Politica

Lo strano asse Pd-Lega per votare in primavera con il maggioritario

Zingaretti punta alle elezioni per liquidare i grillini. Orlando e Giorgetti i due pontieri

Lo strano asse Pd-Lega per votare in primavera con il maggioritario

Allegria di naufraghi. Si sente quando il tempo sta per scadere, poi si può andare avanti per inerzia, ma questo governo non ha più un orizzonte politico. La cena dei ministri è lo specchio della disillusione. Giuseppe Conte aveva chiesto sorrisi e ha ricevuto frasi di circostanza, sguardi strabici, stette di mano fredde e un clima generale da «che ci stiamo a fare qui?». Il governo non solo non ha un progetto, ma non sa neppure cercare una soluzione davanti a tutte le falle che si stanno aprendo. L' Italia non è in recessione.
È in balia degli eventi. Non c' è una soluzione per l' Ilva e neppure per Alitalia. L' inverno è arrivato e Venezia e Matera stanno lì a mostrare come siamo inermi.
Si può fare solo il conto dei danni. La manovra economica sembra scritta da un anonimo algoritmo, perché nessuno tra i partiti di maggioranza se ne vuole assumere la paternità. Le polemiche sul fondo «salva-Stati» fanno capire che in Europa il ruolo che ci riesce meglio è quello dei finti tonti. A questo punto una cosa è certa, l’alchimia tra Pd, Cinque Stelle, renziani e sinistra periferica non ha funzionato. Ognuno sta giocando la sua partita personale. Conte è un bis senza personalità. La sua scommessa di creare un nuovo soggetto politico di larghe alleanze è svaporato in Umbria.

Quel che restava del suo carisma si è dissolto con i sospetti sul suo ruolo di avvocato d’affari in prestito a Palazzo Chigi. L’unico motivo per cui questa legislatura va avanti è per la speranza dei parlamentari di assicurarsi il bonus previdenziale. Renzi non rompe per guadagnare tempo. Italia viva sembra un progetto nato male, ma Matteo continua a sognare il miracolo. Di Maio resiste in attesa che il vento cambi. I suoi uomini lo raccontano però sempre più sconfortato. Girano sondaggi che danno i Cinque Stelle al quattro, cinque per cento in Emilia-Romagna. È per questo che chiedeva di saltare un giro. Rousseau per la prima volta lo ha sfiduciato. Il risultato è che alle elezioni di gennaio i Cinque Stelle presenteranno liste che rischiano di danneggiare più i candidati Dem di quelli leghisti. Il sospetto è che Di Maio si sia fatto bocciare per ottenere quello che voleva. Troppo furbo? Forse, ma i suoi avversari interni lo stanno accusando anche di questo. La realtà è che in tanti cominciano a temere che l’avventura del Movimento sia al capolinea. È il tramonto dei grillini. La domanda a questo punto è: chi staccherà la spina al governo? E quando? La linea del Piave sono le elezioni in Emilia-Romagna. Se Stefano Bonaccini perde e Salvini si prende la regione rossa c’è poco da fare. Il presidente Mattarella non può ignorare un dato politico così importante.

Non basta però neppure una vittoria. Nel Pd da tempo si ragiona sull’utilità di andare avanti con il Conte bis. Zingaretti ha fatto ai suoi questo ragionamento: meglio scommettere sulle elezioni, magari nella tarda primavera, i grillini sono al tramonto e noi possiamo recuperare voti. Zingaretti non pensa di battere la destra, ma di mostrare come il Pd sia l’unica alternativa. La scommessa è che Salvini una volta arrivato a Palazzo Chigi sveli di essere un bluff. È un viaggio nel deserto. Faticoso, ma più salutare al consumarsi senza futuro in un governo senz’anima. È a questo scenario che si lavora sottotraccia. Salvini e Zingaretti sono disponibili ad aprire un tavolo per riscrivere la legge elettorale. Ci stanno lavorando. I pontieri sono Giorgetti e Orlando. Il percorso è lungo. L’accordo potrebbe esserci su una qualche forma dimaggioritario. Al lavoro ci sono però anche i guastatori. I partigiani del non voto. In mano hanno uno strumento potente. Il referendum sulla riforma del numero di parlamentari. È una legge costituzionale e quindi c’è la possibilità di appellarsi ai cittadini. La raccolta firme è in corso a Palazzo Madama. Serve un quinto dei senatori. C’è tempo fino al 12 gennaio. Il referendum è una sorta di pulsante di salvataggio per chi non vuole andare a casa. L’istinto di sopravvivenza dice di spingerlo. Il Pd però si sta rendendo conto che il costo di stare in questo governo sta diventando quasi insostenibile.

Come dice qualcuno ai vertici del partito: non c’è limbo peggiore del Conte bis.

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