Cronache

Sei anni di galera per aver sparato al ladro. E il ministro si dimentica di dargli la grazia

Antonio Monella ha sparato a chi lo rapinava ed è in cella da dieci mesi per leggi imbecilli. La domanda di grazia è ferma nel suo ufficio: tuteli le vittime, non i criminali

Sei anni di galera per aver sparato al ladro. E il ministro si dimentica di dargli la grazia

Caro ministro Andrea Orlando,

mi rivolgo a lei, responsabile del dicastero Giustizia, per segnalarle un caso talmente assurdo da lasciare basiti, pur consapevole che in Italia la legittima difesa non è mai abbastanza legittima e sempre eccessiva. Cosicché, se un cittadino spara e uccide un bandito che stia rubando è un delinquente da sbattere in galera, mentre il farabutto abbattuto è una povera vittima, i cui familiari vanno risarciti.

In queste poche righe è riassunta la storia, simile a mille altre, di Antonio Monella, 55 anni, Arzago d'Adda (Bergamo), il quale è in carcere da circa 10 mesi, essendo stato condannato a 6 anni e 2 mesi per omicidio volontario, benché sia stato escluso il dolo intenzionale. E qui c'è subito da eccepire: se non c'è dolo intenzionale, come può esserci la volontarietà?

Le racconto alcuni particolari utili a comprendere a fondo la vicenda. Monella, incensurato, titolare di un'aziendina, aveva subito varie «visite» dei ladri, che notoriamente innervosiscono. O mi sbaglio? Il 5 settembre 2006, una banda di mascalzoni si accinge a rubargli la Mercedes. L'imprenditore, svegliato nella notte da un insistente scalpiccio, insospettivo si alza, si affaccia al balcone e vede i furfanti armeggiare intorno alla vettura. Afferra il fucile ed esplode un colpo.

Si sa che i pallini usciti dalla canna vanno dappertutto, e stavolta feriscono un ladro: Helvis Hoxa, 19 anni, albanese. Il quale ce la fa comunque a fuggire, insieme con i complici. Perde sangue e viene abbandonato dinanzi a un ospedale, dove muore. Monella si autodenuncia. Comincia la accidentata trafila giudiziaria. In breve. Condanna in primo, secondo e terzo grado. Sei mesi dopo la sentenza della Cassazione, scatta l'arresto. Egli ora è rinchiuso nel carcere di Bergamo. Nel frattempo, ha pagato una consistente somma per tacitare i familiari del defunto albanese; ed è stata inoltrata la richiesta di grazia, firmata da vari parlamentari e caldeggiata da un imprecisato numero di compaesani, parenti, amici tutti concordi nel definire il detenuto persona ammodo, stimata e riverita. Ma non succede niente, la pratica non va avanti.

Perché? Da mesi essa giace in un cassetto della sua scrivania, caro ministro, e ingiallisce nell'indifferenza, addirittura dimenticata da lei che, invece, avrebbe dovuto provvedere - in coscienza - a farla pervenire al Quirinale per la sigla del presidente, Sergio Mattarella. Se questa è la verità, se non esistono altri intoppi oltre alla sua distrazione motivata dai troppi impegni che l'assillano, la prego di dedicare dieci minuti a questa domanda di grazia, caldeggiandone l'approvazione.

Mi appello alla sua sensibilità: trascuri un attimo i bavagli, le intercettazioni e roba del genere e si adoperi allo scopo di restituire la libertà a chi non merita di ammuffire in cella, come il povero Monella, perseguitato dai banditi, il quale pertanto agì per esasperazione. Se poi, come credo, lei si appassionerà al tema della legittima difesa, maltrattata nel nostro Paese in cui la proprietà privata è equiparata al furto, promuova una iniziativa tesa alla revisione della legge in materia, attualmente orientata a punire gli onesti e a tutelare i criminali, parificandoli ai martiri. Tutto ciò è un controsenso indegno di una società civile. Si riesaminino le norme e si adeguino alla logica.

Un esempio. Mi scuso se sono costretto a citarmi. Una cinquantina di giorni orsono, un delinquente (con altri) è entrato nel mio alloggio, profittando della disattivazione dell'impianto d'allarme, e incurante delle telecamere, ha raggiunto la stanza da letto dove mia moglie dormiva e le ha sbattuto in faccia una torcia accecante. Poi, uditi dei rumori, ha tagliato la corda. Per fortuna ero fuori casa, altrimenti gli avrei sparato in base al principio che è meglio un brutto processo che un bel funerale. Un estraneo nel tuo appartamento, in piena notte, non è di sicuro animato da buoni propositi. Tu che fai? Premi il grilletto, vada come vada. E voi non la ritenete legittima difesa? Andate a nascondervi. Non è bello ammazzare neanche un grassatore, ma è ancora meno bello farsi aggredire da esso. Caro ministro, ci pensi.

Firmi la grazia a Monella, subito, e si dedichi a scrivere una legge meno imbecille di quella in vigore.

Commenti