Bernanke: "Crescita americana a rischio"

Continua la corsa dell’euro sul dollaro (ieri a quota 1,3816). I mercati scommettono sul rialzo dei tassi europei e sul taglio della Federal reserve. Il numero uno della Bce Trichet: "Monitoriamo la situazione, ma siamo ottimisti: la fase di sviluppo continuerà". Rato (Fmi): "La crisi dei mutui avrà impatti minori sulle economie di Ue e Giappone"

Bernanke: "Crescita americana a rischio"
Milano - Per l’America e l’Europa sembrano profilarsi due conseguenze diverse di fronte alla crisi innescata questa estate dall’esplosione dei mutui subprime.

La mutazione del virus dell’instabilità, da elemento puramente finanziario che produce sconquasso nelle Borse ad agente patogeno in grado di minare l’economia reale, è il vero timore che serpeggia negli Stati Uniti. Così non è in Europa, almeno per ora o perlomeno non con l’intensità americana. E questo non può non influenzare gli equilibri monetari.

Per gli Stati Uniti, i brutti dati sul mercato del lavoro diffusi venerdì appaiono il prologo a quanto potrebbe accadere nei prossimi mesi. Ieri, nel periodico incontro fra governatori delle banche centrali del G10 alla Banca dei regolamenti internazionali di Basilea, il presidente della Federal reserve, Ben Bernanke, ha esplicitato il rischio di ricadute reali sulla crescita statunitense. E un messaggio ancora più netto è stato formulato da Janet Yellen, presidente della Federal reserve di San Francisco, che ha evidenziato come l’economia statunitense stia subendo «forti pressioni al ribasso» a causa «dell’indebolimento del settore immobiliare e delle difficili condizioni sui mercati finanziari», anche se emergono segnali di miglioramento sul fronte dell’inflazione. Yellen ha anche messo in guardia dal considerare risolutivi gli interventi della Federal reserve, che «sono di aiuto, ma non sono la panacea».

Il direttore generale uscente del Fondo Monetario Internazionale, Rodrigo de Rato, ha ribadito ieri a Lisbona quanto già preannunciato venerdì al workshop Ambrosetti di Cernobbio: il Fmi taglierà le previsioni di crescita economica globale. «Le maggiori conseguenze dovrebbero riguardare gli Stati Uniti», ha però precisato Rato. L’espansione subirà ripercussioni negative anche nell’area dell’euro e in Giappone, ma in misura più contenuta.

È vero che i rischi sulla crescita per il 2008 in Europa sono «effettivamente aumentati» dopo la crisi dei subprime, secondo quanto detto anche dal commissario per gli Affari economici Joaquin Almunia a margine del Comitato economico e sociale di Bruxelles. Ma, ieri, in una giornata comunque segnata dai ribassi di Ftse 100 di Londra (-0,9%), Cac 40 di Parigi (-0,78%), Dax di Francoforte (-0,8%) e S&P Mib (-0,2%), hanno assunto un significato particolare le frasi di Jean Claude Trichet, governatore della Banca Centrale Europea, che non è parso troppo preoccupato dal rallentamento americano.

«Osserviamo che c’è da monitorare attentamente quanto accade negli Usa - ha spiegato a Basilea - anche se tutto ciò va inquadrato in uno scenario in cui molte economie dei Paesi industrializzati e dei Paesi emergenti hanno buoni fondamentali. Ci sono quindi buone ragioni perché queste economie continuino a crescere al loro potenziale». E, a quanti gli domandavano se ormai fosse finita la fase di sviluppo elevato degli ultimi cinque anni, Trichet ha risposto: «Non direi. C’è ancora un livello di crescita incoraggiante».

Quindi, dal punto di vista del numero uno della Bce, la crisi è eminentemente finanziaria: «Stiamo osservando una correzione sui mercati, che si manifesta nella volatilità, nei premi di rischio e nell’allargamento degli spread. Quando vi sono correzioni, ci possono essere reazioni scomposte».

La diversa attesa sugli effetti cagionati dalla crisi finanziaria sull’economia reale sta comportando anche differenti aspettative sulle scelte di politica monetaria che saranno prese a Washington e a Francoforte. Tanto da spingere ieri le quotazioni dell’euro ai massimi sul dollaro: 1,3816. Un apprezzamento che sconta la duplice scommessa su un taglio dei tassi d’interesse da parte della Federal reserve e, allo stesso tempo, sul loro rialzo da parte della Bce.
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