Da Benevento ad Ancona gli amministratori nel mirino dei pm

Gian Marco ChiocciSimone Di Meo

Da questione morale a emergenza penale. La lista degli esponenti Pd sotto inchiesta e sotto processo si allunga ogni giorno di più. L’ultimissimo pit-stop giudiziario l’ha fatto il sindaco di Benevento, Fausto Pepe, accusato di voto di scambio per un incarico assegnato a una cooperativa che gli aveva dato una mano in campagna elettorale. Il fascicolo è affidato al pm Antonio Clemente, che lo ha già ascoltato nei giorni scorsi. Il procedimento, che va avanti da circa un anno, conterebbe una ventina di indagati tra imprenditori e politici, accusati - a vario titolo - di aver costruito una rete di favori e interessi incrociati per la gestione di appalti e incarichi. Ad accendere i riflettori della magistratura era stata una denuncia dell’associazione «Altrabenevento» sui lavori di ristrutturazione di piazza Roma.
Non se la passa meglio Fabio Sturani, stella cadente dei democrat marchigiani e due volte sindaco rosso di Ancona, rinviato a giudizio per concorso in falso ideologico e tentata truffa per una perizia da 3,15 milioni di euro su un terreno di proprietà di una società comunale. Un documento taroccato, secondo i pm, per salvare Sturani da un processo in cui era imputato di concussione (conclusosi, comunque, con la condanna a 21 mesi e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici) e per spillare più soldi all’acquirente, l’Autorità portuale di Ancona.
E, sempre per una questione di terreni, sono finiti nei guai il sindaco-sceriffo di Salerno, Enzo De Luca, e i 10 assessori della sua giunta (in carica fino al 2010): sono tutti indagati per abuso d’ufficio. ’O sindaco avrebbe cambiato, in corsa, la destinazione d’uso dell’area per il termovalorizzatore di Cupa Siglia trasformandola da industriale a commerciale. Strano ripensamento, visto che quand’era commissario straordinario De Luca era entusiasta all’idea dell’impianto e, per una nomina legata all’impianto, s’era addirittura beccato un rinvio a giudizio per peculato.
Ci sono poi le inquietanti rivelazioni di Antonio Cossidente, l’ultimo padrino dei basilischi, strana (e pericolosa) accozzaglia di killer di camorra e ’ndranghetisti. Il boss pentito ha raccontato dei suoi rapporti con il centrosinistra in Basilicata. Non terze file, ma politici di primo piano, come il vicepresidente della giunta regionale, Agatino Mancusi. Di cui, l’ex boss ha detto: «Parlai con lui della mia situazione perché conosceva un po’ le mie vicende giudiziarie e disse che poteva interferire tramite questo suo amico dei servizi segreti». E come il consigliere regionale Luigi Scaglione, l’ex assessore al Bilancio di Potenza Rocco Lepore e l’ex consigliere comunale Idv Roberto Galante.
Al Nord, invece, gli ispettori della Regione Veneto stanno indagando sugli appalti nella sanità vinti, nove volte su dieci, dalle cooperative rosse. A dar fuoco alle polveri con un ricorso d’urgenza al Tar è stata la ditta «Esperia Spa» (confluita nella «Kuadra srl», con sede a Napoli) che ha perso un appalto da 70 milioni di euro per le Usl di Vicenza, vinto – guarda caso – dal tandem rosso formato da «Manutencoop» e «Coopservice». Gli avvocati della ditta napoletana ci sono andati giù pesante: parlano di anomalie che «suffragano una lettura di affidamento della gara, per così dire, già confezionato ex ante e ad arte» e che destano «preoccupazione per il sistema di affidamento degli appalti (in Veneto)», visto che, «un po’ troppo spesso ad essere indebitamente premiate sono le cooperative sociali».
In un’altra regione rossa, l’Emilia Romagna, è sott’inchiesta il segretario regionale del Pd e dalemiano di ferro Roberto Bonaccini per la concessione di un chiosco nel parco «Enzo Ferrari» ai tempi dell’assessorato al Patrimonio del Comune di Modena.

E, dulcis in umbro, c’è l’indagine su Orfeo Goracci, lo «zar» di Gubbio e vicepresidente del consiglio regionale che resta in carcere. Il Riesame ha risposto picche alla difesa. Troppo alto il pericolo di inquinamento delle prove per l’ex sindaco di Gubbio, accusato di associazione per delinquere finalizzata all’abuso d’ufficio e di violenza sessuale.

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