Carabiniere ucciso

"Il carabiniere non poteva sparare agli americani in fuga"

La conferenza stampa sulla morte del carabiniere. Ecco la ricostruzione dei fatti. Il pm: "Indagini sulla foto del bendato"

"Il carabiniere non poteva sparare agli americani in fuga"

Nessun interrogratorio illegale e "disappunto" su ombre e misteri. Sono questi i pilastri della conferenza stampa dell'Arma sulla morte del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. "Era un servitore dello Stato caduto nell'adempimento del dovere - ha detto il procuratore vicario Michele Prestipino - Un dovere duro ma essenziale e determinante per garantire l'esistenza dello Stato e assicurare il rispetto della legge sempre e comunque".

L'intervento

Sull'omicidio "ci sono ancora aspetti da chiarire" (leggi qui l'ordinanza del Gip). Ma sull'operazione antidroga dei due carabinieri, il comandante provinciale dei carabinieri di Roma, Francesco Gargaro, ha assicurato che "c'erano quattro pattuglie che non dovevano essere visibili per pregiudicare esito operazione". Si tratta di interventi che l'Arma fa spesso. "Non si aspettavano che il ragazzo avesse un coltello né che potesse aggredirli dopo essersi qualificati". Inoltre, Cerciello aveva risposto ad un servizio comandato e non era "scoperto". "Nel quartiere Trastevere operiamo sempre sia con servizi in borghese sia in divisa, ed è questo il contesto in cui abbiamo operato. Interventi di questo tipo li facciamo ogni giorno - ha detto il generale - Per questa situazione esprimo il disappunto mio e di tutti i carabinieri per le ombre e i misteri sollevati".

L'arma

Per quanto riguarda il coltello che ha ucciso Cerciello, si tratta di un modello utilizzato dai marines americani. A portarlo in Italia, rivela l'Arma in conferenza stampa, è stato lo stesso Elder. Nel corpo a corpo la lama ha trafitto Rega per undici volte, "alcune delle quali hanno colpito fino alla base. È stato trapassato lo stomaco, il colon, l'intestino". Elder, secondo il procuratore aggiunto D'Elia, avrebbe agito con così tanta violenza per paura. Paura che sarebbe alla base anche del motivo per cui ha deciso di portare l'arma all'appuntamento che pensava fosse con uno spacciatore. Tuttavia, ha ammesso di non aver visto alcuna pistola in mano a Rega, che peraltro non l'aveva. "Gli abbiamo chiesto se aveva visto se il vicebrigadiere fosse armato o no - ha detto D'Elia - E lui ha ammesso di non aver visto alcuna arma e neanche che il militare avesse cercato di prenderla. Lui non ha dato spiegazione del fatto che avesse portato il coltello dagli Usa, ma ha precisato che lo ha portato all'incontro perchè temeva che gli potesse succedere qualcosa".

Le pistole

Molto si è detto del servizio in borghese dei due militari. Era tutto ben organizzato? Avevano la pistola? Rega non la aveva, perché "dimenticata" nel suo armadietto (aveva, invece, le manette). Mentre Varriale aveva l'arma con sé, ma non ha potuto utilizzarla. "I due carabinieri intervenuti, Rega e Varriale, non hanno avuto il tempo di tirare fuori le pistole. Aggressione è stata rapida", ha spiegato Gargaro. "Varriale inoltre non avrebbe potuto tirarla fuori dopo, perchè il soggetto era già in fuga e in quel caso sarebbe stato lui ad avere conseguenze e sarebbe stato indagato per un reato grave". E comunque, non avrebbe potuto neppure sparare in aria visto che "non c'è una procedura prevista". Inoltre, ha tenuto a precisare l'Arma, quel tipo di intervento era "normale routine" e di certo i due militari non si aspettavano di trovarsi di fronte ad una simile reazione. Tanto che quando Rega viene colpito e urla di dolore, Varriale finisce sotto choc. Prova a salvare il collega, dando precedenza alla vita di Cerciello che alla cattura dei due aggressori.

La caccia ai magrebini

A spiegare perché nelle prime ore sia circolata la notizia di una caccia ad alcuni magrebini è lo stesso generale Gargaro: l'indicazione "c'è stata data subito dopo il fatto da Sergio Brugiatelli". "Lo ha detto perché aveva timore di svelare che conosceva gli autori dell'omicidio. Non voleva essere associato al fatto", ha aggiunto.

Il caso della bendatura

Anche nell'indagine che riguarda la vicenda della foto che mostra bendato in caserma uno dei due giovani americani la procura assicura "massimo rigore". "Uno degli indagati è stato ritratto mentre si trovava seduto, ammanettato e bendato, e questo fatto è stato oggetto di tempestiva segnalazione da parte della stessa Arma dei carabinieri, i cui vertici hanno definito tale fatto grave e inaccettabile - ha detto il procuratore capo facente funzione Michele Prestipino - La Procura ha avviato le indagini necessarie per accertare quanto accaduto e definire le responsabilità. La Procura di Roma procederà a questi accertamenti senza pregiudizi e con la determinazione e il rigore dimostrati in analoghe vicende e situazioni". Di certo, però, agli arrestati sono state assicurate tutte le "garanzie difensive, la presenza dei difensori e degli interpreti. Gli interrogatori sono stati registrati". Inoltre, "Natale Hjorth non ci ha detto nulla in sede di interrogatorio del fatto che fosse stato bendato prima di essere sentito da noi magistrati".

L'interrogatorio

"Non abbiamo fatto accertamenti tecnici, ma certamente i ragazzi erano abbastanza provati. Probabilmente avevano fatto uso di droga, alcol oppure di entrambi. Finnigan aveva preso dei farmaci e ci ha raccontato di aver bevuto shottini e birra", ha detto D'Elia, procuratore aggiunto alla Procura di Roma, esponendo i dettagli relativi all'interrogatorio dei due cittadini americani. Secondo D'Elia, la testimonianza resa dagli indiziati nelle ore successive è stata comunque "lucida, lunga e con dettagli". Il colloquio tra l'avvocato e Natale Hjorth è avvenuto invece prima di essere sentito dai magistrati. "L'avvocato voleva capire se Hjort avesse intenzione di fare dichiarazioni e così è stato - ha spiegato D'Elia - Noi magistrati abbiamo consentito che i due si parlassero prima e da soli. Abbiamo dato anche la possibilità a Hjorth e a Elder Finnegan Lee di dare la loro versione dei fatti che poteva essere anche diversa l'una dall'altra. C'erano i loro avvocati ed era presente anche l'interprete".

La commozione di Finnegan

"Quando gli abbiamo detto che un carabiniere era rimasto ucciso, Natale Hjorth ha chiesto più volte conferma di ciò, 'ma è proprio morto?, è morto davvero?'", ha rivelato D'Elia.

Mentre Finnegan avrebbe versato alcune lacrime una volta scoperto il decesso del militare.

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