Nyon - Indifferente a quanti sostengono che è un sistema per stravolgere il modo di vivere del calcio, Michel Platini continua la campagna contro le società in rosso. «Chi sbaglia, paga. Il fair play finanziario è un progetto complesso ma di vitale importanza per il futuro del calcio. Non si torna indietro», assicura il presidente della Uefa. L’applicazione, graduale, sarà completata entro tre anni. L'elemento principale del regolamento, il requisito di «pareggio», interesserà i bilanci finanziari nella dichiarazione di fine 2012, da valutarsi durante la stagione 2013-14 delle competizioni per club, mentre l’anno successivo potranno essere comminate le prime sanzioni nei confronti di club inadempienti. In base al requisito di pareggio, i club non possono spendere più di quanto guadagnano. «Tifosi e appassionati di non hanno alcun interesse nel vedere scomparire club che fanno parte del patrimonio calcistico europeo a seguito di gestioni dissennate. Occorreva l'intervento di un’autorità, ed è quello che stiamo facendo», aggiunge Platini.
Così, su un periodo di tre anni i club non dovranno accusare un deficit (cumulato) superiore a 5 milioni di euro. Questa cifra potrà toccare i 45 milioni (in un primo tempo, ma dal 2018 non si potranno superare i 30 milioni) solo in caso di versamento (effettivo, non una promessa) da parte di azionisti o mecenati. Una donazione, insomma, non un prestito. Inoltre, non vi dovranno essere arretrati sugli stipendi, sui contributi sociali ai giocatori e agli impiegati dei club così come nel versamento delle somme per i trasferimenti. Dal computo finanziario sono esclusi gli investimenti a lungo termine, ossia quelli per le infrastrutture o l’acquisto o la costruzione di uno stadio di proprietà, nonché gli investimenti nel settore giovanile.
A dimostrazione della gravità della situazione, l’Uefa ha presentato un rapporto sulla stagione 2008-09. Di 733 club che militano in Serie A nelle 53 federazioni europee, il 56% ha chiuso l’esercizio di quell’anno in rosso. I ricavi sono stati 11,7 miliardi di euro, le spese 12,9 miliardi per una perdita quindi di 1,2 miliardi di euro. Niente elenco dei club «immorali», però. Sarebbe prematuro e politicamente inopportuno mentre si stanno ancora discutendo diritti tv e sponsorizzazioni.
«Questo regolamento - spiega Platini - non è stato creato contro le società, ma per aiutarle ad uscire da una spirale infernale e programmare il loro futuro. Quando lascerò l’Uefa, se un giorno la lascio, voglio che i club siano in migliore salute finanziaria di quando sono arrivato». Già, se un giorno lascerà l’Uefa. Platini è l'unico candidato alla presidenza Uefa 2011-2015 (elezioni a marzo), ma probabilmente è anche l’unico candidato in grado di insidiare Blatter alla presidenza della Fifa alla scadenza del prossimo mandato (elezioni nel giugno 2015). E magari da presidente Fifa presentarsi ai mondiali 2022 in Qatar, per i quali ha anche un’idea: disputare i campionati nazionali d’estate (da febbraio-marzo fino a novembre) per non giocare i mondiali a temperature proibitive. «Secondo me bisogna riflettere sul calendario internazionale e forse modificarlo. Il calendario è la base di tutto. In Qatar si può andare in campo a gennaio, a giugno si sta in albergo», il suo pensiero.
Infine un pensiero al Pallone d’oro della Fifa, che non gli è piaciuto («Meglio Xavi e Del Bosque di Messi e Mourinho) tanto da fargli rimpiangere la vecchia formula e annunciare che «dalla prossima stagione la Uefa assegnerà un premio al miglior calciatiore europeo».
GN
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