Bancassicurazione Danni: sfide e opportunità

Secondo un recente studio di Irsa- Resolving, diversi gruppi bancari italiani stanno valutando il lancio di iniziative di bancassicurazione danni, in base a previsioni di forti prospettive di sviluppo

Bancassicurazione Danni: sfide e opportunità

Secondo un recente studio di Irsa- Resolving, diversi gruppi bancari italiani stanno valutando il lancio di iniziative di bancassicurazione danni, in base a previsioni di forti prospettive di sviluppo. L’indagine prevede che nel 2013 la quota di mercato della distribuzione bancaria di polizze danni arrivi all’8% dei premi complessivi (nel 2008 era del 2,4%, e il 59% riguardava la Rc auto), quota che avvicinerebbe l’Italia al 7,5% di media dei Paesi dell’Ue. Le ipotesi di crescita del bancassurance sono corroborate dal fatto che, come si sa, da noi i danni non auto rappresentano l’1,1% del Pil contro il 2,4% europeo.

Ad attirare i grandi istituti in questo business c’è anche il fatto che, sempre secondo Irsa, il mercato danni consente ancora oggi di avere margini significativi: la bancassicurazione, rispetto al mercato generale, può fornire 5 o 6 punti di margine ulteriore grazie al minore rapporto tra sinistri e premi e alle spese più contenute. Un impulso alla vendita delle polizze danni agli sportelli bancari passa dalle peculiarità di questo sistema distributivo che le aziende coinvolte in questi processi non hanno, sempre in base alla ricerca, ancora pienamente sfruttato. Oltre alla semplicità e alla trasparenza, Irsa cita come punti di forza del bancassurance l’ampiezza di gamma (che comprende anche le polizze auto), la segmentazione customer base, la possibilità di personalizzare alcune soluzioni standardizzate e l’innovazione. «Non va dimenticato poi che negli ultimi anni, anche in rapporto alla crisi finanziaria, il bisogno di protezione è aumentato e ha facilitato il collocamento di servizi di protezione, specie in abbinamento alla concessione di prestiti», aggiunge Sergio Paci, ordinario di economia degli intermediari finanziari all’Università Bocconi di Milano.

Se l’indagine (come altre, anche in tempi lontani) prevede, sulla scia di quanto avvenuto in Francia, un futuro radioso per la bancassicurazione danni, qual è la situazione attuale del settore? Ci sono modelli di business che si sono dimostrati vincenti? Tra compagnie e banche c’è una collaborazione paritaria o le esigenze di una parte prevalgono sull’altra? Quali sono le innovazioni di prodotto e di servizio? Se ne è discusso alla tavola rotonda Bancassicurazione danni: practice, esperienze, sfide e opportunità, organizzata da Marcella Frati, director di Nmg, e coordinata da Angela Maria Scullica, direttore del Giornale delle Assicurazioni e di BancaFinanza. Al dibattito, che è stato moderato dal professore Paci dell’Università Bocconi di Milano, hanno partecipato Massimo Andreoni, direttore generale di Avipop; Paolo Aicardi, amministratore delegato di Capitalia Assicurazioni; Michele Rinaldi, amministratore delegato di Global Assicurazioni-Creval; Antonino Maddonni, direttore tecnico di Inchiaro assicurazioni; Daniele Tonetti, responsabile prodotti di protezione di Bnl; Carlo Barbera, direttore bancassicurazione di Cattolica Assicurazioni; Patrick Font, direttore generale di Axa Mps assicurazioni danni, Carlo Lombardi, responsabile retail di Bipielle; Claudio Raimondi, responsabile marketing di Poste Vita.

Domanda. La crisi finanziaria ed economica ha caratterizzato gli ultimi due anni. Come ha influito sui prodotti di protezione e sul bancassurance danni? Che cosa è cambiato?

Lombardi. Sul posizionamento della credit protection insurance (Cpi) la crisi ha impattato in maniera significativa. Si è creato, infatti, nell’utente bancario, all’atto dell’assunzione di un impegno, una maggiore consapevolezza del bisogno di protezione che si esprime in una più frequente domanda autonoma. Oggi, per esempio, la Cpi entra nella trattativa di definizione del pricing complessivo di un mutuo, mentre in precedenza era richiesto un maggior coinvolgimento dell’operatore bancario per rendere esplicito un bisogno forse latente. L’offerta non è quindi cambiata, ma è cresciuta la richiesta di protezione da eventi come l’invalidità permanente, l’inabilità temporanea e soprattutto la perdita del posto di lavoro. Questo fenomeno ha coinvolto in misura crescente anche coloro che sono già titolari di un finanziamento.

Andreoni. Siamo partiti due anni fa, come joint venture tra Aviva e il gruppo Banco Popolare, e già nel 2008, quando siamo partiti con la formazione della rete, abbiamo sottolineato l’aspetto sociale della protezione che offrivamo. La crisi ci ha aiutato molto perché ha fatto esplodere chiaramente i bisogni di sicurezza sociali. La paura e l’ansia per il reddito sono diventati, in un certo senso, nostri alleati, anche se nel frattempo il settore della credit protection non è più tranquillo come qualche tempo fa: la sinistrosità infatti è aumentata in modo molto significativo.

Barbera. La questione centrale è quella della catena del valore: nella credit insurance c’è una componente reddituale molto importante per le banche e una componente positiva per le assicurazioni. Ora il settore è sotto osservazione per la sinistrosità, ma il mercato è concreto: a livello di marketing si tratta di prodotti richiesti e non più solo offerti; è un cambiamento sostanziale. Come si evolverà la situazione? La risposta è complessa, sarà necessario condividere con il collocatore la strategia di posizionamento di prezzo.

Aicardi. Gli effetti della crisi sono sotto gli occhi di tutti, ma la congiuntura non ha cambiato l’offerta dei prodotti assicurativi distribuiti in banca. Tra compagnie e istituti di credito, è la banca, proprietaria della rete, a fare la politica commerciale. E i grandi gruppi riescono spesso anche a imporre il prezzo. Le compagnie devono riflettere per capire come cambiare, se no saranno sempre a commentare risultati che sono frutto di strategie di altri. Negli ultimi 15 anni, a seconda dei periodi, sono state distribuite diverse polizze attraverso gli sportelli bancari: l’assistenza legata ai conti correnti con la modalità silenzio-assenso, le polizze vita, l’incendio legato ai mutui, la credit protection per i prestiti personali, e domani... la Rc del capofamiglia? Tranne in casi particolari, sono gli istituti di credito che determinano, in ultima analisi, le linee di sviluppo del bancassurance. Dobbiamo chiederci, allora, dove vogliono andare le banche?

Andreoni. Il modello di governance è importante. I rami danni non sono come quello vita, è ovvio. Il conto economico di una compagnia danni è sensibile a fattori differenziati anche dal punto di vista temporale. Quindi, ogni livello di rischio e di pricing va soppesato per essere sostenibile nel lungo periodo. Nel bancassurance danni è necessario avere la banca interessata e seduta a fianco dell’assicurazione nel momento delle decisioni, altrimenti si rischia di essere schiacciati da logiche di breve periodo. Occorre una governance condivisa che porti la responsabilità della redditività dei prodotti, del business complessivo...

Tonetti. Negli ultimi cinque-sei anni la bancassicurazione danni non ha dato i risultati sperati e previsti da parecchi, se non tutti, gli esperti. Per sviluppare questo settore dobbiamo dimenticare i risultati della creditor protection, che dal boom fatto registrare nel 2005 ha subito un rallentamento accentuato dal calo dell’erogazione dei mutui e dei prestiti personali. Quello delle Cpi è ormai un mercato maturo, in cui i maggiori player bancari hanno raggiunto tassi di penetrazione molto elevati, ma le possibilità di un ulteriore sviluppo sono limitate e andranno verificate anche a seguito delle modifiche normative che a breve verranno introdotte. Il core business della bancassicurazione danni è un altro: i prodotti stand alone, a premi ricorrenti. Occorre una logica diversa.

Rinaldi. Global Assicurazioni è un’agenzia assicurativa plurimandataria che opera da dieci anni a 360 gradi nella bancassicurazioni vita, danni e previdenza, avvalendosi della collaborazione delle banche del gruppo Credito Valtellinese. A monte collaboriamo con le principali compagnie assicurative. Il nostro catalogo prodotti comprende polizze che spaziano dal ramo vita ai danni (inclusa l’auto) ai prodotti di previdenza. Il nostro modello è orientato al cliente e cerchiamo di offrire polizze il più possibile competitive puntando su qualità e quantità. Anche noi stiamo osservando nei danni una probabile correlazione con la crisi, in quanto negli ultimi due anni nonostante i prodotti non siano significativamente mutati, né l’atteggiamento del distributore, notiamo tuttavia una sinistralità in sostenuto aumento. L’incremento dell’incidenza dei sinistri è un campanello di allarme che deve essere valutato con la massima attenzione per garantire nel tempo la stabilità dell’offerta. A mio giudizio in futuro, fermo il contributo delle polizze che si abbinano ai prodotti bancari, la vera sfida della bancassicurazione danni sarà rappresentata dalle polizze stand alone, incluso il prodotto auto, che oggi, diversamente dal passato, è veicolabile sugli sportelli, con i dovuti accorgimenti, senza ripercussioni sull’attività bancaria.

Raimondi. La crisi ha impattato sicuramente sul bancassurance vita che ha riscoperto il valore dei prodotti assicurativi, e non quelli finanziari «vestiti» da assicurazione. Ed è aumentata anche la consapevolezza dei clienti che hanno capito l’importanza delle polizze, delle assicurazioni. Questo atteggiamento nuovo e positivo io penso che si ripercuoterà anche sulla vendita di prodotti danni agli sportelli. Ma non dobbiamo pensare che lo sviluppo del bancassurance danni possa arrivare da un fattore esogeno: è una crescita endogena, per vendere polizze danni bisogna pensare e agire da assicuratori. I rapporti tra compagnie e banche, le strategie di prodotto e di prezzo, la formazione sono fondamentali. Ma la vera sfida si gioca su polizze non abbinate a prodotti bancari.

Font. La bancassicurazione danni è nata e si sviluppa con il prodotto Cpi, copertura naturalmente legata all’attività bancaria; ma questo è solo un punto di partenza: la vera sfida è rappresentata dalla capacità di rispondere ai bisogni dei clienti, anche e soprattutto bancari, in un’ottica di protezione a 360°. Esistono infatti bisogni di protezione ancora inespressi che le istituzioni finanziarie devono riuscire a far emergere, e alle quali dobbiamo saper rispondere con soluzioni ad hoc e un servizio di qualità, a ogni contatto con i clienti. L’identificazione dei bisogni e delle aspettative delle famiglie, dei risparmiatori e delle imprese risulta essenziale per la bancassicurazione e per il business bancario stesso. La crisi ha posto sotto i riflettori il concetto di rischio e ha fatto al contempo emergere quegli operatori realmente capaci di saperlo gestire e mitigare, per se stessi e soprattutto per i propri clienti. È noto che le coperture Cpi proteggono i detentori di prestiti e mutui, ma anche gli istituti di credito contro alcuni rischi di insolvenza; in un contesto come quello attuale, caratterizzato anche da credit crunch in alcuni Paesi, la diminuzione delle masse erogate può determinare un calo dei volumi delle credit protection. Contemporaneamente la crisi sta spingendo le banche a concentrarsi su prodotti poco rischiosi e alternativi ai prodotti di investimento, a vantaggio di prodotti assicurativi e portando a una riscoperta del ruolo della protezione. Entra dunque in gioco il ruolo delle compagnie assicurative, che devono dunque aiutare le banche con prodotti semplici, con una consulenza che aiuti i gestori di clientela a comprendere i prodotti e a venderli.

Maddonni. Nei periodi di crisi economica sarebbe teoricamente ragionevole attendersi una rinnovata propensione alla ricerca di maggiori garanzie assicurative, a tutela della persona e del patrimonio. A fronte di un simile incremento della domanda sarebbe quindi lecito attendersi un segnale positivo in termini di sviluppo del comparto assicurativo danni. Questa aspettativa, tuttavia, mal si adatta in un contesto di mercato, quello del nostro Paese, meno propenso alla cultura assicurativa e sicuramente sottoassicurato rispetto ai Paesi partner più industrializzati. Alla fine del 2009 se da un lato, infatti, sembra abbastanza evidente che le assicurazioni nel comparto danni hanno retto sostanzialmente alla crisi, dall’altro, altrettanto è evidente la conferma di una stagnazione del business. Sul fronte specifico della bancassicurazione danni, il canale bancario, pur confermandosi il best performer in termini di crescita con un +6,5% di raccolta premi, si è tuttavia allontanato dalle performance di crescita fatte registrare tra il 2004 e il 2005, assestandosi su ritmi sicuramente più contenuti rispetto alle aspettative. Che, di fatto, sono di ben altra natura, visto che il nostro Paese è ben lungi dalle quote di mercato che la bancassurance ha fatto registrare nei restanti Paesi europei. A ciò si aggiunge la leva del rapporto di fiducia banca-cliente. Da una ricerca Iama risulta non solo che la relazione con la succursale è più forte rispetto a quella con l’intermediario assicurativo, ma anche che il cliente medio apprezza, con la banca, il vantaggio di avere un centro acquisti unico per tutti i servizi, un’offerta di prodotti con prezzi più convenienti. La bancassurance ha cominciato a produrre e si è sviluppata con prodotti legati a quelli core della banca in particolare con il prodotto Cpi che, pur essendo da un punto di vista strutturale e tariffario un prodotto complesso, è quello che meglio si adatta alle esigenze operative del partner bancario. Poiché poi è susseguente a un’esigenza primaria come la richiesta di un mutuo o di un prestito, risulta collocabile più facilmente. Ma non è certo attraverso la Cpi che, secondo il mio parere, possa essere trasferita però la cultura di «fare assicurazione» sul comparto bancario.

D. Qual è il mix della vostra offerta? Avete allo studio innovazioni di prodotto? Vi state muovendo verso soluzioni magari con margini più interessanti?

Barbera. L’innovazione c’è già: ci muoviamo sempre nell’esperienza delle coperture credit related, ma guardiamo a nuovi target. Noi, per esempio, vendiamo prodotti assicurativi per le piccole aziende, per gli artigiani che tradizionalmente sono sottoassicurati. Si tratta di coperture di base, molto semplici. Abbiamo alcuni accordi, tra questi ricordo che recentemente abbiamo avviato la partnership con le Banche di credito cooperativo. Queste hanno un rapporto molto diretto con il cliente, sono un universo eterogeneo e i prodotti vanno ben calibrati. Per quanto riguarda la famiglia, segmentiamo in modo più dettagliato: più attenzione al futuro dei figli, alla quarta vita, alla quarta età degli italiani che vivono sempre più a lungo e richiedono risposte diverse. Si va verso un mix di coperture, anche vita e danni insieme, per rispondere alle nuove, complesse esigenze di oggi. Con due costanti: si tratta sempre di soluzioni di lungo periodo e con preponderante, se non assoluto, contenuto assicurativo.

Lombardi. Oggi credo che il compito della bancassurance danni sia quello di riempire di contenuti una business idea che c’è da tempo ma che stenta a farsi largo: dobbiamo lavorare affinché la protezione della sicurezza economica dei clienti non si limiti solo alla Cpi, che deve essere la leva attraverso la quale sviluppare la capacità di offerta della banca. Naturalmente ne deriva la necessità di segmentare meglio la clientela: è diverso il bisogno di protezione di una famiglia con figli piccoli da quello di uno studente o di un lavoratore a tempo determinato o di un lavoratore alla vigilia della pensione. Oggi la Cpi non basta più: attraverso il contributo di chi opera allo sportello bancario e che conosce il vero profilo dei clienti dobbiamo costruire un modello di offerta che soddisfi i bisogni di una più vasta platea di utenti potenziali. Naturalmente spetta alla competenza delle assicurazioni strutturare prodotti che comunque si mantengano coerenti con la distribuzione bancaria. Se riusciremo ad andare in questa direzione, resto ottimista sullo sviluppo della bancassurance danni, anche alla luce dei profondi cambiamenti che stanno interessando i conti economici delle banche retail. Oggi nulla è più marginale...

Rinaldi. La bancassicurazione danni richiede il «passo del montanaro»: camminata lenta e costante per raggiungere mete impegnative. È l’approccio che ci caratterizza e che anche per i danni abbiamo inteso adottare. Pur considerandoci tuttora agli inizi, gestiamo oltre 250.000 clienti. Ma nella bancassicurazione occorre anche parlare di strategia, tema molto attuale, e non solo di prodotti. La bancassicurazione in generale ha una criticità di fondo: le esigenze differenti tra gli istituti di credito e le compagnie di assicurazione. La banca è un soggetto «antiselettivo», che deve offrire il maggior numero di prodotti al più alto numero di soggetti (fra l’altro già clienti di altri prodotti bancari). La compagnia, invece, è un soggetto «selettivo»: tende a vendere alla clientela i prodotti nei quali è maggiormente specializzata e con i margini migliori. Come affrontare questa criticità di fondo? Il problema può essere superato se fra le banche e le compagnie si frappone un soggetto specializzato che pondera le diverse esigenze e rende fluido il dialogo non sempre agevole ed economico fra i diversi soggetti coinvolti. Oggi contiamo su 23 mandati agenziali, consentendo alle varie compagnie di esprimersi nei settori nei quali sono più competitive, e collaboriamo con tutte le banche territoriali del gruppo Credito Valtellinese (oltre alla capogruppo, Credito Artigiano, Credito Siciliano, Banca dell’Artigianato e dell’industria, Credito Piemontese, Carifano, Banca Cattolica) presente in dieci regioni con un network di oltre 500 filiali e oltre 4.400 collaboratori. L’auspicio è quello di poter servire ulteriori reti distributive, mettendo a disposizione la struttura, know how e le relazioni. I bisogni assicurativi sono talmente estesi, eterogenei e in continua crescita che riteniamo che il nostro modello strategico potrà incrementare con il tempo la propria valenza. Al di là delle strategie e dell’esatta valutazione del rapporto costi-ricavi, nella bancassicurazione danni restano essenziali l’innovazione di prodotto, la corretta informatizzazione dei processi (proposta, vendita e gestione), la formazione, la standardizzazione e la semplicità.

Maddonni. Da una ricerca Iama sembra esserci, per l’immediato futuro, una forte predisposizione allo sviluppo dei prodotti stand alone, in particolare quelli casa e famiglia con un focus gradualmente più basso sulle cosiddette coperture inclusive. Sembra, cioè, che ci sia una maggiore convinzione nella possibilità di far esplodere la vendita di questi prodotti anche da parte di chi, sino a oggi, ha basato il proprio modello di bancassicurazione sul bundling. Continuerà, tra gli stand alone, a fare eccezione il business auto, che rimane un punto di domanda per molti. Noi crediamo però che tutti, prima o poi, si cimenteranno con la proposizione di questo prodotto, perché la richiesta è alta. In altri termini, c’è una aspettativa di risparmio delle famiglie. E questa può essere attribuita alla capacità della banca di accontentarsi di ricavi in proporzione minori rispetto a quello delle reti distributive tradizionali. Probabilmente, fino a oggi, si è lavorato sul «semplice», con una scarsa incidenza da parte del comparto assicurativo sul modello di business bancario. A discapito delle notevoli potenzialità di sviluppo, che non sono state ancora espresse in modo compiuto. Se non in casi specifici, che di solito si possono osservare nelle compagnie in joint venture con partner bancario di piccole o medie dimensioni. Come, per esempio, InChiaro, che è proprio una joint venture tra Hdi Assicurazioni e il gruppo Banca Sella, costituita nel 2007 e operativa dal mese di gennaio 2008. Pur avendo nel proprio listino prodotti Cpi, abbiamo voluto puntare fin da subito sulle polizze stand alone. Queste offerte sono dedicate a casa, famiglia, persona e, soprattutto, all’auto, che di fatto vuole essere il prodotto base sul quale abbiamo scelto di puntare. Dal nostro punto di vista è questo il prodotto danni con cui si crea maggiore fidelizzazione; l’indennizzo diretto ha eliminato una buona parte delle criticità legate ai sinistri (soprattutto quelle particolarmente sentite dal partner bancario). Di fatto, la gestione del sinistro può e deve essere una leva di successo, la prova che l’istituto bancario, attraverso la compagnia, mantiene quello che promette. Soprattutto nei momenti di maggiore necessità. Per questo, il processo di gestione deve sempre mirare alla massima efficienza. Certo, questo modello non è agevole. Tuttavia, siamo riusciti a integrare le attività strettamente bancarie con quelle assicurative. Da sottolineare, per la riuscita del progetto, il servizio offerto dalla banca alla clientela. E cioè quello di pagare il premio con carte revolving .

Andreoni. Non vedo la bancassurance come un mercato di «trascinamento», con compagnie che seguono piattamente i desiderata delle banche, o con prodotti, come l’auto, che vengono proposti perché tutti lo fanno. Penso piuttosto che ci sarà una maggiore diversificazione tra istituti di credito, con offerte diverse tra di loro, calibrate sulle necessità della propria clientela. Sarà anche un mercato meno di massa e le compagnie dovranno essere pronte a realizzare prodotti o pacchetti di garanzie differenziati in grado di coprire diversi target e nicchie di mercato. Anche noi crediamo nell’evoluzione verso offerte di prodotti stand alone, non necessariamente collegati ad altre offerte bancarie. Lo dimostra sia il lancio, nel corso del 2009, di vari prodotti multirischio, tra cui due dedicati al mondo delle Pmi e delle attività commerciali e professionali, sia l’intenso sforzo formativo sulla rete. In un anno la raccolta attraverso i prodotti stand alone ha raggiunto il 10% dei volumi complessivi non vita. Questo segnale ci rivela che la bancassurance, per svilupparsi, ha bisogno anche di prodotti disegnati su particolari segmenti di clientela.

Font. Ritengo che lo sviluppo della bancassicurazione danni dipenda da due fattori. Primo: si deve passare da una modalità di collocamento push ad una modalità pull, cioè da un mercato basato quasi esclusivamente sull’offerta spinta dalla banca a uno in cui si presta maggiore attenzione alla domanda di protezione della clientela. In questo senso, come Axa Mps, puntiamo a spingere oltre il tradizionale concetto di «fabbrica prodotto» per diventare piattaforma di servizi assicurativi a 360 gradi. Il secondo fattore da cui dipende il futuro del business bancassicurativo è la reale volontà di innovazione, sia in termini di prodotti in abbinamento, sia di soluzioni stand alone. Una volontà che, naturalmente, deve coinvolgere banche e assicurazioni. Da parte nostra, come fornitori di servizio ai clienti, abbiamo sviluppato soluzioni assicurative per la casa, la persona e il patrimonio. Alcune di queste coperture stand alone possono anche essere abbinate, dal punto di vista commerciale, al collocamento di prodotti bancari. Per fare un esempio, la polizza a copertura del contenuto della casa, che riconosce anche molte prestazioni di assistenza (l’intervento urgente di un idraulico, di un elettricista in caso di necessità), può essere sottoscritta stand alone o in abbinamento a una polizza legata al mutuo. Una polizza che, a sua volta, prevede coperture contro eventuali danni arrecati all’abitazione a seguito di un incendio. Lo sforzo è quello di rispondere nel modo più completo possibile ai bisogni assicurativi del cliente. Relativamente al completamento della gamma, non possiamo poi evitare di pensare all’assicurazione auto. Arricchire la nostra offerta di prodotti per i veicoli non sarà un processo breve né semplice, perché dobbiamo farlo bene. Può essere un’attività redditizia, ma richiede una buona tariffazione, procedure semplici e un servizio sinistri di alta qualità. Anche in questo caso, come in tutte le altre scelte, è essenziale la piena condivisione degli obiettivi e dei mezzi per raggiungerli da parte della banca e della compagnia. In questo senso, il modello bancassicurativo rappresentato da Axa Mps è fondato su una governance paritetica, un impegno di lungo periodo, una condivisione profonda degli obiettivi e da un forte spirito di squadra.

Aicardi. Ci sono casi in cui la partecipazione della compagnia nell’azionariato della banca, o viceversa, favorisce la collaborazione. Ma il problema è un altro: da un punto di vista commerciale, noi assicuratori, indipendentemente da quanto contiamo sulla base dell’investimento effettuato in un istituto di credito, abbiamo idea di quale possa essere realmente lo sviluppo di un certo tipo di prodotti invece che un altro? Dipenderà sempre dalle politiche commerciali e dalle strategie delle banche? Io credo però che l’unico vero elemento di novità, che costringerà compagnie e istituti di credito a rivedere i loro modelli di business bancassicurativo sarà Poste Danni. Quando diventerà operativa la compagnia danni di Poste Italiane, che costituiscono un sistema presente in modo capillare in tutto il territorio nazionale, arriverà la vera concorrenza. E sarà un fatto decisamente positivo: tutti dovranno adeguarsi al nuovo player se vogliono restare e competere sul mercato.

Raimondi. Mi sembra che, se continuiamo a cercare la pietra filosofale per il successo del bancassurance danni, andiamo lontano dalla meta. Quando nel settore danni poco meno del 50% è Rc auto, e Pmi, infortuni, malattie e gli altri settori sono tutti sottodimensionati - e lo si sa da tempo - che innovazione c’è da fare? Bisogna cominciare ad aggredire questo segmento di mercato e la bancassurance danni è uno strumento importante. Nella creazione di valore per gli azionisti, una compagnia di assicurazioni ha difficoltà a dire che le polizze danni non servono: al contrario sono spaventosamente importanti. Se facciamo un paragone tra gli utili attesi futuri di un prodotto finanziario e di una polizza infortuni vediamo che quest’ultima è molto più redditizia. Non solo: la bancassicurazione danni fidelizza la clientela e la allarga, perché con i credit related si continuano a vendere le stesse cose alle stesse persone, mentre i danni vanno incontro a necessità diversissime tra di loro. I margini, insomma, ci sono. Si potrà fare innovazione quando le esigenze di base saranno soddisfatte. E non va dimenticato che le assicurazioni hanno un ruolo sociale importante e sono chiamate, per esempio, a fornire complementarietà allo Stato sui bisogni primari di tutti i cittadini. Come l’assistenza sanitaria, lo stato di bisogno della quarta età, la previdenza integrativa: di fronte a queste sfide, il ruolo dell’assicurazione in genere e della bancassurance in particolare non può tirarsi indietro o limitarsi a «fare altro». Ma deve entrare decisamente sul mercato e, da dentro, scoprire che in quel modo si produce anche molta ricchezza per l’azionista e valore per i clienti.

Tonetti. Le banche, come è già stato detto, devono essere disposte a fare il «passo del montanaro», a un processo lento e continuo, perché si tratta di spiccare un salto culturale, di trasferire competenze assicurative al gestore bancario. Occorrono investimenti nella semplificazione dei processi informatici dedicati alle polizze. E, soprattutto, in formazione, che non è solo comunicazione; deve essere fatta in aula e non può limitarsi all’e-learning, alla descrizione dettagliata di un prodotto. Un’altra criticità è rappresentata dalla gestione del sinistro: il cliente che ha acquistato la polizza allo sportello tornerà sempre in filiale per qualsiasi problema; difficile convincerlo a rivolgersi alla compagnia per la liquidazione del danno, e non è semplice costruire un sistema efficiente di collegamento tra istituti di credito e uffici liquidazione. Insomma, il successo della bancassicurazione richiede investimenti che non tutte le banche sono disposte a fare, e potrà essere misurato solo nel lungo periodo.

Molto dipende inoltre dal ruolo che la compagnia avrà nella governance della banca: una joint venture paritetica può dare i risultati sperati nel business della bancassicurazione danni in termini di redditività e di sostenibilità del rischio.

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