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Tim senza rete, governo avanti tutta

Attesa domani l'offerta vincolante di Kkr. A fine mese via libera a maggioranza del cda

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Entro domani l'offerta vincolante del fondo americano Kkr sulla rete sarà sul tavolo di Tim. Già a priori, però, la sensazione è che stavolta difficilmente non andrà in porto. I valori non si discosteranno molto dai 23 miliardi (comprensivi di due miliardi di bonus in caso di nozze con Open Fiber) dell'offerta precedente e questo non piacerà al primo azionista Vivendi, che valuta la rete 31 miliardi e non vorrebbe scendere sotto i 26. Tuttavia, le stelle sembrano allineate e portano tutte verso il via libera allo scorporo della rete.

Il sentiero è tracciato: l'offerta arriverà all'attenzione del board di Tim che si prenderà fino a fine mese per esaminarla e dare un suo riscontro. Ci sono molti aspetti da valutare, al di là del valore assoluto: quanto verranno valutati i singoli asset, di quanto debito (si parla di 10 miliardi) e quanto cash sarà composta la proposta, quanti dipendenti verranno presi dalla società della rete (NetCo) e quanti da quella dei servizi (ServCo), il funzionamento del contratto di servizio. Ci sarà spazio per ulteriore dialogo, ma i margini non sono ampi. Da quanto filtra, Kkr potrebbe anche considerare proposte di aggiustamento, ma non stravolgimenti dell'impianto ormai consolidato.

Alla fine in ogni caso il via libera del cda dovrebbe arrivare, anche perchè i numeri ci sono. Il board è composto da 15 membri. A oggi sono cinque i consiglieri che sulla carta srebbero più sensibili alle posizioni di Vivendi: Ilaria Romagnoli, Cristiana Falcone, Marella Moretti, Giulio Gallazzi e Massimo Sarmi. Si dovrebbe astenere il presidente di Cdp, Giovanni Gorno Tempini. Ma al di là di questo, la maggioranza sembra orientata al via libera e così il ceo, Pietro Labriola, a cui un paio d'anni fa è stato affidato il mandato dello scorporo con il sostegno della stessa Vivendi. Ora però sono su posizioni diverse e l'operazione, così com'è, ai francesi non piace.

Da tempo vanno dicendo che l'offerta debba passare da un'assemblea straordinaria, dove avrebbero un peso determinante forti del loro 23,7% di capitale. Pareri legali, però, sostengono che basti il via libera del board per chiudere l'affare. Gli uomini di Vincent Bollorè decideranno di dare battaglia? Sarebbe una scelta impervia, dovendosi frapporre a un governo italiano che ha messo fino a 2,5 miliardi sul tavolo per avere il 20% della NetCo e finora ha dimostrato una volontà granitica, con in testa il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, nel portare a casa lo scorporo della rete di Tim che considera un asset strategico per il Paese. Ci sono poi le ragioni di mercato: Tim ha bisogno di liberarsi di almeno una parte dei suoi 26 miliardi di indebitamento netto e, senza vendita della rete, non avrebbe molte altre scelte a disposizione rispetto a un robusto aumento di capitale. Sicchè, senza addio alla rete rischiano di volerci anni prima di una nuova soluzione, tempo che Tim non ha. D'altro canto, un «no» alimenterebbe il rischio di nuova confusione a vantaggio della speculazione. Una confusione che peraltro già regna dopo che, nel giro di poche settimane, si sono alternati report di analisti che ora portano il prezzo obiettivo a 0,38 cent ora lo abbattono a 0,23, poi lo riportano a 0,45.

Ieri il titolo ha guadagnato l'1,4% a 0,274 cent.

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