Cronaca locale

Atac, la cabina elettrica del deposito resta "ostaggio" dei rom

Dopo il surreale caso del "sequestro" delle chiavi della cabina elettrica della rimessa Atac di via Candoni, i rom si difendono: "Era incustodita e abbiamo messo il lucchetto per sicurezza". Ma per Atac le chiavi sono state sostituite

Atac, la cabina elettrica del deposito resta "ostaggio" dei rom

“Se dovesse scattare la corrente in cabina nel campo adiacente, la chiave è dalla signora Sanella di fronte alla cabina elettrica”. Il testo di questo avviso, affisso sulla bacheca della rimessa Atac della Magliana, è paradossale. Ma per quanto possa sembrare assurdo, la centralina che alimenta il deposito da cui dipende gran parte del trasporto pubblico di Roma sud si trova proprio all’interno del campo nomadi di via Candoni. E per quasi un mese le chiavi del lucchetto sono state nelle mani della signora Sanella, una rom di etnia bosniaca con la roulotte parcheggiata proprio davanti alla centrale (guarda il video).

La questione è venuta fuori all’inizio di novembre, quando un nubifragio ha provocato un blackout all’interno del deposito. Dopo diversi tentativi di ripristinare l’elettricità andati a vuoto, i tecnici hanno allertato le forze dell’ordine. Per risolvere la questione, infatti, era necessario oltrepassare il cancello del campo alla ricerca di Sanella e delle “sue” chiavi. “Ma è possibile che nel 2018 un deposito può essere acceso o spento da una zingara che ha la chiave?”, commenta a posteriori uno dei dipendenti in un audio di denuncia diffuso sui social network. Verrebbe da sorridere. Ma invece siamo a Roma e quindi la risposta è sì. È tutto vero.

“Mia madre ha messo il lucchetto perché abitavamo lì davanti, la porta era sempre aperta e aveva paura che i bambini potessero entrare e rimanere fulminati”, ci spiega Giulia, la figlia della nomade bosniaca autoproclamatasi custode della cabina di proprietà dell’Atac. La stessa versione ce la fornisce Ion Bambalau, il capo dei nomadi di nazionalità romena che abitano nell’accampamento. “Sono venuti questi signori dell’Atac che hanno messo un nuovo lucchetto e ci hanno spiegato che non dobbiamo toccare più niente”, racconta. Ma comunque “la corrente la prendono da questa casetta e devono venire qui per aprire e per far funzionare la luce dentro Atac”, spiega Bambalau.

Il resoconto fatto dai nomadi, però, non coincide con quello di alcuni dipendenti della rimessa, secondo i quali la porta della cabina dell’Acea era bloccata con un lucchetto che sarebbe stato divelto dai rom e sostituito con quello della signora Sanella. E c’è chi, come Marco Palma, consigliere dell’XI Municipio, adombra il sospetto che lo spazio interno della cabina venisse utilizzato dai nomadi come deposito, magari per nascondere i proventi di attività illecite. Secondo l’esponente di Fratelli d’Italia, che sul caso ha presentato un esposto al prefetto, la questione dovrebbe essere “oggetto di un’inchiesta degli organi di Polizia”. “Tutto questo è assurdo”, denuncia.

E che si tratti di una “situazione di pesante criticità” viene confermato anche dai responsabili dell’azienda intervenuti mercoledì durante la commissione speciale Controllo, Garanzia e Trasparenza dell’XI Municipio. La municipalizzata ha avviato un’indagine interna e ha promesso che dopo la sostituzione del lucchetto verranno ultimati anche “i lavori per l’istallazione delle telecamere e del cancello nel parcheggio”. Ma “un lucchetto non fa primavera”, commenta il consigliere. “Una cabina elettrica così strategica non può stare all’interno del campo ma deve essere ricollocata nei confini del deposito Atac – attacca – altrimenti la situazione dello scorso due novembre rischia di riproporsi”. “La sicurezza del deposito è a rischio”, avverte l’esponente del partito di Giorgia Meloni.

“Non a caso – prosegue – il lato del piazzale che confina con il campo è vuoto, perché le vetture parcheggiate da quella parte sono oggetto di atti vandalici, lanci di oggetti e furti”. Non solo. Il campo rom e la rimessa sono raggiungibili da un’unica strada che si è praticamente trasformata in una discarica en plein air. “Questo significa che in caso di incendio di questi rifiuti gran parte del trasporto pubblico di Roma sud si bloccherebbe”, commenta Palma. Insomma, tra sassaiole, furti, aggressioni agli autisti e appropriazioni indebite, la convivenza tra il deposito Atac della Magliana e il campo nomadi di via Candoni è sempre più difficile. Tanto che qualche mese fa è stato necessario un intervento del Comune per rimuovere decine di baracche sorte abusivamente lungo il perimetro del deposito e abitate da rom di nazionalità bosniaca. “Da lì i bambini lanciavano di tutto – ci spiega Bambalau – per questo le hanno sgomberate”.

Troppo poco, evidentemente, per scongiurare il verificarsi di episodi spiacevoli.

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