Politica

"Strane telefonate...". Quei veti in Europa che pesano su Salvini

Il leghista evoca lo spettro di un complotto tra Berlino, Parigi e Bruxelles per negargli l'incarico

"Strane telefonate...". Quei veti in Europa che pesano su Salvini

Il sospetto lo getta là Matteo Salvini, su Facebook: «Spero che dalle parti del Quirinale o di Bruxelles o di Berlino o di Parigi qualcuno non si faccia idee strane facendo telefonate strane». Il leader della Lega evoca lo spettro di un complotto europeo per non fargli avere l'incarico di formare un governo. Di veti da parte di Juncker, della Merkel, di Macron e chissà chi altri.

Che qualcuno si sia mosso in Europa per ostacolarlo, facendo pressione su Sergio Mattarella, non risulta. Mentre è certo che il Capo dello Stato non lo ami proprio, non ne condivida toni e giravolte. Pare che ieri l'abbia mandato su tutte le furie il fatto che nelle dorate stanze del Quirinale si andato con spirito costruttivo, chiedendo una chance di formare un esecutivo di centrodestra e appena fuori abbia invocato ancora urne subito. «O ce la faccio oppure meglio tornare da voi, al voto, mi rifiuto di pensare a un governo col timbro di Bruxelles».

Il vecchio spirito democristiano del capo dello Stato, quello della politica come mediazione e compromesso, inevitabilmente si scontra con gli ultimatum del leader leghista. E molto lo ha innervosito in questi giorni delicati il suo resuscitato antieuropeismo, sempre urlato. L'alternativa al mio governo, diceva, «è uno nominato con un fax da Bruxelles, vale a dire un Monti bis»,«servo» e «telecomandato» dall'Ue, formato da «signor sì a Bruxelles». E annunciava: «Voglio guidare un governo che cominci a dire no alle eurofollie e metta al primo posto l'interesse dell'Italia». Perché il potere europeo, per Salvini, è «l'anticamera di una dittatura che si permette di entrare nel merito delle scelte dei singoli Stati» e «la bozza di bilancio della Commissione Ue va rigettata in toto».

Un florilegio che, anche senza aver ricevuto telefonate minatorie internazionali, rafforza in Mattarella una certezza: il personaggio non è affidabile per i leader europei, come per lui. A Bruxelles potevano accettavano in un'alleanza con Forza Italia, in cui Silvio Berlusconi garantiva il rispetto dei patti Ue e la moderazione sul resto, mentre ora il quadro è ben diverso con una coalizione a trazione leghista e gli azzurri in minoranza. Il tema che sta a cuore a Salvini è l'immigrazione e l'Ue spera in un premier che aiuti a contrastare gli estremismi del Gruppo di Visegrád, non che li condivida, come l'alleata Giorgia Meloni che in campagna elettorale ha incontrato il premier ungherese Orban. Detto questo, Orban fa parte del Ppe come Fi e Salvini no, ma nessuno dei popolari pare abbia avanzato critiche sul leghista. Là il presidente azzurro del Parlamento europeo Antonio Tajani è il vero referente per la politica italiana.

Al Colle sanno bene anche quanto Salvini non piaccia agli americani, che non gli perdonano le posizioni pro-Russia, anche contro le sanzioni, viste come una «sudditanza», ben diversa dal rapporto alla pari tra Putin e il Cavaliere.

Giovedì Mattarella aprirà a Firenze The State of the Union e sarà al centro della politica europea, con il presidente della Commissione Ue Juncker e Tajani.

Anche se nessuno si congratulerà con lui per aver sventato il rischio di un governo Salvini, probabilmente immagina che molti in Europa hanno tirato un respiro di sollievo.

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