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Violenze, insulti e minacce Ecco l'antifascismo «di pace»

Dietro il buonismo alla Boldrini, ci sono le squadracce Dagli slogan alle aggressioni, l'escalation non si ferma

Violenze, insulti e minacce Ecco l'antifascismo «di pace»

«L'antifascismo garantisce Laura Boldrini è una cultura di pace». Noi alla presidente della Camera siamo sempre pronti a credere. Fatti e vicende indicano però realtà assai diverse. A cominciare dai fatti e dalle vicende che hanno per protagonisti gli eredi dei partigiani. Riuniti sotto la sigla dell'Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia), i professionisti dell'antifascismo trasformano regolarmente l'anniversario della Liberazione in una liturgia anti-sionista che da Roma a Milano, costringe la Brigata Ebraica a nascondere le bandiere o disertare le manifestazioni.

Eppure sulle squadracce dell'Anpi - pronte alla violenza persino nell'anniversario del 25 aprile - non spendono una parola né Laura Boldrini, né Antonio Grasso, né i vari Fedeli, Sala, Civati e Rossi che oggi chiedono lo scioglimento dei movimenti fascisti. Lo stesso disinteressato silenzio copre anche le gesta degli anarco-insurrezionalisti. Sempre al fianco di Anpi e centri sociali quando si tratta di menar le mani, gli anarco-insurrezionalisti si sono resi responsabili tra l'altro della bomba davanti alla libreria di Casapound a Firenze costata, a Capodanno 2017, un occhio e una mano all'artificiere della polizia Mario Vece. Ma gli anarco-insurrezionalisti sono solo la propaggine terroristica della violenza propagandata e diffusa capillarmente dai circa 200 centri sociali recensiti in un dossier dell'antiterrorismo del 2017.

Centri sociali che, non a caso, erano alla testa della guerriglia anti Expo del primo maggio 2015 conclusasi con la devastazione del centro di Milano, della marcia antifascista di Piacenza culminata nel pestaggio di un carabiniere e delle varie operazioni squadristiche contro i comizi di Salvini e di Giorgia Meloni. Senza contare le intimidazioni a Giampaolo Pansa, a cui è ormai impossibile presentare un libro, e le minacce ad Angelo Panebianco contestato e minacciato nelle aule dell'Università di Bologna. Ma ad alimentare le violenze di Anpi e centri sociali concorrono anche idee e atteggiamenti degne di un'autentica ideologia dell'orrore. Indimenticabile, al riguardo, la nefasta uscita di Samuele Rago, il presidente dell'Anpi di Savona che lo scorso settembre non si vergognò di giustificare lo stupro e l'eccidio di Giuseppina Ghersi, la sventurata 13enne uccisa dai partigiani il 30 aprile 1945, a guerra finita, per aver parteggiato per i fascisti.

Atteggiamenti e idee che sembrano aver ancora campo libero visto il muro di silenzio costruito intorno alla vicenda della 25enne mantovana vittima, il 12 settembre 2010, di uno stupro di massa all'interno della sede della «Rete Antifascista» di Parma. Violentata dai suoi stessi «compagni» la ragazza fu subito accusata d'infamia per aver denunciato la violenza. E in questo clima d'intimidazione dovette attendere sette lunghi anni per veder condannati Francesco Concari, Francesco Cavalca e Valerio Pucci, i tre «antifascisti» autori dello stupro di gruppo. Sul fronte del razzismo, sempre caro ai vigilantes antifascisti, difficile scordare la proposta di proiettare in una scuola di Biella il film Israele, il cancro chiaramente ispirato all'odio per lo Stato ebraico. Una proposta patrocinata un anno fa dalla sezione dell'Anpi di Biella e denunciata come «fatto gravissimo» dalla presidente delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni.

Ma altrettanto gravi in una democrazia dovrebbero essere gli insulti e gli oltraggi ai martiri della patria. Ad Anpi e centri sociali è invece regolarmente permesso, come durante il recente corteo antifascista di Macerata, d'ingiuriare i martiri delle foibe. Dimenticando, peraltro, i tanti partigiani infoibati per essersi opposti all'annessione di Trieste alla Jugoslavia concordata da Tito e da Palmiro Togliatti. Ma Anpi e centri sociali hanno carta bianca anche nel deridere e insultare martiri e vittime assai più recenti. Lo testimoniano i cori atroci con cui, ancora oggi, giustificano la strage di militari e civili italiani messa a segno da Al Qaida nel novembre 2003 a Nassirya. Lo confermano gli slogan con cui hanno sempre sostenuto la colpevolezza dei due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone dipinti come mercenari e assassini.

Con il tacito consenso di Laura Boldrini e di tante altre vestali dell'antifascismo.

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