Roma - Il saluto è subito rivolto ai ragazzi dei Circoli di Marcello Dell'Utri e dell'organizzazione giovanile di Forza Italia che assiepano il Palazzetto di Ostia: quella che il presidente azzurro definisce la «Berlusconi generation», accendendo un’immediata ovazione da parte della platea. «Sono felice di stare qui, tra quattromila miei coetanei. Voi siete il futuro e io spero che il prossimo leader del centrodestra esca da qui». Rotto il ghiaccio con la prima battuta, Silvio Berlusconi riceve da Beatrice Lorenzin, Francesco Pasquali e Luca Angelantoni il «contratto con i giovani», quello che, nelle sue intenzioni, sarà «il primo pilastro del nuovo contratto che sottoporremo agli italiani quando finalmente torneremo al voto», il passaggio verso una rivoluzione liberale che parta dal basso.
Esaurita la sua «missione», il presidente di Forza Italia viene contagiato dall'entusiasmo che lo circonda. E, dopo aver ingoiato qualche boccone amaro dagli alleati in questi giorni segnati dalla crisi di governo, decide di passare al contrattacco e lanciare un avvertimento e un monito a chi lavora per mandare in pensione il bipolarismo e riesumare formule antiche. «Di recente sono riemersi i nostalgici del cosiddetto centrismo - fa notare Berlusconi - centrismo che in Italia si è sempre fondato sulla delegittimazione della destra e il compromesso con la sinistra. Mentre il bipolarismo che abbiamo introdotto noi ha cambiato lo scenario della politica italiana. Gli elettori ci chiedono un sistema elettorale che consenta ai partiti di stare insieme nelle coalizioni: questo vuole il popolo del 2 dicembre. Sarebbe una colpa storica disperdere quel popolo».
Assestato il primo affondo, il leader azzurro non rinfodera le armi dialettiche ma torna subito all'attacco. Lo fa attraverso un rapido sguardo retrospettivo sugli anni di governo. L'attenzione è puntata soprattutto sulle pastoie che hanno impedito di portare avanti un'azione riformatrice ancora più decisa. «Una delle difficoltà più grandi di questi ultimi 13 anni è stata quella di doverci confrontare con i vecchi arnesi della politica politicante. Per tenere insieme i cosiddetti alleati della nostra coalizione ho dovuto impiegare dosi industriali di pazienza. Un'impresa non facile nonostante io facessi l'industriale. Oggi il 57% degli elettori è con noi. Elettori che esigono che la Casa delle libertà resti unita. Elettori che chiedono un sistema elettorale che favorisca lo stare insieme dei partiti nelle rispettive coalizioni e di quel popolo che si è riconosciuto il 2 dicembre scorso. Sarebbe una colpa storica disperdere questo popolo, una responsabilità sulla quale invito tutti a riflettere perché qui si gioca il futuro dell'Italia».
Berlusconi, insomma, non si arrende. E ribadisce l'impegno a creare una federazione del centrodestra, fermo restando il sogno ambizioso del partito unitario. «Essendo la Cdl una coalizione, il veto di uno solo dei componenti del governo permetteva di fermare tutto. Per questo dobbiamo cambiare. Se riusciremo a passare dalla coalizione alla federazione del centrodestra, cosa a cui sto ancora lavorando e su cui ho il benestare di alcuni alleati, la minoranza si dovrà impegnare ad adeguarsi alla volontà della maggioranza. Il passo successivo sarà quello di creare un grande, grande partito della libertà».
Le stoccate del presidente di Forza Italia, naturalmente, si abbattono anche sul governo dell'Unione, un esecutivo «ogni provvedimento del quale è segnato dai diktat della sinistra estrema che, coerente con le sue radici, non può che produrre politica partendo dall'idea che i cittadini sono al servizio dello Stato. Il cemento della sinistra è l'ostilità e l'odio contro di noi, contro Berlusconi, tanto da aver creato una parola ad hoc: l'antiberlusconismo». La rabbia dell'ex premier è rivolta soprattutto verso la furia distruttiva del centrosinistra che ha archiviato il sogno del Ponte di Messina. «È l'invidia che li spinge a non permettere di consegnare a voi opere epocali realizzate dal nostro governo. Noi ci eravamo impegnati a fare il Ponte sullo Stretto. Abbiamo fatto trentadue riunioni per mettere d'accordo due città e due province. Cinque anni di lavoro cancellati in cinque minuti dal nuovo governo».
L'ultimo passaggio è indirizzato ai giovani. Nella sua mente c'è sempre quella rivoluzione liberale che deve ripartire dalle nuove generazioni, ferma restando «una preghiera: quella di non diventare mestieranti della politica». L'altra raccomandazione è quella di costituire un esercito di controllori e difensori del voto. Il motivo? «Ho l'intima convinzione che siamo stati scippati di un numero di voti enorme. Non è il momento di aggiungere recriminazioni. La sinistra disprezza la nostra richiesta di riconteggio.
Ma se sono convinti di avere vinto perché non ci lasciano ricontare le schede? Ricordo quando verso la fine dello spoglio il ministro Pisanu venne da me. Mi disse che eravamo avanti di 100mila voti alla Camera. In quel momento si fermò lo spoglio in Campania e in Calabria e il risultato venne ribaltato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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