Negli eleganti palazzi del centro di Milano si aggira un nuovo tipo di Indignato. È l’immagine stessa del benessere: borghese, distinto, educato. Eppure negli ultimi tempi pare risentito, quasi rancoroso. Nella scorsa primavera aveva votato il sindaco Giuliano Pisapia al fine di spazzare via il centrodestra e far trionfare i buoni propositi. «Questa - spiegava convinto ai vicini berlusconiani - è la capitale morale del Paese. Dobbiamo riscoprire la nostra vocazione imprenditoriale, rilanciare la cultura, rinnovare la secolare tradizione d’accoglienza. E poi i bambini non riescono a respirare. Bisogna abbattere le polveri sottili. Ci vuole Pisapia. È tempo di passare dalla teoria alla pratica». Ed eccola, finalmente, la pratica. Oggi l’Indignato, dopo aver accompagnato (in macchina) i figli alla scuola privata, suona il citofono e si presenta alla porta con una cartelletta in mano. Contiene la petizione di condominio contro l’Area C introdotta dal sindaco, «una misura esosa e penalizzante - spiega - per chi tiene in vita i quartieri all’ombra della Madonnina». All’Indignato sembra inconcepibile che, con le nuove regole, anch’egli debba sborsare il pedaggio antismog, nonostante a tempo debito si fosse dotato di una automobile poco inquinante, e quindi esentata dal pagamento dell’Ecopass morattiano. Al che il berlusconiano di cui sopra, da sempre contrario perfino all’Ecopass, figuriamoci all’Area C, trasecola. La Giunta non ha fatto altro che tradurre in realtà i propositi buttati giù nero su bianco. Era tutto scritto nel programma del centrosinistra. Comunque la si pensi, si direbbe un caso di ammirabile coerenza, no? No, perché i principi sono belli, ma quando toccano il portafogli diventano meno belli anche per la borghesia progressista. Che rispondere all’Indignato? Verrebbe voglia di dirgli: hai voluto il sindaco comunista, tutto tasse e belle parole? Allora paga. Dalle tasse alle belle parole. Il veglione di Capodanno in piazza del Duomo, organizzato dal Comune, non era filato liscio. Un po’ squallido, si diceva, nonostante le finalità nobili (beneficenza) e l’impegno profuso dai protagonisti (Vinicio Capossela, tra gli altri). Un po’ pericoloso, si aggiungeva, visto che molti presenti, infischiandosene dell’ordinanza contro i botti, avevano scagliato petardi sul resto del pubblico. Sul Corriere della Sera del tre gennaio, la lettrice Diletta Colombo ha fornito un resoconto della nottata. Ecco alcuni passaggi della lettera pubblicata dal quotidiano. Premessa: «Siamo arrivati in piazza, giovani e famiglie, sperando di vivere lo stesso clima che si era respirato alla vittoria di Pisapia». Svolgimento: «Chi era venuto per vedere il concerto era circondato da giovani adulti, quasi esclusivamente uomini e di origine straniera, che sparavano botti e prendevano di mira le persone con violenza». Conclusione: «Il risultato è stato l’impossibilità di convivere in modo sereno nello stesso spazio, separati nettamente dai petardi e da nazionalità diverse».
Inutile scomodare un sociologo per una serata finita male ma forse sarebbe utile riflettere su quanto fossero retoriche le uscite dei sostenitori di Pisapia sulla città laboratorio in cui etnie diverse convivono serenamente. La realtà è un’altra cosa. I milanesi se ne stanno accorgendo. Anche quelli che abitano in centro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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