Gli americani non lo scelsero neanche come vice. Passò più di 30 anni da pensionato

Quella di Gerald Ford è stata la presidenza più irrilevante del Novecento americano. Gli Usa lo ricordano essenzialmente per una cosa: l'essere il primo e l'unico uomo diventato presidente senza mai essere stato eletto. Perché lui arrivò alla Casa Bianca dopo le dimissioni di Richard Nixon a seguito dello scandalo Watergate, ma senza neppure essere stato eletto vicepresidente: a fare il secondo alla Casa Bianca infatti era arrivato per chiamata di Nixon, dopo che il suo vice, Spiro Agnew, s'era dimesso per una storia di bustarelle.
Ford era un oscuro deputato del Michigan. Si ritrovò presidente e non seppe mai gestire la cosa. Governò per quasi 900 giorni e non incise sulle vicende né di politica interna né internazionale. Di fatto l'unica vera cosa degna di nota fu la grazia concessa al suo predecessore Nixon. Per il resto gestì il ritiro dei militari americani dal Vietnam (deciso da Nixon). Umanamente e personalmente è stato un presidente simpatico a gran parte della popolazione. Inetto per molti, ma degno di rispetto per le caratteristiche salienti della sua personalità: era un signore sobrio, misurato, attento, uno che non alzava la voce e raramente litigava. Piaceva anche il suo portamento: era alto, diritto, atletico, cordiale e dalla pacca facile sulle spalle. Un americano medio, uno di cui fidarsi, tipo un poliziotto, un pompiere, un ranger. Uno di provincia arrivato nella metropoli con i principi della campagna. Piaceva il suo essere sportivo: era stato un discreto giocatore di football nel team dell'Università del Michigan che, per aiutarsi a pagare gli studi, aveva fatto l'istruttore di pugilato. «Insomma, il tipo di persona nella cui formazione giovanile conta di più l'allenatore che non un filosofo», ha scritto una volta su questo Giornale Alberto Pasolini Zanelli.
All'America che imparò a conoscerlo quando giurò sulla Bibbia da presidente, interessava più la sua storia privata che la sua strategia politica: aveva avuto un'infanzia difficile, con un padre che picchiava troppo spesso la madre e che per questo fu lasciato dalla moglie. Quando lei si rifece una vita, Jerry fu educato da un papà adottivo non violento ma severo. Repubblicano fino al midollo, si diceva di lui. Mai stato interprete particolarmente brillante dei principi politici del Gran Old Party, conservatore però lo era davvero. Fu così che alle primarie del 1976 sconfisse un tipo infinitamente più brillante, ma forse troppo «rottamatore» per quell'epoca: Ronald Reagan. I detrattori di Ford dicono che proprio quella battaglia testimonia la debolezza di Jerry: da presidente uscente fu costretto a battere un rivale interno pur di ottenere la nomination (e l'addio di Reagan arrivò solo alla convention). I suoi (pochi) fan, invece, sostengono l'opposto: battere un futuro campione come Reagan dimostra che Ford era niente male e che la storia l'ha sconfitto troppo in fretta. La verità però è un'altra: a sconfiggerlo alle presidenziali fu Jimmy Carter.

Ecco: essere battuti da quello che diventerà il peggior presidente Usa non depone a favore di Ford. Ma accadde, e Jerry sparì. Mai più un discorso politicamente rilevante dopo l'addio alla Casa Bianca: fece più di trent'anni da vero pensionato.

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