Ieri, all’improvviso, si sono alzati nuovi polveroni sul futuro di Alitalia. Tutto è stato innescato dall’amministratore delegato Rocco Sabelli, il quale in un’intervista rilasciata per il nuovo libro di Bruno Vespa, indica come prospettiva per la compagnia l’ingresso nell’universo di Air France,già ora primo azionista con il 25%. Si parla del 2013, anno nel quale scadrà la clausola di lock-up e gli azionisti saranno liberi di vendere le proprie quote. «La mia opinione personale, che trasformerò in una raccomandazione agli azionisti - ha detto Sabelli - è di costruire un “merger” tra le due compagnie per confluire in un aggregato più grande». Immediatamente si sono accese le polemiche. Il pensiero di Silvio Berlusconi, espresso nello stesso libro di Vespa, è che «Alitalia deve rimanere italiana», mentre il presidente Roberto Colaninno ha detto, cadendo un po’ dalle nuvole, che il pensiero di Sabelli «certamente non è condiviso dagli azionisti di Alitalia ». Un ulteriore segno dei contrasti tra i due, dei quali è l’ad,più del presidente,ad avere esatta coscienza dei conti e dell’andamento delle gestione, al di là dei più rosei comunicati ufficiali. La frase «costruire un merger »può suonare un po’ sibillina. Spiega Sabelli: «L’azionariato che controlla Air France è per il 14% in mano al governo francese e per il 12% in mano al personale. Non è detto che i nostri soci non possano avere una partecipazione sull’aggregato, se non superiore a quella del primo azionista, almeno del secondo, in modo da mantenere a un livello rilevante il peso della proprietà italiana». Quindi, un’operazione carta contro carta, che porti gli azionisti italiani a entrare nella holding Air France-Klm - proprio come anticipato alcune settimane fa su queste colonne - ; se questi avessero l’accortezza di unirsi in una newco, e di non disperdersi, il peso italiano potrebbe essere significativo. Anche le banche coinvolte sembra la pensino così. In effetti, al di là delle dichiarazioni polemiche di ieri, numerose e vaporose, gli interrogativi da porsi sono sostanzialmente due: 1. Air France è davvero intenzionata a comprare Alitalia o si stanno facendo i conti senza l’oste? 2. Alitalia potrebbe davvero restare autonoma dopo il 2013? Quanto ad Air France, essa ha già ottenuto da Alitalia quello che le serviva, influenzandone l’approccio al mercato e la politica delle alleanze; oggi sta attraversando un momento non brillante, sebbene sostenuto con la forza delle dimensioni e, rispetto a due anni fa, ha una guida diversa da quella di Jean Ciryl Spinetta, uno dei manager del trasporto aereo più stimati degli ultimi vent’anni, uomo di grandi visioni; il suo successore, Pierre-Henri Gourgeon, la vicenda Alitalia l’ha praticamente ereditata e la vive con un atteggiamento più distaccato e pragmatico. Se la confluenza nella galassia Air France ci sarà, non è detto che le condizioni siano quelle sperate dagli azionisti italiani. Quanto all’autonomia futura di Alitalia, per gli esperti è ritenuta del tutto improbabile, e le dichiarazioni di Sabelli la persona che in assoluto ha più titolo a esprimersi - non fanno che confermare questa tesi.Nell’arco di tempo che separa dalla caduta del lock-up, e cioè da qui al 2013, potrà anche rendersi necessario un aumento di capitale perchè, secondo chi ha accesso alle informazioni che Alitalia non ha obbligo di divulgare, la gestione si sorregge anche assottigliando la cassa. Ma è da escludere che gli imprenditori azionisti di Cai metterebbero volentieri mano al portafogli per un business che non è nelle corde e nell’esperienza di nessuno di loro (con l’eccezione di Carlo Toto).
Uno a caso: Salvatore Ligresti, che oggi è drammaticamente impegnato a fronteggiare la crisi del suo gruppo, quanto si sarà pentito di aver bloccato in Cai-Alitalia, per una quota del 4,43%, 50 milioni di euro attraverso Fonsai?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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