Auto Urge disintossicarsi dai «coca-bonus»

Forse le associazioni che rappresentano i costruttori di automobili e anche coloro che le vendono, i concessionari, non hanno ancora capito una cosa ormai divenuta lampante a tutti: gli incentivi, sulla falsariga di quelli scaduti all’inizio dell’anno, sono finiti. Capitolo chiuso, basta, fine delle trasmissioni. Bisogna «rassegnarsi» a operare in un mercato disintossicato dalla droga dei «coca-bonus».
E come ha più volte sottolineato l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, è necessario preparare il terreno affinché ci si presenti all’appuntamanto fissato nel 2013 con un mercato normalizzato, anche se «occorrono tre-quattro anni per una risalita delle vendite a ritmi normali». Anche ieri, a iniziare però dalla nota di domenica della Federauto, c’è stato il solito piagnisteo generale. Eppure dallo stop agli incentivi sono passati solo cinque mesi ed era previsto, come ammette anche Pier Luigi del Viscovo, direttore del centro studi Fleet&Mobility, nella sua nota di commento, che «quando si forzano le vendite con incentivi fortissimi, come nel 2009, è normale attendersi un riflusso negativo nel periodo successivo». Tutto come da copione, dunque. Ritornare a una sostanziosa dose di «coca-bonus» per tot mesi significherebbe aumentare la «dipendenza», per poi tornare al punto di partenza.
La svolta ci voleva e i costruttori, spaventati dal meno 26% di luglio e dal meno 19% registrato nel quadrimestre aprile-luglio, dovrebbero ora riporre i fazzoletti e aguzzare l’ingegno, concordando tutti insieme un piano d’azione strutturale da portare all’attenzione del governo. È inutile continuare a ricordare al ministero dell’Economia che la reintroduzione di questo o di quel piano d’incentivazione, oltre a non costare alcunché allo Stato, porterebbe risorse alle casse del Tesoro (l’Unrae e il Centro Studi Promotor GL events ricordano il minor gettito di Iva, pari a 2 miliardi, derivato dai 10 miliardi di ricavi in meno per le case automobilistiche).
Al ministero la situazione la conoscono bene e fare harahiri in un momento come questo, sicuramente delicato per l’economia, non è nelle corde di Giulio Tremonti e dei suoi tecnici. Che cosa fare, dunque, per disintossicare del tutto il mercato italiano dell’automobile? Le terapie sono lunghe e, quindi, prima si applicano, prima daranno i risultati auspicati.
Considerato che il fronte incentivi è chiuso, case automobilistiche italiane ed estere, dovrebbero puntare su una soluzione condivisa da portare all’attenzione del governo. Per esempio, premendo sulla revisione della tassazione riguardante il cosiddetto bollo, legandola alle emissioni (meno si inquina e meno si scarica nell’aria anidride carbonica, meno si paga) e alle dotazioni di sicurezza (la presenza di dispositivi che prevengono incidenti e tutelano i pedoni dev’essere in qualche modo sostenuta).
Questa forma di aiuto, da cui potrà trarre beneficio il parco automezzi, insieme ai paletti sistemati dal ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo (divieto di circolazione dalle 7 alle 23 ai furgoni più vecchi; contributo all’acquisto di filtri antiparticolato), darebbe un importante contributo al rinnovo del sistema veicolare, stimolando nel contempo la diffusione di motorizzazioni alternative.


Il crollo delle vendite di auto sta via via contagiando i vari Paesi, gli stessi che, come il nostro, hanno messo il lucchetto agli incentivi (Spagna -24%, Francia -13%, i dati di ieri). È tutta l’Europa, a questo punto, che deve disintossicarsi. Le terapie ci sono, ma attenzione: ricadere nel sistema bonus e tornare così a «volare» fa parte dell’effetto allucinogeno della droga.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica