Archeologia industriale in mostra E la fabbrica diventa monumento

Archeologia industriale in mostra E la fabbrica diventa monumento

Al Museo-teatro della Commenda di Pré si può visitare la mostra di Archeologia industriale fino a venerdì 4 febbraio (h.10/17, domenica chiusura alle 19). Sui pannelli sono presentate una quindicina di tesi di laurea. S'inizia con la «Fonderia Balleydier», la prima impianta a Genova nel 1852, poi con «I Rolla e la nascita dell'industria cotoniera nel Ponente genovese». Emoziona rivedere la «Guidovia della Guardia» (1929) che era «a corda» come quella di Superga riaperta di recente. «Mulini di Nervi e la Colonna infame» di Marina Larcher racconta di una lite per l'acqua quando Nervi, Comune autonomo, aveva autosufficienza grazie ai mulini. Il proprietario del Bacicotto, contro il sindaco che gli deviò per affari privati la fonte Ciurli, innalzò un pilastro ancora esistente: la «Colonna infame» con feroci scritte.
Una stanza presenta «indagini» di Daniele Campi Martucci, laureato in Economia ma appassionato di «esplorazioni urbane», senza però limitarsi a cercare e fotografare un sito, ritenendo indispensabile la sua storia. Parlano in questo senso «Siderurgia a Cornigliano» e «a Sampierdarena», «Tessitura di Valle Stura», «Stoppani: cronaca di una disastro ambientale», «Rifugi antiaerei di Coronata».
Esposti due reperti del MAG (uno stimolo a visitare appunto il Museo Acqua e Gas alle Gavette). Nel convegno introduttivo di sabato è stata anche presentata una tesi divenuta libro (Erga edizioni) con promozione della Fondazione AMGA: «L'epopea del gas» (Genova 1838-1972). Dal gas illuminante al metano, di Michele Pittaluga e Manuela Signorelli.
Mostra e Convegno nazionale sono stati organizzati da Italia Nostra e dal MuMa. Per l'Associazione ha guidato il gruppo di lavoro Gianna Rivanera e l'architetto Andrea Bignone ha allestito la Mostra con testimonianze visive del lavoro di salvaguardia: Funicolare di Sant'Anna, fabbriche dismesse e attrezzature portuali. Ora Italia Nostra si batte perché le ex Fonderie di Multedo non diventino ennesimo supermercato.
Maria Paola Profumo, presidente del MuMa, al cui circuito appartiene il Museo-teatro della Commenda, ha ricordato che dopo la ristrutturazione del Galata, restano da sistemare le attrezzature della vecchia Darsena, gru, argani che fanno parte dell'Archeologia industriale portuale.
Sul concetto del poco spazio finora dato a questa disciplina, salvo clamorose eccezioni come nel caso della Ruhr, è ritornata Giovanna Rosso Del Brenno, docente di Archeologia industriale presso la Facoltà di Lettere. Per la storia ha ricordato che nacque a metà del Novecento dopo il declino di grandi fabbriche e complessi industriali urbani con conseguente degrado, ma ha messo anche in risalto quanto grande sia oggi l'interesse dei giovani: «Una cinquantina le tesi del mio corso, di cui venti riguardano Genova industriale, fiorente da metà Ottocento a metà Novecento, però anche la città che ha più demolito. Tra i ragazzi si stanno anche affermando a livello mondiale, gli Esploratori urbani, per fotografare i siti e confrontarsi nei blog».
Sara De Maestri, coordinatrice regionale AIPAI (Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale), docente di Progettazione Architettonica Sostenibile e guida di un Laboratorio ad Ingegneria, oltre alla necessità di studio e ricerca sottolinea il «riuso compatibile». Nel suo corso ha identificato oltre ai siti industriali, altri militari civili paesaggistici. Anche con lei tante tesi e progetti. Tra questi la grande pista ciclopedonale da Ospedaletti a S. Stefano, che vede, lungo il percorso, il recupero di stazioni dismesse. Per approfondire indica il sito www.archin.unige.it e collegamenti con Architettura moderna. Del corso di Design si sono proiettati progetti sul patrimonio archeologico portuale (pubblicati da Elena Rosa e Gianluca Grigatti).


Concetti del Convegno su cui riflettere? Renato Covino, presidente AIPAI: «L’Archeologia industriale è tecnica di ricerca collegata alla patrimonializzazione; se una comunità non ritiene importante un bene questo si perde». Marco Parini: «Ricuperare significa non sprecare altro territorio cosa fondamentale in un Paese piccolo come l'Italia».

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