Alonso 2, la vendetta (contro la McLaren)

Primo giorno ufficiale alla Renault: «Il mondiale è un sogno possibile. E vorrei sfidare la Ferrari: è più simpatica di altri...»

nostro inviato a Parigi

Il maestro Flavio Briatore ha il suo bel da fare con i due ragazzi. C’è quello più grande e più bravo a scuola che davanti alla lavagna, diavolo, quante soddisfazioni ha saputo regalargli; e c’è quello giovane, appena giunto in classe, che sa di essere bravino e che ha tanta voglia di bruciare i tempi. Se non fosse Briatore, la situazione in classe potrebbe già sfuggirgli di mano. Perché il ragazzo grande si chiama Fernando Alonso e non le manda a dire, e perché il ragazzo piccolo fa di nome Nelson Piquet junior ed è un figlio di papà che ha dovuto fare a pugni con il cognome celebre per dimostrare di valere. Per cui, a 22 anni, ha molta fretta.
Sarà per questo che il lungo giorno della Renault F1 a Parigi finisce con una doppia certezza. La prima: il team due volte campione del mondo, nel 2005 e 2006, ha voglia di dimenticare in fretta la disastrosa stagione passata; la seconda: Alonso si ritrova in squadra un altro Hamilton e solo l’alta diplomazia di Briatore potrà disinnescare sul nascere qualsiasi animosità interna. Intanto, patron e pilota si caricano a vicenda: «Fernando l’ho trovato molto cresciuto rispetto all’ultimo campionato con noi – dice Briatore -, è più responsabile e più maturo. È un ragazzo che dalla macchina sa tirare fuori sempre il 100%... Diciamo – scherza - che l’avevo solo dato in prestito un anno alla McLaren con diritto di riscatto, ed eccolo di nuovo qui. E poi avete visto: adesso è tornato a sorridere, non ha più nulla a che vedere con quello dello scorso anno». Tutto molto bello – gli fanno notare -, ma Alonso ha ribadito che, se la nuova R28 non fosse vincente, a fine anno potrebbe comunque lasciare. «Vero, ma vero anche che aveva un contratto blindato di tre anni con Ron Dennis ed è tornato qui» perché tutto può cambiare, tutto può succedere in F1. «Io però ho un solo obiettivo: tornare ad essere un team protagonista; mi basterebbe ad ogni gara avere il 50% di possibilità di andare a podio, perché ora abbiamo un pilota che sa vincere».
Dunque, benché non lo si dica mai apertamente, l’obbiettivo è uno e uno soltanto: lottare per il titolo. Non a caso, la battuta più bella la regalerà più tardi proprio Alonso, quando verrà posto di fronte al quesito supremo: ultima gara, si sta giocando il mondiale, preferirebbe duellare contro la Rossa o contro il suo ex team? «Contro la Ferrari, perché se non dovessi riuscirci, se dovessi perdere, se non altro vincerebbero loro che mi sono simpatici. Nell’altro caso no, sarebbe troppo triste vedere trionfare la McLaren». Pensateci: sarebbe la fotocopia dello scorso ottobre a San Paolo, quando trionfò Raikkonen proprio a scapito suo e, soprattutto di Hamilton: i sorrisi di Fernando sul podio non erano solo un’impressione. Infatti ora ribadisce: «Kimi? È il pilota che preferisco, è una brava persona, che parla poco e non si lamenta mai».
Tutto questo per dire che le ferite riportate nel tormentato 2007 alla corte di Ron Dennis sono tutt’altro che rimarginate. Dice ancora: «La passata stagione mi ha insegnato molto, è stato un anno complicato, dove con certe persone le difficoltà sono diventate davvero grandi. Già a luglio avevo capito che l’aria non era buona. Per cui, oggi, sono qui e sono molto cresciuto, sia come uomo che come pilota. Mi chiedete di Hamilton? Non rispondo, non voglio perché poi scrivereste di questa persona che ora non ha più importanza per me...

Scrivete invece che io e Briatore assieme siamo una coppia di successo, perché, dunque, non pensare di fare un grande anno? Siamo a un secondo da Ferrari e McLaren, ma ho appena iniziato, ho solo fatto quattro giorni di test di rodaggio, senza mai provare nuove soluzioni e davanti ho un mese e mezzo. Voglio arrivare al primo Gp con tre decimi di distacco dai più forti. A quel punto il resto lo metterò io». Promesso.

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