Insomma, molto più che l’intervento imbalsamato di un leader istituzionale, un vero e proprio assalto egemonico alla base ds delusa dalla svolta del Pd. E si infervora, anche, in questo discorso persuasivo: «Non provate a convincermi del contrario, una sinistra ci dovrà essere, e io intendo la sinistra come espressione del movimento operaio, del lavoro». E qui calca ancora di più il suo pensiero: «E per piacere non ditemi che il lavoro cambia, lo so anch’io, ma da qui la sinistra dovrà sempre ripartire. Dal movimento operaio, da un terreno sociale e di classe».
E poi aggiunge Bertinotti che se una parte della sinistra vuole abbandonare quelle ragioni di classe e fare una scelta moderata, «e magari prendere anche più voti», lui a questo percorso non vuole sottostare: «A questa sinistra americanizzata, io non mi rassegno, no!». E parte un grande applauso.
Ma il momento rivelatore, quello in cui si capisce che Bertinotti sta giocando da leader, e non da sacerdote del Palazzo, è quello in cui Padellaro gli infila una domanda birichina: «Sono d’accordo su molte cose che dici sulla sinistra e sul lavoro, ma ti devo fare una domanda: tu queste cose a Prodi le hai chieste?». Il pubblico ride sonoramente. Che il direttore dell’Unità abbia messo in difficoltà Bertinotti? Macché, il presidente della Camera parte in contropiede, allarga le braccia: «Ma io non posso farlo... ». Dalla platea si alzano delle voci «no...no...!», «Devi», «Fausto pensaci tu», di nuovo Bertinotti tiene sulla corda il suo uditorio: «... lo possono fare i segretari dei partiti, non io che ho un ruolo istituzionale...». Un altro grida isolato: «Difendici!», e subito dopo un mormorio di consenso. Allora il presidente della Camera chiude il suo gioco dialettico: «O meglio: non potrei farlo, ma se voi insistete... A vostro nome potrò farlo». A questo punto sotto il tendone della sala 14 ottobre esplode un vero e proprio boato, un’ovazione come se i militanti dicessero: è questo il leader che cercavamo.
E allora si capisce che Bertinotti punta a creare un nuovo consenso sul cartello della sinistra che sta nascendo intorno alla sua Rifondazione. Chiede Padellaro: «Ma a lei, sinistra radicale è un parola che va bene?». E lui: «Ah sì, perché non indica estremismo ma l’andare alla radice, un’attitudine a soluzioni fortemente rinnovatrici».
E ancora, tirandosi dietro un altro applauso: «A me va bene anche sinistra alternativa, oppure - se non risultasse offensivo per altri - sinistra e basta!». E qui arriva l’invocazione di un leader che da queste parti è ancora molto amato, «assai, assai, assai più importante di me come Enrico Berlinguer». La platea incalza, e Bertinotti cala l’ultima carta: «E non era banale quella definizione a cui normalmente si irride perché quando vai al governo devi combattere contro forze potenti che lavorano per condizionare la realtà. Non è giusto stare al governo se la tua politica non è diversa». Ancora un boato, ancora un grande applauso, chi l’avrebbe detto, è davvero un bel discorso. Il più bel discorso di Bertinotti da quando punta a fare il leader dei Ds.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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