poi Emanuele FIano, responsabile nazionale con delega alle Riforme -.

Mi sembra che anche da parte di Cuperlo e Speranza ci sia stata un'apertura, a sentire i loro interventi".

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