Al bar dei sordomuti Il caffè? Basta un gesto

AL BANCONE Per ordinare un cappuccino si alzano le braccia fino alle orecchie, come a dire «evviva»

Per chiedere un caffè si mima il gesto di avvicinare la tazzina alla bocca. Braccia alzate vicino alle orecchie - come a dire evviva - significano «cappuccino». Il «marocchino» è una via di mezzo. Gomiti, polsi, dita. Tutto il mezzo busto aiuta a esprimersi in «lis», la lingua dei segni. C’è un bar all’angolo fra via Boscovich e via Settembrini dove ogni giorno si ritrovano i sordomuti. Il locale è spazioso, con tanti tavolini, è aperto a tutti, ma dalle quattro del pomeriggio in poi è il ritrovo preferito dei clienti silenziosi. Dai 20 ai 60 anni. Giocano a carte, leggono, organizzano happy hour e gite.
Da un paio d’anni il locale è gestito da una coppia di cinesi, Jin, lui e Jian Nu, lei. La giovane cameriera che li aiuta è Dan Dan. Tutti e tre capiscono benissimo la lingua dei segni. «Sono clienti abituali, li conosciamo e frequentandoli abbiamo imparato anche noi il significato dei loro gesti» racconta Dan Dan. C’è chi si esprime anche a voce, come Gianluca, studente, frequenta Lettere alla Statale: «Non parlo benissimo ma me la cavo, i sordi non sono tutti uguali. Io ad esempio ho imparato la lis da grande, a diciotto anni, per trovarmi meglio con gli amici. Per capire chi parla leggiamo i movimenti delle labbra, per noi è quasi naturale». La lingua dei gesti si impara subito, ci spiega la fidanzata Martina, anche lei studentessa e sordomuta. «Noi stiamo attenti agli sguardi, alla mimica della faccia, per noi il corpo è parola».
A pochi metri dal bar, in via Boscovich c’è l’istituto dei sordomuti, una sorta di centro di coordinamento che ha mantenuto l’insegna del secolo scorso «Casa del sordoparlante», il presidente è Virginio Castelnuovo che per parlare con noi si fa prestare la voce dalla collaboratrice Manuela Lodico. «A Milano i sordi sono 1.500, oggi il centro coordina svariate attività - spiega - dallo sportello informativo, ai corsi sul linguaggio dei segni, al centro di ricerca. Facciamo anche formazione per gli assistenti sociali e attività per i bambini sordi e i loro genitori». La sordità è un handicap che non si vede, che non smuove sensi di colpa o pietà, per questo rischia di passare inosservata. Giovedì 18 davanti alla sede della Rai in corso Sempione c’è stata una protesta dei sordomuti. «Vogliamo sapere perché non è stato rispettato il contratto firmato l’anno scorso che prevedeva un aumento del 60 per cento dei sottotitoli - ha spiegato Manuela Lodico -. Chi sente bene non si rende conto che anche una trasmissione televisiva può contribuire ad alzare il livello culturale». Al raduno, regionale, hanno partecipato centinaia di persone. «C’è un’altra questione che ci sta a cuore, è il riconoscimento della lis come lingua a tutti gli effetti, come accade negli altri Paesi - hanno aggiunto da via Boscovich -. Questo status giuridico ci permetterebbe di avere diritto all’interprete in ospedale, in tribunale, nei commissariati. Il poter capire è un diritto della persona, semplice semplice che purtroppo spesso non è “capito”».

Ma c’è anche una notizia buona: grazie a un finanziamento della Provincia partirà il prossimo anno scolastico il progetto «Vivilis»: alcuni bambini sordi verranno inseriti nelle prime classi elementari e medie alla scuola Barozzi di via Bocconi.

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