«Autostrade-Abertis, la fusione va avanti»

La società deve fornire garanzie su investimenti e governance

Gian Maria De Francesco

da Roma

«Continuiamo, continuiamo». L’amministratore delegato di Abertis, Salvador Alemany Mas, al termine del vertice di due ore e mezzo con i soci italiani di Autostrade, è stato sintetico, ma ha spiegato chiaramente che la fusione per ora va avanti.
D’altronde, lo stesso presidente della concessionaria autostradale, Gian Maria Gros-Pietro, prima dell’inizio dell’incontro aveva spiegato che Autostrade chiederà il consenso dell’esecutivo Prodi dopo che l’assemblea di venerdì prossimo avrà dato il via libera all’integrazione con il gruppo iberico. «Noi sappiamo - ha detto - che per la fusione è necessaria l’autorizzazione del governo italiano e noi la chiederemo subito dopo l’assemblea se questa approverà l’operazione». Il catalogo delle richieste è lungo e «bisognerà spiegarlo ai soci di maggioranza e di minoranza». Gros-Pietro dovrà rendere edotti gli azionisti sulle richieste dell’Anas che, in base alle indicazioni dei ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture, vuole un impegno formale a sottoscrivere il quinto atto aggiuntivo alla Convenzione del 1997, soprattutto dal punto di vista degli investimenti da effettuare, della rimodulazione del sistema tariffario e della corporate governance. Inoltre bisognerà chiedere l’ok dell’Antitrust. «Faremo un quadro sul perimetro dell’operazione in modo che tutti i soci siano allineati sul piano informativo», ha aggiunto Gros-Pietro.
L’unico argomento sul quale Gros-Pietro non si è sbilanciato è quello dei rapporti con l’Anas. «Non dico nulla, facciamo parlare le istituzioni», ha concluso. La prudenza è ben motivata: l’agenzia governativa guidata da Vincenzo Pozzi ha chiesto esplicitamente una sorta di fideiussione sui 2 miliardi di investimenti da realizzare e non ancora effettuati che sono nella disponibilità di Autostrade. Allo stesso modo, si vuole circoscrivere il potenziale conflitto di interessi del costruttore spagnolo Acs che sarà socio della nuova holding. Si tratta di una serie di vincoli che limiterebbero, almeno in Italia, l’autonomia gestionale di Abertis. Una circostanza che ieri Schema 28 (la finanziaria che controlla Autostrade e che fa capo alla famiglia Benetton, a Unicredit, a Fondazione Crt e a Generali) e il gruppo iberico hanno valutato dettagliamente.
Il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, non appare però intenzionato a fare sconti su questo versante. In un incontro-lampo di dieci minuti con il presidente Anas, Vincenzo Pozzi, il ministro ieri ha ribadito la necessità di far accettare tutte le richieste. «Il giorno in cui Autostrade firmerà davanti al notaio l’atto di fusione con Abertis - ha dichiarato - o avrà in mano l’autorizzazione del governo o ci sarà soltanto da notificare la presa d’atto della decadenza della concessione». Anche se le divergenze, secondo Di Pietro, «sono superabili», non c’è ancora coincidenza «tra le prescrizioni minime e le proposte operative di Autostrade». La presa di posizione, che potrebbe determinare uno slittamento dei tempi di efficacia della fusione, è stata ribadita anche ai sindacati del settore trasporti. Come ha sottolineato il segretario della Filt-Cgil, Fabrizio Solari, dopo un vertice con il ministro, «con queste premesse l’operazione così com’è stata concepita non si può fare. Se si avrà un rapporto con gli spagnoli sarà diverso da come è stato immaginato».


Le assemblee di Autostrade e di Abertis del 30 giugno dovranno quindi cercare un necessario complemento nelle trattive con il governo. A partire dall’incontro del 4 luglio sulla revisione dell’intero sistema delle concessioni. Ieri in Borsa Autostrade è rimasta sostanzialmente stabile a 21,75 euro (+0,18%).

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