Dopo 8 mesi c’è finalmente un governo a Bagdad Coalizione al potere, lo sciita al-Maliki resta premier

Bagdad A otto mesi dalle elezioni politiche dello scorso marzo l’Irak sembra finalmente riuscito a darsi un governo. Si tratterà di un esecutivo di coalizione, frutto di un accordo di spartizione del potere tra i principali partiti del Paese.
Al centro dell’accordo che ha spezzato l’impasse c’è la conferma del leader sciita Nouri al-Maliki nel ruolo di premier. A sostenerlo in Parlamento ci sarà però, in una sorta di Grande coalizione di scuola tedesca, anche il blocco Iraqiya del suo grande rivale ed ex premier Iyad Allawi, che ha un elettorato e posizioni politiche più laiche, spaziando sia nella comunità sciita che in quella sunnita dell’Irak.
In virtù dell’accordo raggiunto, inoltre, il leader dei curdi Jalal Talabani verrà confermato nel ruolo di presidente della Repubblica, mentre Iraqiya potrà indicare un proprio candidato per la presidenza del Parlamento.
La notizia farà piacere al presidente americano Barack Obama che proprio ieri, durante la sua visita a Mumbai, in India, si era lamentato del fatto che «la formazione del nuovo governo dell’Irak sta richiedendo troppo tempo» parlando poi di «frustrazione per noi e per il popolo iracheno».
Che si fosse vicini ad una svolta era apparso chiaro mercoledì scorso, quando il presidente ad interim del Parlamento, Fuad Massum, aveva convocato per oggi i 325 deputati per eleggere, finalmente, il presidente dell’assemblea, primo passo costituzionale per procedere poi con l’elezione del presidente della Repubblica e quindi con quella del primo ministro. Due giorni dopo la sessione èstata nuovamente rinviata, ma solo fino all’11, giovedì prossimo.
Le elezioni del 7 marzo non hanno indicato un chiaro vincitore. La prima sessione è stata quindi aggiornata a tempo indeterminato.

Da allora al-Maliki, che è stato sconfitto di misura da Allawi, ha dato vita ad intense trattative e di recente sembrava essere riuscito ad ottenere accordi politici con la formazione sciita che fa riferimento al leader radicale Moqtada Sadr. Il che aveva fatto temere in Occidente che a Bagdad si formasse un governo molto vicino alle posizioni di Teheran.

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