Bagno di folla azzurra tra la pizza in pullman e la cena al ristorante

Bagno di folla azzurra tra la pizza in pullman e la cena al ristorante

La giornata della «marcia su Roma» (una marcia gioiosa e festosa, con nessuna connotazione bellicosa) è iniziata alle 5,50 di sabato 20, al casello autostradale di Arenzano. L'appuntamento con il pullman che avrebbe dovuto portarci nella capitale era alle 5,45. Mi ero fatto male i conti circa il percorso che dovevo fare a piedi per raggiungere il casello, ed ero arrivato con cinque minuti esatti di ritardo. Ma l'autista del pullman aveva fretta: ha caricato tutti quelli che erano sul posto in quel momento ed è ripartito. Ha lasciato a terra anche un altro aderente del Pdl, Francesco Massoletti, albergatore di Arenzano, che dopo aver dato un passaggio ad alcuni amici, anche loro diretti a Roma, era andato a cercare un parcheggio per la propria auto. Ed era rimasto a piedi anche lui. Fortunatamente per noi, sul posto c'era anche il nostro comune amico Maurizio Scajola, coordinatore Pdl di Arenzano, che aveva appena accompagnato la moglie Clara, anche lei del gruppo. Maurizio chiama subito la moglie sul cellulare, fa fermare il pullman in una piazzola antistante il casello di Voltri, e ci accompagna di corsa. Senza di lui non ce l'avremmo fatta.
È così, con la soddisfazione di essere a bordo, che è cominciata la nostra trasferta romana. Contemporaneamente, un'altra decina di pullman partiva alla stessa ora da varie località della Liguria. Dalla Toscana, ci informano, ne sono partiti più di sessanta. Facciamo due soste per caricare altra gente, prima a Bolzaneto e poi a Rapallo. Quindi, quando tutti i 48 posti a sedere sono occupati, si parte in direzione Roma. C'è un'atmosfera leggera sul pullman. Nessuno di noi ha affrontato quella levataccia, e la fatica del viaggio, soltanto perché il presidente Berlusconi ha chiamato a raccolta il Popolo delle Libertà. Tutti siamo coscienti che il momento, politicamente parlando, è critico. Per questo a Roma vogliamo esserci.
Massoletti, il mio compagno di ritardo, ad un certo punto si alza. Io stavo leggendo un libro, lamentandomi perché i posti erano troppo angusti. «Questo è un pullman alla genovese», sentenzia lui per la mancanza di spazio. Quindi apre lo scomparto dei bagagli e tira fuori un sacchetto dal quale estrae una grossa scatola da pizza, piegata in due. Dentro c’era un’invitante pizza ai quattro formaggi. S'era portato dietro la merenda. E adesso me ne offriva una bella fetta. Vista la mia quotidiana battaglia con i carboidrati, avrei voluto dire di no. Ma come si fa a rifiutare una pizza? E così, malgrado le mie buone intenzioni, sono miseramente capitolato di fronte alla tentazione.
Durante il tragitto abbiamo incrociato altri pullman che andavano nella nostra stessa direzione. Due, con le insegne del Pdl, venivano da Merano e da Bolzano. Incrociandosi, i saluti sono stati reciproci. Nessuno a bordo si è invece sbracciato per salutare gli occupanti di un pullman di «Azione Giovani», organizzazione di estrema destra, che ci ha sorpassato tra la Toscana e il Lazio. Erano tutti ragazzi e si sono messi a fare il saluto romano verso di noi.
Arriviamo a Roma intorno alle 14. La tappa è nei pressi del capolinea della metropolitana, in località Anagnina. All'esterno c'è un ampio parcheggio pullman con decine e decine di mezzi fermi in ogni spazio disponibile. Alla fine, dopo qualche giro, siamo costretti ad andare a parcheggiare all'interno di una stazione di servizio Agip. Finalmente si scende. Dopo circa trecento metri arriviamo alla stazione della metro. Difficile descrivere il caos di quel trasferimento. Decine di migliaia di persone si accalcavano nell'atrio, cercando uno sbocco verso i marciapiedi. Era come stare all'interno di una marea umana. Per evitare di disperderci nella folla, usavamo due grossi cartelli con la scritta «Pdl, Provincia di Genova». Venivano tenuti in alto, in modo che si potessero distinguere. Secondo il responsabile organizzativo provinciale, Lorenzo Zunino, il ministro Claudio Scajola ci aspettava a Colli Albani, ottava tappa della metro in quell'area romana, per salutarci. Eravamo stipati come sardine in salamoia. C'era il concreto rischio di provare un senso di claustrofobia in quei vagoni stracarichi. Comunque, alla fine siamo arrivati. Usciti all'aria aperta, mi è bastato dare una rapida occhiata in giro per accorgermi che, in quel punto e in quelle condizioni, il ministro Scajola non poteva arrivare. Troppa confusione, troppa gente: la sua scorta non glielo avrebbe permesso. Dopo esserci compattati e aver aperto lo striscione con la scritta bianca in campo azzurro «Pdl Liguria», ci siamo accorti che sarebbe stato impossibile restare fermi in quel punto. La gente continuava ad affluire, sempre più numerosa, ed era impossibile bloccare un tratto di strada. Ci trovavamo in via Appia Nuova, una larga strada che sorge tra due ali di case. I romani, incuriositi, ci guardavano dalle finestre e dai balconi. Lentamente, abbiamo cominciato la nostra marcia verso San Giovanni in Laterano. Un'anziana, vedendoci sfilare, ha esposto una bandiera italiana, mettendosi a battere le mani; un caseggiato più avanti una donna ha sistemato sul balcone una bandiera di Rifondazione, facendo poi il saluto romano nella nostra direzione. Immediatamente le reazioni non sono mancate. L'epiteto più gentile che quella tizia si è preso, è «comunista di m…».
Intanto, ci aveva raggiunto Roberto Levaggi, coordinatore provinciale del Pdl a Genova. Più in là è arrivato anche Gian Nicola Amoretti, il coordinatore provinciale vicario. Zunino continuava a tenersi in contatto telefonico con i nostri parlamentari. Come pensavo, il ministro era venuto all'appuntamento, ma non aveva trovato nessuno. Era riuscito però a incontrarsi con i deputati Michele Scandroglio, coordinatore regionale del Pdl, Eugenio Minasso, vice coordinatore regionale, e Roberto Cassinelli, vice coordinatore metropolitano. Sono stati loro, insieme al senatore Luigi Grillo, a portarci i suoi saluti. Il ministro ha infatti raggiunto i suoi colleghi di governo sul palco delle autorità a San Giovanni in Laterano.
Alla fine, dopo un bel po' di strada, ecco all'orizzonte le antiche mura di San Giovanni. Ci sistemiamo ai bordi, ma siamo così lontani dal palco che dovremo accontentarci di vedere ed ascoltare attraverso un mega video sistemato su un mezzo. Non so quanti fossimo, tuttavia, se è vero che in un metro quadrato non possono stare in piedi più di tre-quattro persone, in base alla loro stazza, basta sapere quanto è grande l'area della piazza e il calcolo è presto fatto. Certo è che, quando noi siamo giunti a destinazione, un altro corteo che portava un tricolore lungo cinquecento metri, era ancora dietro di noi. Come si fa, allora, a parlare soltanto di 150 mila persone?
E poi il discorso di Berlusconi. I lunghi applausi, lo sventolare delle bandiere e i cori di «Viva Silvio». Un’ovazione si è alzata dalle nostre file quando Berlusconi ha chiamato sul palco Sandro Biasotti.
La manifestazione è terminata poco dopo le 19. Dopo esserci riuniti, abbiamo ripreso la strada di casa. Alla stazione metro Re di Roma una lunga fila impediva persino di accedere alle scale esterne. Abbiamo impiegato più di mezz'ora, in quella calca infernale, solo per giungere ai treni. E ci sono volute dieci stazioni per arrivare di nuovo ad Anagnina, per riprendere il pullman.
L'unica tappa significativa è stata al ristorante Sabina, di Maiano Sabina, dove abbiamo cenato. Poi via verso casa.

Quando il pullman ci ha lasciato al casello di Arenzano, l'orologio segnava le 4,46: la nostra trasferta era durata 23 ore. Eravamo stanchi, affaticati e insonnoliti. Ma, tutto sommato, soddisfatti. Ancora una volta la Liguria ha fatto la sua parte.

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