«Asili a tempo e meno tasse ai nonni per sostenere le famiglie milanesi»

Letizia Moratti presenta il suo manifesto per tutelare la «cellula base» della società

nostro inviato a Firenze
«Dico e coppie di fatto? I diritti dei singoli sono già sufficientemente tutelati dalle leggi e dai codici. La politica cominci a pensare alla famiglia. Con una rivoluzione culturale, considerandola non più consumatrice passiva di servizi, ma come soggetto attivo di proposte innovative». Il sindaco Letizia Moratti sceglie Firenze e la Conferenza nazionale della famiglia per presentare il suo manifesto. Un programma dettagliato degli interventi già in atto o in progetto a Milano per tutelare un’istituzione posta a base della «rinascita dello Stato». Asili nido a tempo per venire incontro agli orari di lavoro delle mamme, sgravi fiscali per i nonni che accudiscono i nipotini. E poi i buoni bebè che da settembre aiuteranno almeno 2mila mamme rimaste a casa dopo il parto, inserimento al lavoro, sostegno alla natalità, politiche tariffarie e fiscali che tengano conto della composizione dei nuclei familiari, un servizio di baby sitter finanziato dal Comune, custodi sociali nei caseggiati di edilizia popolare, sentinelle contro il disagio di anziani e famiglie con problemi, programmi di edilizia residenziale, buoni sociali e voucher per persone in difficoltà. Con lei l’assessore Mariolina Moioli che chiede al governo sostegno economico per la famiglia tradizionale e intanto promette a Milano l’azzeramento delle liste d’attesa nei nidi e una politica di sostegno per anziani e bisognosi. Progetti che, racconta la Moratti al termine del colloquio con il ministro Rosy Bindi, potrebbero essere approvati come «pilota» dal governo. Disposto anche a finanziarli con fondi specifici.
A convegno a Firenze, dopo l’appello all’unità di laici e cattolici del capo dello Stato Giorgio Napolitano, una sfilata di ministri, specialisti e tecnici del settore. Tutti al capezzale della famiglia, la grande malata dei nostri giorni in un Paese in cui il tasso di natalità e quello dei giovani che abbandonano la casa dei genitori sono ormai ai minimi storici. A metà degli anni Sessanta in Italia nasceva un milione di bimbi all’anno, ora (compresi quelli degli stranieri) siamo a poco più di 500mila. Oggi, tra i giovani fra i 30 e 34 anni, il 36 per cento dei maschi al Nord e il 43 per cento al Sud vive ancora con papà e mamma. I motivi? Culturali, ma soprattutto economici, spiega nella sua documentatissima relazione fiorentina il professor Alessandro Rosina. «Nella fascia tra i 25 e i 30 anni - spiega - hanno un lavoro tre persone su quattro negli altri grandi Paesi europei, mentre ci si ferma a poco più dei due terzi in Italia». Senza contare che ormai, per questioni anagrafiche, «l’Italia ha finora scarsamente investito sui giovani (e quindi anche sul proprio futuro) e il crescente invecchiamento è destinato ad assorbire risorse (per previdenza e salute pubblica) all’interno di una spesa sociale già eccessivamente sbilanciata a favore delle generazioni più anziane».
«Per questo - spiega la Moratti nella relazione - la famiglia deve riprendere un ruolo centrale nel dibattito politico e culturale in atto nel Paese, dopo essere stata considerata per troppo tempo come un “fatto privato”, rilevante solo per coloro che ne fanno parte». E Milano si candida a diventare un modello. «Le politiche sulla famiglia vanno riprogettate. Non si possono imporre dall’alto, bisogna ascoltare la rete delle associazioni». Basta, dunque, servizi standard.

Ad ognuno secondo le proprie esigenze, magari sfruttando quella rete di associazioni che servizi personalizzati sono già in grado di offrirli. «Per esempio - ricorda - sono già 90mila le famiglie che, dopo averne avuto la possibilità, hanno scelto la scuola privata».

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