Beppe conta le gru

Ma perché sbattersi? Perché consumare scarpe e cervello alla ricerca di un embrione di notizia o di angolature sorprendenti? Basta una ricerca in internet ed eccoti per esempio i dati sulla pena di morte in Cina, e le torture, la progenie sterminata, i cattolici ammazzati, i dissidenti imbottiti di psicofarmaci, tutta robaccia che potrebbe disturbare un cosiddetto reportage di un giornalista alla Beppe Severgnini: please, non disturbate le sue graziose storielle con la verità. Sul Corriere di ieri un suo articolo iniziava così: «Conto le gru dalla finestra della mia stanza d’albergo». Dopo tredici anni, il vostro inviato in Cina scopriva che qualcosa non è cambiato: «I tassisti portano sempre i guanti bianchi». Non più biciclette: «Se installassero un rilevatore di polveri sottili, dovrebbero trovarne uno che non va per il sottile». Ah ah, sei proprio forte.

Il novello Biagi t’infila citazioni di Moravia e Manganelli, scopre che ci sono in giro ritratti di Mao (incredibile) e passa poi al quartiere degli artisti, in serata a un party dell’ambasciata italiana, a cena in un ristorante spagnolo, t’infila infine l’indirizzo internet del commerciante Peppe Peluso (un cinese) e altre formidabili, indubbie, impunite, sensazionali scemenze. Sino alla chiusa melanconica: «È la mia ultima serata in Cina... Mi viene in mente una vecchia canzone di Cat Stevens». Cantala, Beppe: cantala mentre conti le gru.

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