Anche con le nuove leggi al medico l'ultima decisione

Non se ne verrà mai a capo, anche perché i pareri sono discordanti e i punti di vista molteplici. Meglio i farmaci “di marca” o quelli generici? Se cercate conforto sui siti specializzati resterete spiazzati perché abbondano pro e contro, tutti (più o meno) scientificamente sostenuti e argomentati.
Se ne parla nuovamente perché i farmaci equivalenti o generici sono ritornati prepotentemente al centro del dibattito, lo scorso agosto, per effetto della «spending review» che ha investito, tra l'altro, anche il settore della salute.
Cosa ha introdotto la nuova legge? Al lato pratico, dal 16 agosto, quando andate a farvi visitare, il vostro medico dovrà indicare nella ricetta «rossa» non più, come si faceva una volta, il nome commerciale della medicina ma, in linea generale, il principio attivo del farmaco prescritto.
Al medico curante è lasciata però, in determinati casi, la possibilità, specie con malati cronici che da anni proseguono con successo la medesima cura, di esplicitare il nome preciso del farmaco. In tal caso, sarà possibile indicare la marca, con l'obbligo, però, di aggiungere sulla ricetta rossa anche l'iscrizione «non sostituibile m.c.», ovvero per motivi clinici.
In sostanza, quando il mutuato si presenta in farmacia con la sua bella ricetta indicante un principio attivo, potrà optare per il meno caro, purché equivalente, o decidere liberamente per quello di marca pagandone la differenza. Di fronte a una ricetta del medico con la clausola di non sostituibilità il farmacista deve, però, attenersi obbligatoriamente al nome del medicinale prescritto.
Davanti a questa novità, i cittadini, almeno leggendo alcuni sondaggi molto recenti, si muovono ancora con circospezione. Certo, un risparmio che possa raggiungere il 30 per cento annuo sulla spesa per i medicinali, soprattutto in periodo di crisi, è una interessante prospettiva per il paziente. Anche se sono tanti, soprattutto tra gli anziani, gli abitudinari affezionati alla scatola del loro farmaco quotidiano (e al colore delle loro pastiglie) che preferiscono non cambiare, a costo di pagare qualche euro in più.
E sull'efficacia e sulla sicurezza dei generici, la querelle si intensifica. La gente è infatti convinta che se un farmaco costa meno di un altro (20 per cento come minimo) vuol dire che è anche meno efficace. Ma sul sito della Fondazione Veronesi (www.fondazioneveronesi.it) viene data la spiegazione: «Il farmaco equivalente non deve più ammortizzare le spese di ricerca (che sono già state ammortizzate durante il periodo di copertura brevettuale).
Per commercializzarlo non ci sono spese di promozione perché la molecola è già ampiamente conosciuta da anni. Pertanto il prezzo di un equivalente può essere molto più basso del prezzo che aveva la specialità di marca, quando il principio attivo era ancora coperto da brevetto.


Plausi e polemiche sono sempre, come si vede, all'ordine del giorno. E all'estero? Nel Regno Unito, per esempio, da sempre esiste la possibilità di prescrivere la molecola. In alcuni Paesi europei, poi, i farmaci equivalenti sono addirittura quattro volte più diffusi che in Italia

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